Un paziente febbricitante di Sergio Sichenze

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Dalla fotogallery: Stratofilm – Renzo Nucara

Sono circa 60 le guerre in corso nel mondo (fine novembre 2022), dove circa è l’unico avverbio che possiamo utilizzare: preposto a numeri per indicare una quantità approssimativa. Una drammatica incertezza che identifica come nel piccolo globo iperconnesso, con una media di 500 milioni di tweet pubblicati ogni giorno quale prodotto d’informazioni masticate e predigerite in super pillole compresse, sfugge la cognizione del più antico e remunerativo sistema di affermazione del potere.

La guerra vicina, quella russo-ucraina, è tale perché lambisce i confini dell’Unione Europea, come lo fu quella dell’ex Jugoslavia. Anche per quei tragici eventi, come lo è per l’attuale dispiegarsi tragico di violenza e volontà di sopraffazione, fu usata l’arma della pulizia etnica per prevalere e per eliminare definitivamente l’avversario, e i dati sull’entità dello sterminio sono ancora provvisori: la continua scoperta di fosse comuni ne rende aleatoria la valutazione. Circa, per l’appunto!

I venti di guerra, quelli che creano reale e concreta apprensione ai mercati, spirano in modo violento investendo la questione energetica che, fin dalla prima ora dell’invasione russa il 24 febbraio 2022, costituisce il cruciale elemento di crisi dell’economia liberista mondiale. Il piccolo globo super connesso necessita d’immense quantità di energia per produrre e muovere merci e beni, che sovente vanno a soddisfare bisogni indotti, orpelli mercantili, come nel caso della più commerciale di tutte le ricorrenze: il Natale. Oltre il 60% delle decorazioni natalizie del mondo sono realizzate non di certo dalla Lapponia o da qualche altra magica terra di Babbo Natale, ma nel villaggio di Yiwu, in Cina, dove non ci sono né elfi né neve, ma 600 fabbriche dove il costo del lavoro è bassissimo e gli operai lavorano sei giorni alla settimana con turni quotidiani di 12 ore, per un guadagno che non supera i 200 o 300 euro al mese. La commerciale XMAS è una delle tante occasioni per divorare energia, per accendere nei cuori la pace e la speranza di un mondo migliore, mentre le armi continuano il loro necroforo lavoro.

Italy for Climate[1], iniziativa della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, illustra in modo chiaro come «l’Italia è fra i Paesi europei con la più alta dipendenza energetica dall’estero: nel 2021 ben il 77% del fabbisogno nazionale è stato coperto dalle importazioni, mentre solo il 23% è stato soddisfatto dalla produzione nazionale (soprattutto grazie alle fonti rinnovabili). Le importazioni riguardano essenzialmente i combustibili fossili, ovvero petrolio, gas e carbone».

Nel report “Da dove viene la nostra energia?”, Italy for Climate, delinea un quadro a tinte fosche.

«La Russia è il Paese da cui più di tutti dipendiamo energeticamente: il 25% di tutto il fabbisogno nazionale di energia fossile proviene proprio da questo Paese, e non solo per il gas. Infatti la Russia è anche l’unico Paese da cui dipendiamo significativamente per tutte e tre i combustibili fossili: provengono da questo Paese quasi il 40% delle importazioni di gas, il 12% di quelle di petrolio e ben il 52% di quelle di carbone. A seguire c’è l’Algeria, che soddisfa il 15% del nostro fabbisogno di fossili (da cui acquistiamo soprattutto gas ma anche un po’ di petrolio). C’è anche il meno noto Azerbaijan fra i principali fornitori dell’Italia: da questa Repubblica ex sovietica della regione transcaucasica importiamo il 13% della nostra energia fossile (soprattutto petrolio ma anche gas). La Libia invece pesa per il 9% sul nostro import di energia, soprattutto per l’acquisto di petrolio. Completano la top ten dei nostri fornitori di combustibili fossili Iraq, Qatar, Arabia Saudita, Stati Uniti e Nigeria».

L’analisi della bilancia energetica presenta ulteriori e inquietanti aspetti sotto il profilo geopolitico.

«In molti sostengono che per ridurre i rischi connessi alla elevata dipendenza dell’Italia dal gas russo si debba puntare alla diversificazione del nostro acquisto di fonti fossili aumentando le forniture da altri Paesi, in particolare da Qatar e Azerbaijan. Ma cosa hanno in comune tutti i Paesi sopracitati, oltre ad una enorme abbondanza di fonti fossili? Sono tutti regimi autoritari, classificati dal The Economist fra gli ultimi 50 Paesi per livello di democrazia, con l’eccezione della Nigeria (che viene classificata come un “regime ibrido”) e, naturalmente, degli Stati Uniti. Davvero pensiamo che liberarci della Russia aumentando le forniture dagli altri Paesi potrebbe metterci più al sicuro da nuovi dispotismi e terremoti geopolitici?».

Qui entra in gioco un coup de théâtre, che tale non è poiché sono decenni che si individuano nella roadmap per l’affrancamento dalla servitù energetica (oggi definita Roadmap per la neutralità climatica dell’Italia) articolate forme di risparmio (soprattutto basate su stili di vita e comportamenti sociali) e l’efficientamento energetico degli edifici e un ulteriore, nonché decisivo, incremento delle rinnovabili.

Italy for Climate, indica che se realizzassimo robusti interventi in tale direzione «arriveremmo già nel 2030 ad un risultato storico per il nostro Paese: più della metà del nostro fabbisogno (il 54%) sarebbe coperto con fonti energetiche nazionali (ricordiamo che oggi siamo fermi al 23% e che negli ultimi trent’anni il dato è migliorato solo di pochi punti percentuali). Transizione energetica che si traduce in maggiore efficienza nell’uso dell’energia e in una forte crescita delle fonti rinnovabili. Entrambe queste soluzioni non solo ci permettono di affrontare la crisi climatica (che è l’obiettivo per il quale sono state concepite), ma sono anche le uniche efficaci e durature per affrontare i molti rischi legati alla dipendenza energetica, rischi che sono oggi sotto gli occhi di tutti. Se sceglieremo di mantenere una economia fossile, con solo qualche sparuto intervento legato alla transizione ecologica, mai risolveremo la nostra debolezza energetica. Ma allora perché perdere tempo?».

La domanda è di quelle cruciali che richiederebbe in primis una transizione culturale, un mutamento epocale dell’immenso sistema globale politico e di mercato, una trasformazione delle ingannevoli mercicrazie: governi che hanno sostituito l’agire in forza delle leggi democratiche nell’agire sottoposto alle leggi del mercato.

Pronti ad affrontare un inverno che potrebbe mostrare il suo volto più feroce, in quanto i cambiamenti climatici in atto hanno impatti significativi esasperando i fenomeni estremi, diamo conto di alcune delle ultime notizie in campo energetico, di cui qualcuna buona.

La XVI edizione del Rapporto di Legambiente Comunità Rinnovabili[2], pubblicato il 21 aprile 2022 con ancora in sella il Governo Draghi, esordisce nella premessa con: «È sempre e solo una questione di scelte! Eppure, di fronte al conflitto in Ucraina, al caro bollette e all’emergenza climatica che continua a fare danni e a creare grossi disagi a settori produttivi e territori, il Governo Draghi sceglie il gas fossile e climalterante. E lo va a cercare in Algeria, Congo, Angola, Qatar, Azerbaijan, Egitto e America, puntando su gasdotti e nuovi rigassificatori, invece di consentire alle aziende del settore delle fonti rinnovabili di investire 80 miliardi di euro e realizzare in 3 anni 60 GW di nuova potenza, in grado di sostituire il 70% del gas russo, come richiesto da Elettricità Futura[3]. Non solo, ma mentre per le fonti rinnovabili le semplificazioni necessarie per accelerare le

installazioni stentano ad arrivare, si spalancano invece velocemente le porte, bypassando ogni norma, alle fonti fossili».

Uno dei primi atti del nuovo Governo Meloni è in assoluta continuità col precedente esecutivo.

In Gazzetta ufficiale, Serie Generale n.269 del 18.11.2022, viene pubblicato il DL 18 novembre 2022 n. 176, recante “Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica”, il c.d. “Decreto Aiuti quater”; l’art. 4 recita: «Al fine di incrementare la produzione nazionale di gas naturale per l’adesione alle procedure di cui al comma 1, in deroga a quanto previsto dall’articolo 6, comma 17, del D.L.vo 152/2006 (ovvero il c.d. Testo Unico Ambientale N.d.A.), è consentito il rilascio di nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi in zone di mare poste fra le 9 e le 12 miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette, limitatamente ai siti aventi un potenziale minerario di gas per un quantitativo di riserva certa superiore a una soglia di 500 milioni di metri cubi».

In sostanza il testo prevede il rilascio di autorizzazioni tra le 9 e le 12 miglia, in deroga all’articolo 6, comma 17, del già citato D.L.vo 152 del 2006, che, invece, preclude nuove attività nelle aree marine protette e nelle 12 miglia da queste aree e dalla costa. La deroga è prevista solo per i siti caratterizzati da “elevato potenziale minerario” (definizione quanto mai generica e foriera di soggettive interpretazioni), “per evitare una proliferazione”, ha dichiarato il ministro Pichetto Fratin, secondo cui “potenzialmente si stima una quantità di 15 miliardi di metri cubi sfruttabili nell’arco di 10 anni”: ovvero?

Fabio Bellettato, Presidente Italia Nostra Rovigo, chiarisce tale aspetto e si pone contro il decreto definito “salva trivelle” con tali motivazioni: «questo provvedimento produrrà un vantaggio incerto ed inesistente nel breve periodo con un incremento dell’offerta di metano di produzione nazionale di appena 15 mld di metri cubi di gas in un decennio, ossia meno del 2% rispetto al fabbisogno italiano annuo. È invece assolutamente certo che le nuove norme si pongono in netto contrasto con tutti gli impegni assunti dal nostro Paese a livello europeo ed internazionale per arrivare ad azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050. In proposito basti ricordare come la stessa Agenzia internazionale per l’energia (IEA[4]) ha avvertito che il rispetto dell’Accordo di Parigi, con il contenimento del riscaldamento del clima a +1,5°C, impone necessariamente di escludere l’avvio di nuovi giacimenti di gas (oltre che miniere di carbone e pozzi di petrolio) successivamente al 2021. Le nuove norme introdotte dal DL derogano pericolosamente alla legislazione ambientale e alla pianificazione vigente, così da consentire nuove estrazioni offshore di idrocarburi, tanto entro la fascia di rispetto delle 12 miglia marine che all’interno delle aree vincolate dal Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee – PITESAI: il fondamentale strumento di pianificazione condivisa che si era dato il Paese (con l’approvazione in Conferenza unificata[5]). Sono evidenti, i gravi pregiudizi per le aree marine sino ad oggi vincolate dell’Alto Adriatico e, in particolare, in quelle che fronteggiano il Delta del Po».

La XVI edizione del Rapporto di Legambiente Comunità Rinnovabili conferma quanto sopraccitato e presenta un quadro oscuro scarsamente illuminato.

«Da una parte un grande fermento fatto di Amministrazioni pubbliche, grandi e piccole, imprese e territori che si muovono in tante direzioni, e tra mille difficoltà, per realizzare impianti a fonti rinnovabili. Dai piccoli impianti domestici, alle comunità energetiche, ai grandi impianti industriali. Dall’altra però numeri che ancora una volta si rilevano sconfortanti rispetto alla capacità potenziale di realizzazione che abbiamo già dimostrato di saper portare avanti, ma anche e soprattutto rispetto agli obiettivi di produzione di energia da rinnovabili al 2030 che l’Unione Europea ha appena innalzato dal 40 al 45% e alle mancate opportunità di innovazione di welfare strutturale per imprese e famiglie.

Nel nostro Paese sono, infatti, presenti almeno 1,35 milioni di impianti da fonti rinnovabili, distribuiti in tutti i Comuni italiani per una potenza complessiva di 60 GW. Parliamo di almeno 7.127 Comuni in cui è presente almeno un impianto solare termico, 7.855 Comuni in cui sono distribuiti 22,1 GW di impianti solari fotovoltaici, 1.054 Comuni in cui è presente almeno un impianto eolico per complessivi 11,2 GW. Ma anche 1.523 Comuni in cui è presente almeno un impianto idroelettrico, tra grandi e mini con potenza inferiore ai 3 MW, per complessivi 23 GW, a cui si aggiungono i 4.101 delle bioenergie e 942 Comuni della geotermia (tra alta e bassa entalpia).

Numeri, sicuramente importanti, ma che appartengono nei fatti, ancora, ad un’eredità del passato. Parliamo, infatti, di appena 976 MW di potenza complessiva installata nel 2021, tra idroelettrico, eolico e fotovoltaico. Numeri totalmente insufficienti ad affrontare le sfide che abbiamo davanti. Numeri che rischiano di farci raggiungere l’obiettivo di 70 GW previsto al 2030, prendendo la media di installazione, tra solare ed eolico, degli ultimi tre anni – pari a circa 489 MW – tra 143 anni».

Cosa accade sul fronte della produzione?

«In termini di produzione, il contributo complessivo portato dalle fonti rinnovabili al sistema elettrico italiano è arrivato, nel 2021 a 115,7 TWh, facendo registrare un incremento di appena 1,6% rispetto al 2020. Cala, infatti, il contributo complessivo delle tecnologie pulite rispetto ai consumi, attestandosi a fine 2021 al 36,8%. Un dato fortemente influenzato dall’idroelettrico che riduce il suo contributo del 5,4% e dal geotermico che fa registrare, invece, una riduzione nella produzione del 2,1%. Fluttuazioni “normali” causate principalmente dall’emergenza climatica, non compensate però da sufficienti nuove installazioni».

La transizione energetica è però un fatto concreto e attuabile.

«Questo è il momento storico per attuare la rivoluzione energetica di cui tutti parlano. E ci sono tutte le condizioni. Il prezzo delle tecnologie da fonti rinnovabili è in continua riduzione, cosa che non si può certamente dire per le fonti fossili sotto scacco delle logiche geopolitiche. Le imprese del settore si sono dichiarate pronte a realizzare, a loro rischio di investimento, 60 GW di nuova potenza. Tante sono le risorse economiche che arrivano e che arriveranno su questi temi. Dobbiamo dare risposte strutturali alle famiglie e alle imprese, ma anche risposte concrete all’emergenza climatica, sociale e ai conflitti».

Si può fare!

«Abbiamo competenze e capacità. Quello che manca è una politica vera e concreta di giusta transizione energetica, capace di guardare alle cause di guerre, disuguaglianze e innalzamento della temperatura globale, e a partire da queste sia in grado di cogliere l’occasione della transizione trasformandola in un’opportunità per cambiare strutturalmente il modo di produrre e consumare energia, portando benefici ambientali, economici e sociali ai territori.

Per fare questo abbiamo bisogno di cogliere tutte le occasioni che oggi le fonti rinnovabili ci stanno offrendo. Quindi necessario lo sblocco dei 180 GW di progetti in attesa di autorizzazioni, di regole in grado di saper valorizzare i veri progetti di agrivoltaico trasformandoli in opportunità strutturali per il settore agricolo, non ponendo limiti al loro sviluppo ma regole chiare in grado di garantire la qualità dei progetti a partire dalla centralità dell’agricoltura».

Lentamente l’ombra si dirada.

«Questo è un Paese pronto ad affrontare la modifica del sistema energetico. Lo dimostra l’enorme successo delle nuove opportunità di autoproduzione e scambio di energia che stanno nascendo nel nostro Paese. Sono 100 le storie mappate complessivamente da Legambiente in queste ultime 3 edizioni del Rapporto, tra Comunità energetiche rinnovabili e Configurazioni di autoconsumo collettivo tra effettivamente operative (35), in progetto (41) o in movimento (24), ovvero quelle che stanno muovendo i loro primi passi verso la costituzione. Tutte raccontate nella mappa presente sul sito comunirinnovabili.it e che disegnano un’Italia in veloce movimento se consideriamo che ancora siamo in attesa delle nuove delibere attuative di Arera[6] e degli incentivi del GSE[7] e siamo in attesa del bando del PNRR per i Piccoli Comuni.

Di queste, 59 sono quelle nuove, censite tra giugno 2021 e maggio 2022, che vedono il coinvolgimento di centinaia di famiglie, decine di Comuni e imprese. Basti solo pensare alle 20 esperienze di Autoconsumo collettivo, nate grazie al progetto Energheia[8], e che vede il coinvolgimento di oltre 700 famiglie che grazie all’energia prodotta dagli impianti solari utilizzata per alimentare le pompe di calore aria-acqua e i servizi comuni nei condomini otterranno una riduzione del fabbisogno energetico da fonte fossile tra il 57% e l’81% per i consumi elettrici e da un minimo del 17% ad un massimo di 56% per quelli termici.

Opportunità che si devono diffondere in tutto il nostro Paese, portando innovazione e opportunità nei territori, benefici sociali con milioni di comunità energetiche, ambientali ed economici».

Quindi non ricominciamo da 3: «3.493 Comuni già oggi 100% elettrici, ovvero in grado di produrre, grazie ad una o più tecnologie più energia elettrica di quella necessaria alle famiglie residenti e che mettono in evidenza un potenziale importante in termini di autoproduzione e democratizzazione del sistema energetico».

Questa spinta verso un vasto programma che parte dai territori è in atto e non solo nelle aree del Nord dell’Italia.

«L’azione di Legambiente, attraverso la Rete delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali – come quella realizzata a Napoli Est da Legambiente Campania, Fondazione Famiglia di Maria con il sostegno di Fondazione con il Sud – per fare in modo che queste realtà arrivino e rappresentino un’opportunità a partire dai luoghi con maggiori difficoltà sociali. Perché queste rappresentano, proprio attraverso l’azione comunitaria, l’occasione per ripensare al senso di appartenenza e l’occasione di rinascita per quartieri, imprese, parchi, piccoli comuni, aree dismesse».

Vanno sostenute e incrementate forme di democrazia partecipata e non faraonici progetti calati dall’alto.

«Non è mai stato più evidente di così che le fonti rinnovabili non rappresentino più solo una questione di produzione di kilowattora ma l’occasione per affrontare in maniera strutturale temi importanti come la povertà energetica e le disuguaglianze sociali. Per questo è necessario incentivare lo sviluppo dei piccoli impianti attraverso le comunità energetiche e lo sviluppo di fonti rinnovabili a servizio dei territori e degli utenti. A partire da una campagna di solarizzazione di tutti i tetti, pubblici e privati, fino allo sviluppo massiccio di comunità energetiche, con particolare attenzione a quelle con specifiche finalità sociali».

I venti di guerra spirano con forte intensità e i fragili mercati tremano per le folate improvvise, per le intemperanze e l’arroganza di chi e di quanti minacciano di chiudere i rubinetti degli approvvigionamenti di gas e petrolio: fonti non rinnovabili con oramai noti e pericolosi impatti sui delicati equilibri ecosistemici del nostro Pianeta. Fonti che hanno un tempo definito: presto o tardi, ma nemmeno tanto in là, si esauriranno.

Un monito e una chiara denuncia sono espressi nel Report di Legambiente: «se avessimo continuato sulla strada del triennio 2010-2013, in termini di realizzazioni, oggi, grazie ad una media di 6.000 MW l’anno avremmo già sostituito il 70% delle importazioni di gas dalla Russia».

Possiamo concretamente abbandonare un modello energetico che ha causato disastri ambientali e sociali mai riscontrati nella breve storia dell’umanità, un modello che garantisce aria condizionata e 20 gradi fissi nel deserto per gli stadi del campionato del mondo di calcio 2022. Interi grattacieli sono stati realizzati solo per contenere le macchine degli impianti che refrigerano gli stadi, con una produzione stimata di 3,6 milioni di tonnellate di CO2 prodotte dall’evento, mentre nelle dichiarazioni sull’esito della Conferenza delle Parti – Cop 27 della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici a Sharm-el-Sheik (14-20 novembre 2022), la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha dichiarato “abbiamo trattato alcuni sintomi ma non abbiamo curato il paziente per la sua febbre”.

Conosciamo la cura e l’umore instabile e imprevedibile del paziente: a quando l’azione?

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1 https://italyforclimate.org/. Si veda anche https://www.repubblica.it/green-and-blue/2022/03/15/news/itali_for_climate_dipendenza_energetica_transizione_ecologica-341507718/.

2 https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/Comunita-Rinnovabili-2022_Report.pdf

3  www.elettricitafutura.it

4 www.iea.org

5 Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome e la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali che si riunisce almeno due volte mese. Partecipa ai processi decisionali che coinvolgono materie di competenza dello Stato e delle Regioni, al fine di favorire la cooperazione tra l’attività statale e il sistema delle autonomie, esaminando le materie e i compiti di comune interesse, svolgendo anche funzioni consultive (www.statoregioni.it/it/conferenza-unificata/).

6 L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) svolge attività di regolazione e controllo nei settori dell’energia elettrica, del gas naturale, dei servizi idrici, del ciclo dei rifiuti e del telecalore. Istituita con la legge n. 481 del 1995, è un’autorità amministrativa indipendente che opera per garantire la promozione della concorrenza e dell’efficienza nei servizi di pubblica utilità e tutelare gli interessi di utenti e consumatori.

7Gestore dei servizi energetici – GSE S.p.A. è una società per azioni italiana nata nel 1999, interamente partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze, alla quale è attribuito l’incarico di promozione e sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica.

8 www.progettoenergheia.it

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Sergio_Sichenze

Sergio Sichenze è nato a Napoli nel 1959. Vive e lavora a Udine. È biologo e naturalista, si occupa di processi educativi per la sostenibilità. Ha pubblicato racconti e raccolte poetiche. Sue poesie compaiono in alcune antologie di poesia. Nel 2018 ha vinto il Premio Nazionale di Poesia Terra di Virgilio. Dal 2019 è membro della giuria Premio Nazionale di Poesia Terra di Virgilio. Fa parte del comitato di redazione della rivista letteraria “Menabò” (Terra d’Ulivi Edizioni) per la quale cura la rubrica “Pi greco”.

 

Riguardo il macchinista

Bartolomeo Bellanova

Bartolomeo Bellanova pubblica il primo romanzo La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo) nel dicembre 2009 ed il secondo Ogni lacrima è degna (In.Edit) in aprile 2012. Nell’ambito della poesia ha pubblicato in diverse antologie tra cui Sotto il cielo di Lampedusa - Annegati da respingimento (Rayuela Ed. 2014) e nella successiva antologia Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela Ed. 2015). Fa parte dei fondatori e dell’attuale redazione del contenitore online di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com. Nel settembre’2015 è stata pubblicata la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus). Ė uno dei quattro curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi Edizione – ottobre 2016), antologia di testi poetici incentrati sulle migrazioni. Nell’ottobre 2017 è stata pubblicata la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi Edizione), edizione contenente un progetto fotografico di Aldo Tomaino. Co-autore dell’antologia pubblicata a luglio 2018 dall’Associazione Versante Ripido di Bologna La pacchia è strafinita. A novembre 2018 ha pubblicato il romanzo breve La storia scartata (Terre d'Ulivi Edizione). È uno dei promotori del neonato Manifesto “Cantieri del pensiero libero” gruppo creato con l'obiettivo di contrastare l'impoverimento culturale e le diverse forme di discriminazione e violenza razziale che si stanno diffondendo nel Paese.

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