5 poesie da “D’amore e di lotta: Poesie scelte di Audre Lorde” (Le Lettere 2018) con saggio di Daniela Maurizi

Amor y Dolor

NON ERA PREVISTO CHE NOI SOPRAVVIVESSIMO.   La furia necessaria di Audre Lorde

di Daniela Maurizi

La  raccolta D’Amore e di lottaè uscita emblematicamente nel 2018, cinquant’anni esatti dai giorni in cui Audre Lorde si affermava politicamente e letterariamente sulla scena americana, una ricorrenza difficile tuttavia per la cultura italiana che ha bisogno di rielaborare gli slanci utopici e le luci delle lotte per i diritti civili accanto alle ombre pasoliniane della conseguente catastrofica cancellazione dell’eredità culturale.

Un libro necessario, che ci fa tornare alla radice della protesta e delle parole della lotta, al movente profondo e mai sopito della discriminazione che ha generato questi scritti: sì, perché le parole di Lorde sono quelle necessarie, citando da Salva Nos di Hilde Domin, per dire l’accaduto.

«Conosco a memoria / occhi / che mi cancellano / come un appuntamento indesiderato»Chiunque abbia vissuto un’emarginazione, anche solo temporanea, si riconosce immediatamente in versi come questi. Essi mettono a nudo il sentimento umano di annientamento davanti alla violenza priva di scrupoli dell’esclusione, alla nientificazione, essere resi ad un nulla perché la nostra razza, il nostro orientamento sessuale o perché il nostro essere visibilmente diversi non ci permettono di conformarci.

Primo Levi aveva già dato parola nei suoi libri al sentimento di vergogna nei confronti degli esseri umani come reazione all’orrore dell’esperienza dei campi di sterminio;  in Lorde lo sgomento-stupore è il volano poetico di una rabbia necessaria perché Il tuo silenzio non ti salverà.

Liricamente e teoricamente Lorde mette al centro dei suoi scritti l’arsenale di rabbia potenziale soprattutto delle donne contro le oppressioni personali e istituzionali – energia molto diversa dall’odio distruttore. La rabbia è una potente forza che serve al progresso e al cambiamento: «Ha così tante radici l’albero della rabbia / che a volte i rami si spezzano / prima di dare i frutti».

Dire ciò che accade, soffermare lo sguardo sulla brutalità ma anche sulla dolcezza e passione irrinunciabili nelle relazioni d’amore induce la poetessa a un forte pragmatismo lirico che recide la metafora e si sofferma in insegnamenti, ma anche nelle profonde parole carnali dell’eros:  queste scelte stilistiche si concretizzano nella semplicità del parlato e chiarezza delle immagini.

«Sempre / nel mezzo / delle nostre battaglie più sanguinose / deponi le armi / come mine in fiore / e vittoriosa mi porti a casa» (da “Amore forse”). Rabbia, passione, desiderio, ribellione sono intimamente congiunti e indispensabili l’uno all’altro, l’urlo vitale è anche quello della creatura affamata, è il Nero che avvolge la scrittura di buio ma che si accompagna a parole calde come madre, uomo, unicorno, ventre.

Profonda è anche la passione e la necessità di tramandare alle donne saperi («Sii chi sei e chi diventerai / impara ad avere cura / di quel turbolento Angelo Nero che ti porta / un giorno su e un altro giù / a proteggere il luogo dove sorgono i tuoi poteri / scorrendo come sangue caldo / dalla stessa fonte / del tuo dolore») o di denunciare abusi e ingiustizie, spesso invocando la relazione istintiva fra donne:  «Oh madre scrivici una poesia / che possa dirci il suo nome / nella tua lingua / è padre o amante». Come non ricordare, di fronte alla richiesta di dare un nome all’innominabile, in questo caso l’incesto, la stessa domanda rivolta da una donna alla poetessa Achmatova, in fila entrambe per giorni davanti alle prigioni per vedere i figli, «Tu potrai dire tutto questo?» alla quale lei risponderà «Sì, io posso».

Nel vigore dei suoi versi entrano genealogie familiari («Frugo fra le morti che hai vissuto / oscillando su un ponte di domande», da “Eredità – di Lui”) e del loro passato africano  (come in “125 Avenue”) per tornare su titoli diretti e incisivi (“Non ci sono poesie oneste sulle donne morte”) che spiazzano, ma che ci riconducono alla necessità poetica del qui e ora, su questa terra.

Molto preziosa, visionaria la voce italiana di Audre Lorde, WiT (Women in translation), collettivo di donne in traduzione conviviale che ci dona parole discusse, cercate, immaginate, insieme in una spinta a un fare utopico, sulla stessa scia del tempo in cui nacquero le poesie della raccolta, ma anche nello spirito nuovo dell’oggi di ricucitura e ritessitura delle relazioni e quindi del dire.

 

Le poesie seguenti sono tratte da D’amore e di lotta. Poesie scelte a cura di WiT, Women in Translation (Le Lettere, Firenze 2018)

da The Black Unicorn (1978)

 

Litania per la sopravvivenza

Per quelle di noi che vivono sul margine
ritte sull’orlo costante della decisione
cruciali e sole
per quelle di noi che non possono lasciarsi andare
ai sogni passeggeri della scelta
che amano sulle soglie mentre vanno e vengono
nelle ore fra un’alba e l’altra
guardando dentro e fuori
e prima e poi allo stesso tempo
cercando un adesso che dia vita
a futuri
come pane nelle bocche dei nostri figli
perché i loro sogni non riflettano
la fine dei nostri;

Per quelle di noi
che sono state marchiate dalla paura
come una ruga leggera al centro delle nostre fronti
imparando ad aver paura con il latte di nostra madre
perché con questa arma
questa illusione di poter essere al sicuro
quelli dai piedi pesanti speravano di zittirci
Per tutte noi
questo istante e questo trionfo
Non era previsto che noi sopravvivessimo.

E quando il sole sorge abbiamo paura
che forse non resterà
quando il sole tramonta abbiamo paura
che forse non sorgerà domattina
quando abbiamo la pancia piena abbiamo paura
dell’indigestione
quando abbiamo la pancia vuota abbiamo paura
di non poter mai più mangiare
quando siamo amate abbiamo paura
che l’amore svanirà
quando siamo sole abbiamo paura
che l’amore non tornerà
e quando parliamo abbiamo paura
che le nostre parole non verranno udite
o ben accolte
ma quando stiamo zitte
anche allora abbiamo paura

Perciò è meglio parlare
ricordando
non era previsto che sopravvivessimo.

 

A Litany for Survival

For those of us who live at the shoreline
standing upon the constant edges of decision
crucial and alone
for those of us who cannot indulge
the passing dreams of choice
who love in doorways coming and going
in the hours between dawns
looking inward and outward
at once before and after
seeking a now that can breed
futures
like bread in our children’s mouth
so their dreams will not reflect
the death of ours;

For those of us
who were imprinted with fear
like a faint line in the center of our foreheads
learning to be afraid with our mothers’ milk
for by this weapon
this illusion of some safety to be found
the heavy-footed hoped to silence us
For all of us
this instant and this triumph
We were never meant to survive.

And when the sun rises we are afraid
it might not remain
when the sun sets we are afraid
in might not rise in the morning
when our stomachs are full we are afraid
of indigestion
when our stomachs are empty we are afraid
we may never eat again
when we are loved we are afraid
love will vanish
when we are alone we are afraid
love will never return
and when we speak we are afraid
our words will not be heard
nor welcomed
but when we are silent
we are still afraid.

So it is better to speak
remembering
we were never meant to survive.

 

Terapia

Nel tentativo di vederti
i miei occhi si fanno più
confusi
non è il tuo viso
che cercano
con le dita fra i tuoi spazi
come creatura affamata
persino adesso
non voglio
fare una poesia
voglio farti
comporti e scomporti
da me stessa.

 

Therapy

Trying to see you
my eyes grow
confused
it is not your face
they are seeking
fingering through your spaces
like a hungry child
even now
I do not want
to make a poem
I want to make you more and less
a part
from myself.

 

 

Sorella Outsider

Nascemmo in un’epoca di miseria
senza mai toccare
l’una la fame dell’altra mai
dividemmo le croste
per la paura
che il pane diventasse nemico.

Ora cresciamo i nostri figli
nel rispetto di se stessi
e degli altri.

Ora hai reso la solitudine
sacra e utile
e non più indispensabile
ora
la tua luce risplende luminosa
ma voglio che tu
conosca
la tua oscurità altrettanto
potente
ben oltre la paura.

 

Sister Outsider

We were born in a poor time
never touching
each other’s hunger
never
sharing our crusts
in fear
the bread became enemy.

Now we raise our children
to respect themselves
as well as each other.

Now you have made loneliness
holy and useful
and no longer needed
now
your light shines very brightly
but I want you
to know
your darkness also
rich
and beyond fear.

 

da Coal (1976)

Aria di famiglia

Mia sorella ha i miei capelli la mia bocca i miei occhi
e io la credo diffidente.
Quando era giovane, e aperta a ogni febbre
vestita d’oro come un velo di fortuna sul viso
aspettava in ogni pioggia un sogno di luce.
Ma il sole si alzò
bruciandoci gli occhi come cristallo
sbiancando il cielo di ogni promessa e
mia sorella rimase
Nera, senza fortuna né fede
tremante al primo freddo apparire d’amore.

Ho visto il suo oro diventare un arco
dove l’incubo andava a caccia
lungo i portici della notte insonne.
Ora attraverso echi di negazione
lei cammina sul lato sbiancato della ragione.
Segreta ora
mia sorella non aspetta più
né piange l’oro fuggito dal suo letto.

Mia sorella ha la mia lingua
e tutta la mia carne
senza risposta
e la credo diffidente
come una pietra.

 

A Family Resemblance

My sister has my hair my mouth my eyes
and I presume her trustless.
When she was young and open to any fever
wearing gold like a veil of fortune on her face
she waited through each rain a dream of light.
But the sun came up
burning our eyes like crystal
bleaching the sky of promise and
my sister stood
Black, unblessed and unbelieving
shivering in the first cold show of love.

I saw her gold become an arch
where nightmare hunted
down the porches of restless night.

Now through echoes of denial
she walks a bleached side of reason.
Secret now
my sister never waits
nor mourns the gold that wandered from her bed.

My sister has my tongue
and all my flesh
unanswered
and I presume her trustless
as a stone.

 

da From a Land Where Other People Live (1973)

Chi ha detto che era facile

Ha così tante radici l’albero della rabbia
che a volte i rami si spezzano
prima di dare i frutti.

Sedute a Nedicks
Le donne si radunano prima della marcia
discutendo dei vari problemi causati dalle ragazze
che assumono per sentirsi libere.
Un barista quasi bianco ignora
un fratello che aspetta servendo prima loro
e le donne non notano e neanche rifiutano
i piaceri più sottili della propria schiavitù.
Ma io che sono incatenata al mio specchio
tanto quanto al mio letto
vedo le cause nel colore
tanto quanto nel sesso

e siedo qui chiedendomi
quale me sopravvivrà
a tutte queste liberazioni.

 

Who Said It Was Simple

There are so many roots to the tree of anger
that sometimes the branches shatter
before they bear.

Sitting in Nedicks
the women rally before they march
discussing the problematic girls
they hire to make them free.
An almost white counterman passes
a waiting brother to serve them first
and the ladies neither notice nor reject
the slighter pleasures of their slavery.
But I who am bound by my mirror
as well as my bed
see causes in colour
as well as sex

and sit here wondering
which me will survive
all these liberations.

 

di Audre Lorde, tradotte dal collettivo WiT (Women in Translation)

Per gentile concessione del collettivo WiT.

 

Dalla quarta di copertina del libro “D’amore e di lotta- Poesie scelte”, le Lettere, 2018:  Per la prima volta in traduzione italiana, questa antologia dà spazio alle peosie di amore e di lotta di una poeta, Audre Lorde, che ha saputo intrecciare le storie del proprio vissuto personale con le voci collettive dei movimenti femminista, Lgbt e delle persone di colore. Con il suo potente linguaggio poetico, Lorde ci regala istantanee della realtà filtrate attraverso uno sguardo acuto e mai distaccato.  nei suoi versi eroompe  il racconto di una donna Nera, lesbica, madre, guerriera, poeta, il cui linguaggio è intriso di ognuna di queste parti e dell’intersezione di tutte. per questo il canto di Audre Lorde arriva a tutte e tutti noi, abbracciando la realtà da un punto di vista situato e proiettandosi oltre, fino a cambiare il nostro modo di guardare il mondo.

 

 

audre-lorde1-1

Audre Lorde (1934 – 1992) nasce a Harlem, New York, ultima figlia di immigrati provenienti da Grenada, nei Caraibi. Comincia a scrivere poesia giovanissima (la prima viene pubblicata quando frequenta ancora il liceo) e negli anni intreccia lo studio, il lavoro (infermiera, operaia, segretaria, bibliotecaria, insegnate) alla produzione poetica, saggistica e in prosa.  Nel 1990 è la prima persona nera ad essere nominata  New York State Poet.  Ha pubblicato dieci raccolte di poesia, un romanzo e numerosi saggi, Muore il 17 novembre 1992 a St. Croix, dopo una coraggiosa battaglia con il cancro.

 

 

 

Immagine in evidenza: Dipinto di Carolyn Miller Amor y Dolor.

 

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

Pagina archivio del macchinista