Poesie scelte – selected poems nasce dall’importante lavoro di selezione e di traduzione effettuato da Lorenzo Mari sui testi delle tre raccolte poetiche del poeta italo sudafricano Raphael d’Abdon (nato a Udine e vivente dal 2008 in Sudafrica) e sulle poesie più recenti non ancora pubblicate in formato cartaceo, tradotte per la prima volta in volume in Italia, dopo essere state pubblicate in Sudafrica, nonché in varie riviste internazionali.
La poesia di Raphael d’Abdon affonda le radici in quel grandissimo e differenziato contenitore di storie, aneliti e autori diversi che è stata la beat generation, anche se l’autore realizza comunque un suo particolare e specifico timbro stilistico, un suo sperimentalismo, una sua ricerca. Comune con la beat generation la scelta di alcuni temi: gli emarginati, gli invisibili scarti prodotti dal sistema capitalistico imperante, i frequentatori notturni di bar malfamati, i “fuori di testa”, ovvero tutti quelli che la società ha mandato “fuori di testa”, ma anche i minatori delle township e, in generale, i lavoratori sfruttati. Comune è la composizione di testi, con versi lunghi, prosastici in diversi casi, l’eliminazione delle maiuscole nei nomi propri e della punteggiatura, precisa volontà di sradicare la gerarchizzazione del linguaggio.
Da Sunnyside Nightwalk – Camminata notturna a Sunnyside
lavoratori delle township
(dedicato ai minatori uccisi nella miniera della eland e a tutti quelli che sono in grado di immaginare cosa stessero pensando quei minatori prima che l’ascensore iniziasse a scendere)
siamo quelli
che si svegliano con il ronzio canoro dei
passeri del mattino
con i rutti pesanti dei ratti pasciuti che si ritirano
con i clacson martellanti
dei taxi-navetta che vociano
mentre perlustrano le strade
come voraci avvoltoi
siamo quelli
che camminano per strada senza la compagnia
delle loro ombre
per arrivare a desolate stazioni ferroviarie
e penzolano come il filo di un assorbente
tra le cosce strette di
freddi vagoni rugginosi
siamo quelli
che a colazione regolarmente si sorbiscono qota,1
uova
bollite o magwenya2
masticati di fretta
nei cantoni polverosi delle strade
siamo quelli
richiamati con urla da padroni ributtanti
e devono dire ya baas3
ai razzisti della prima ora
e yebo sis4
ai fascisti della nuova leva
siamo quelli
che guadagnano
1-2-3-4
mila rand alla settimana
ma si pensa che debbano continuare a dire
dankie dear madiba
viva cosatu
ngiyabonga signor boshoff5
siamo i lavoratori delle township
sistema circolatorio di questo corpo malato
che chiamiamo casa
cuore pulsante di questo
e di molti altri
ectoplasmi
le nostre preziose ossa sono sepolte vive nelle
verità indicibili del nuovo sudafrica
ornate d’oro e di gioielli con diamanti
siamo i corridori dell’alba
delinquenti che smontano dal turno
e indaffarati cani randagi
sono i nostri compagni di viaggio
non vediamo le nostre facce
perché le nostre schiene sono piegate
sotto il peso di una vita
che non abbiamo scelto
per noi
per le nostre madri
i nostri padri
e i nostri figli
nel dondolio monotono dei treni e dei taxi
la testa ci oscilla
da una spalla all’altra
come se ci stessimo capendo qualcosa.
3 giugno 2009
1 Il qota (detto anche kota, o spathlo) è un tipico street food sudafricano, a base di carboidrati e carne. [N.d.T.]
2 Anche i magwenya sono un tipico cibo sudafricano (conosciuto anche come vetkoek, in afrikaans) a forma di palline fritte. [N.d.T.]
3 “Sissignore”, in afrikaans. [N.d.T.]
4 “Sì, sorella”. “Sis” (diminutivo di “sister”) è un nomignolo comunemente usato tra le donne nere. [N.d.T.]
5 Ossia: “Grazie caro Madiba / viva cosatu / grazie signor Boshoff”, dove Madiba è un famoso soprannome di Nelson Mandela, cosatu è una delle organizzazione sindacali e politiche più potenti in Sudafrica, e Boshoff rimanda a Jacobus Nicolaas Boshoff (1808-1881), secondo presidente boero dell’Orange Free State (1855-1859), come epitome del dominio bianco e boero sul Sudafrica. [N.d.T.]
***
notte alla stazione dei treni di milano
per mama jozie
presto tutto questo non ci sarà più
questi archi
queste rotaie
questi pavimenti di cemento
presto tutto ciò scomparirà
cosa lo rimpiazzerà?
nessuno è autorizzato a saperlo
nessuno dovrebbe fare domande
queste auto della polizia
questi barboni che cercano di scippare un pisolino
dentro vagoni abbandonati
le loro madri
tutto sarà scomparso
proprio come la cenere, i cavi
la polvere, le cicatrici
i cartelloni pubblicitari, i bar
simulacri di un domani defunto
che è già
qui
un domani che non ci ricorderà
noi che apparteniamo
alle ombre di una notte spesa all’estero nella
solitudine più cupa
stranieri nei nostri pensieri d’oblio
alieni in questo vento di dolore naufragato
questa dev’essere stata una stazione magnifica prima
di quest’alba
il fantasma presente soffia un brivido straripante
l’urlo afono di migliaia di pianti
avvolto nelle mani giunte di una madre
cerca rifugio nei sospiri di un altro sole che sorge
ed io
seduto accanto a lei
che ammiro il giorno in fasce
sentendo la mancanza
della mia piccola
a casa
7 maggio 2011,
stazione centrale di milano, dopo il concerto di sade
***
Da salt water – Acqua salata
se dovessi morire prima di svegliarmi
seduto sulla poltrona
nello studio
alla mia sinistra
una finestra spalancata
alla mia destra
un tavolino
con una tazza di tè
e un libro di poesia
le tende ondeggiano
il tè profuma di gelsomino
i ceppi crepitano
nel caminetto
allo stereo
coleman hawkins
le palpebre grevi
del peso confortante della
quiete
se dovessi morire prima di svegliarmi
lasciate aperta la finestra
lasciate che la musica risuoni
lasciate che il fuoco si consumi
bagnatemi le labbra con il tè
e non mettetemi in nessuna maledetta bara
avvolgetemi solamente in un telo
e sotterratemi sotto un albero di jacaranda
su quelle colline viola laggiù in fondo
pretoria, 31 agosto 2014
[Traduzione di Francesco Tomada]
***
Da the bitter herb – L’erba amara
blues del mare di mezzo
(ispirato da “middlesea” di zineb sedira)
Abbiamo attraversato il deserto e il mare per arrivare fino a qui.
Non abbiamo paura della morte. Se dobbiamo morire, moriremo.
Ragazzo sudanese di 15 anni, nel tentativo di attraversare il confine francese dall’Italia
come fantasmi
c’intrufoliamo
nei corridoi sotterranei
della vostra esistenza sicura
bramosi di catturare pezzi di sole
con le nostre reti da pesca lacerate
i fari illuminano le mura trasparenti delle nostre storie
di vita
mentre il vento ci ruba i nostri ricordi
e li abbandona sul lungomare che ci ha lasciati
il giorno che noi
l’abbiamo lasciato
i gabbiani e le onde
sulle cui ali viaggiamo
spariscono dietro le nubi
nella brezza del tramonto
come battiti di tamburo
abbiamo attraversato mari, deserti e frontiere
come hanno fatto i nostri antenati
come faranno i nostri figli
noi
continuiamo a muoverci
verso l’ignoto
i mari di mezzo ci hanno inghiottito
e nel loro ventre
abbiamo imparato a cantare il blues
oggi siamo ancora qui
a cantarvelo di ritorno
e quando è troppo duro da cantare
lo nascondiamo
dentro un sorriso
***
come butta?
come butta?
beh…
per i poeti orali
sono un poeta cartaceo
per i poeti cartacei
sono un poeta orale
per le zecche
sono un fascio
per i fasci
sono una zecca
per i magri
sono grasso
per i grassi
sono magro
per i giovani
sono vecchio
per i vecchi
sono giovane
per i ricchi
sono povero
per i poveri
sono ricco
per i neri
sono bianco
per i bianchi
sono mulatto
per i sudafricani
sono uno straniero
per gli stranieri
sono un italiano
per gli etero
sono gay
per i gay
sono etero
per i chierichetti
sono il demonio
per il demonio
sono un chierichetto
per le femministe
sono un misogino
per i misogini
sono un femminista
per gli studiosi
sono un poeta
per i poeti
sono uno studioso
(mi chiamano prof)
si può chiedere di più?
non credo
finché
fotti il cervello
a re
regine
torri
cavalli
alfieri
e pedoni
su entrambi i lati
della scacchiera
puoi darti una pacca
sulla schiena
per cui, per tornare alla tua domanda:
sì
sto alla grande
Biografie:
Raphael d’Abdon è nato a Udine nel 1974 e dal 2008 vive a Pretoria, Sudafrica. Scrittore, poeta, ricercatore e traduttore è autore di tre raccolte di poesie, Sunnyside Nightwalk (Geko, 2013), salt water (Poetree Publishing, 2016) e the bitter herb (The Poets Printery, 2018). Ha tenuto reading di poesia in Sud Africa, Nigeria, Somaliland, India, Italia, Svezia e Stati Uniti e le sue poesie sono state pubblicate in riviste, giornali e antologie in Sudafrica, Nigeria, Ghana, Malawi, Singapore, Palestina, India, Italia, Canada, Stati Uniti, Australia e Regno Unito. Ha raccolto e curato le antologie I nostri semi/Peo tsa rona – Poeti sudafricani del post-apartheid (Mangrovie, 2007) e Marikana. A Moment in Time (Geko, 2013), tradotta in italiano con il titolo Marikana. Il Sudafrica e la fine del sogno arcobaleno (Aviani & Aviani, 2015). Ha tradotto l’autobiografia di Mohamed Hussein Geeldoon Baciammo la terra. L’odissea di un migrante dal Somaliland al Mar Mediterraneo (Gaspari, 2020) e (con Lorenzo Mari) l’autobiografia del poeta italo-sudafricano Mario d’Offizi, Bless Me Father (Compagnia delle Lettere, 2013).
Lorenzo Mari (Mantova, 1984) vive e lavora a Bologna. Ha pubblicato alcuni libri di poesia. Gli ultimi sono Querencia (Oèdipus, 2019), Ornitorinco in cinque passi (Prufrock Spa, 2016). È uno dei curatori dell’antologia di saggi Il presente di Gramsci. Letteratura e ideologia oggi (Galaad, 2018). Traduce dallo spagnolo e dall’inglese; la traduzione più recente è Il sogno d’inverno dell’architetto (L’Arcolaio, 2017) del poeta irlandese Billy Ramsell. Collabora con le riviste online In Realtà La Poesia, Carteggi Letterari, Fata Morgana Web e Pulp Libri.