Un passero di campo è alla mia finestra,
e picchietta sul suo riflesso,
antica divinità
stanca che
cerca di comunicare
arriva a me
mentre mi accingo a cantare
il nembo della flora
sotto un cielo in parte screziato
mentre osservo la fine
cantando “e quindi?”
cantando ora dal vivo,
pensando ”perché no?”
sto ascoltando e
ricevendo ora
e questo mi nutre,
ho sempre fame
quando la bellezza
è troppa da portare
dentro il mio inverno
quando la mia biblioteca è colma di perdita
colma di meraviglia
mentre si infrange la polis
avvolgendomi tutto
nell’ombra che getta,
ci penso
quando cadono le ombre
increspandosi, quando
il mezzo con cui lavoro
è immortale e
vivo dentro
un grandioso esempio
di testardaggine
uno sguardo e mi scoppia la testa,
mentre i boccioli del giorno
dalla punta inargentata ondeggiano uniti,
salutando il cielo aziendale
quando dicevo il lavoro
e intendevo il lirismo
quando pensavo di aver chiuso
con la poesia come veicolo
per capire la violenza
pensavo di aver chiuso con il
mondo di merda
dai toni altisonanti
chiuso con la voce e la
suo pappetta costituente
rimproverare il retaggio
del mondo fenomenale
quando ti piove dentro il libro,
perso al mondo
in un’abbondanza di mondo
come ascoltare un violino
quando la figura non è nativa
ma lo è l’emozione
quando tutto è neve
e ciò che ci aspetta
è il volteggiare del medaglione ipnotico
Pensavo di aver chiuso
con la meraviglia
dell’effimero gioco di ombre,
il grande disegno e tutto questo
Pensavo di aver chiuso
con il tempo, la sua teatralità,
il suo fascino e la sua nuvola sbuffante
di stupidaggini, ti vedo,
divento te
nel mio solitario cosare,
qui in una luce parziale
quando ho detto voce,
intendevo la sua intera empia venatura
sembrava il paradiso
il sorgere e tramontare del significato,
un attimo cacciatore in alto
poi un orso al polo
e il suono dei nomi
la sfilata dei nomi
Traduzione di Pina Piccolo dall’originale inglese. Per gentile concessione di Peter Gizzi, poesia tratta dalla raccolta NOW IT’S DARK, Copyright © 2020 Peter Gizzi. Pubblicata da Wesleyan University Press.
Peter Gizzi è cresciuto a Pittsfield, nel Massachusetts. Formatosi alla New York University, alla Brown University e alla State University di New York a Buffalo, è autore di numerose raccolte di poesie, tra cui Archeophonics (2016), finalista per il National Book Award; In difesa del nulla: poesie selezionate, 1987–2011 (2014); Canzoni di soglia (2011); L’extranazionale (2007); e Cuore artificiale (1998). Influenzato da Ezra Pound, dai Beat Poets e da John Ashbery, Gizzi usa gesti sia narrativi che lirici per coinvolgere e mettere in discussione la distanza e la luce nella sua ricerca del non mappato.
Gizzi è stato redatore di poesia per The Nation nonché coeditore fondatore, con Connell McGrath, di o•blék: a journal of language arts . Dal 2003 è redattore collaboratore della rivista Conjunctions. Ha anche co-curato, con Kevin Killian , My Vocabulary Did This to Me: The Collected Poetry of Jack Spicer (2008) e curato The House That Jack Built: The Collected Lectures of Jack Spicer (1998) e The Exact Change Yearbook 1995 (1994) ). Tra i numerosi premi di cui Gizzi è stato insignito, il Peter IB Lavan Younger Poet Award dell’Academy of American Poets, nonché borse di studio della Howard Foundation, della Rex Foundation, della Foundation for Contemporary Arts e della Guggenheim Foundation. È stato Judith E. Wilson Visiting Fellow in Poetry all’Università di Cambridge e ha insegnato alla Brown University, all’Università della California a Santa Cruz, all’Iowa Writers’ Workshop, al Jack Kerouac School of Disembodied Poetics Summer Program a Naropa. Attualmente insegna all’Università del Massachusetts, Amherst.
Immagine di copertina: Opera grafica di Mubeen Kishany.