Alessio Brandolini, Città in miniatura, recensita da Giancarlo Baroni

Carlos and son lighbox

Alessio Brandolini, Città in miniatura, Edizioni Fili d’Aquilone, 2021, p. 113

 

 Difficile, per un autore, fare una scelta antologica dei propri testi: quale percorso privilegiare, fra i tanti possibili; quale ritratto offrire di sé ai lettori? Il poeta, traduttore ed editore Alessio Brandolini sceglie per la sua recente raccolta, in cui immaginazione e riflessione procedono di pari passo, intitolata Città in miniatura (Edizioni Fili d’Aquilone, 2021), il percorso forse più lineare, quello cronologico anziché tematico o stilistico. Il libro contiene infatti versi pubblicati in sette precedenti raccolte durante il periodo 2004 – 2017 più dieci poesie inedite. Nonostante inevitabili modifiche e mutamenti nel corso degli anni, gli ottanta testi antologizzati sembrano possedere una sostanziale omogeneità e continuità.

L’atteggiamento prevalente sembra quello di porsi, come fa notare Daniel Samoilovich nell’ampia prefazione, “di fronte ai mali del nostro tempo e ai mali di tutte le epoche”.  Brandolini lo fa in maniera non manichea, ma lucida, consapevole, per niente ingenua: “Osservi ancora con la bocca semichiusa / al di là dell’orizzonte che separa la morte dalla vita. Ora / non ti va di pensare, al bene e al male che assieme verranno”.

Nel mondo sembrano prevalere rovi, macerie, rovine, detriti, tristezza, solitudine (“chiamo e nessuno risponde”), litigi, pianti, tradimenti, tempeste, insulti, maledizioni, veleni, “il sibilo devastante del rimorso”, addii, ferite, sfregi, crepe, paure, timori, rabbia crescente, urla,  tormenti, rancori, fiele (“Inutile incontrarci / ridere, stare assieme / se dalla bocca / sputiamo solo fiele”), odio, disperazione, pianto, naufragi (“quanti corpi fluttuanti / in attesa di sparire nel fondo”), ordigni esplosivi, campi minati, morti ammazzati, conflitti, guerre, bombardamenti (“corpi stesi, martoriati / dalle rovine dei palazzi abbattuti dalle bombe”), dolore, orrori, disperazione, atrocità, ferocia, incubi, tragedie, tenebre, “il vizio antico di farci a vicenda del male”.

Si oppongono a questa congerie di vizi, non come un universo incontaminato e intatto ma come uno sbarramento solido e tenace, sorrisi, allegria, sogni (“Affrettati ad attuare i sogni altrimenti / sarà troppo tardi per destarsi, il sonno / calerà dal cielo come una mannaia o / una rete da pesca”), desiderio di libertà, “il miraggio della bellezza”, affetti, carezze, abbracci, “un brandello di beatitudine”, amore, vitalità, “gioire tra le tue braccia”.

La natura è la prima alleata: insetti che “hanno ali luminose dai riflessi cristallini”, “foglie gialle che resistono affusolate al ramo”, il “legno nodoso degli ulivi”… Vengono in soccorso inoltre la speranza che “tiene per mano / gli uomini e non li fa /sprofondare nell’oceano”, la pazienza, il “recidere i tentacoli dell’ipocrisia”, la liberazione dall’inutile (“avrò poco e quel poco mi basterà”), il mantenere ben saldo un rapporto con l’infanzia a cui il gioco delle città in miniatura appartiene: “Farsi più piccoli / per dormire nei nidi degli uccelli / più agili per arrampicarsi sugli alberi / più leggeri per stendersi sui rami / per poi potarli e raccoglierne i frutti”. Aiuta infine la passione per la poesia che, scrive l’autore nella sua breve nota, “fiuta il disagio, scava tra templi in rovina, accende sensi e sentimenti, li setaccia, mette il dito nella piaga, il naso nei ricordi, accarezza il pelo del lupo”.

 

 

Giancarlo baroni46d2adcf-61cb-4471-8ebe-bcf017fef75c

Giancarlo Baroni è nato a Parma, dove abita, nel 1953. Ha pubblicato due romanzi brevi, qualche racconto, un testo di riflessioni letterarie (“Una incerta beatitudine”) e sei libri di poesia. Le ultime quattro raccolte di versi: “Cambiamenti” (Mobydick, 2001); “I merli del Giardino di san Paolo e altri uccelli” (Mobydick, 2009; nuova edizione illustrata e ampliata, Grafiche STEP, 2016); “Le anime di Marco Polo” (Book, 2015); “I nomi delle cose”, (puntoacapo editrice, 2020).

Ha coordinato, assieme a Luca Ariano, l’antologia “Testimonianze di voci poetiche. 22 poeti a Parma” (puntoacapo, 2018). Nel 2009, 2010 e 2011 ha letto a “Fahrenheit” (Rai Radio 3) diverse sue liriche, alcune in occasione del Festival della Filosofia di Modena. Per quasi vent’anni ha collaborato alla pagina culturale della “Gazzetta di Parma”. Per la rivista on line “Pioggia Obliqua. Scritture d’arte” cura una pagina intitolata “Viaggiando in Italia”; collabora a “Margutte. Non-rivista on line di letteratura e altro”. Poeta per passione e fotografo per diletto, ha pubblicato tre piccoli libri fotografici: “Sguardi dell’arte”, “Bologna” e “Due volti di Parma”; tutti e tre fuori commercio.

 

(Foto di Rita Quarantelli)

 

Immagine di copertina: Michelle Angela Ortiz, “Arrival and Belonging”, 2021, Installazione Multimediale, Philadelphia Museum of Art, Carlos and Son lightbox.

 

 

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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