LA ZIA: UN RACCONTO ESILARANTE DI FRANCESCA GARGALLO

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LA ZIA

Francesca Gargallo

Traduzione di Lucia Cupertino

a Melissa Cardoza

La mia migliore amica è lesbica. Mia madre odia ogni forma di sessualità. Non appena intuisce che non c’è nessuno ad osservarla, spegne la televisione alle sue nipoti, prima che qualcuno si baci sullo schermo. Ride stridula. Ha raccontato a mia sorella che quei litigi con mio padre, che hanno avvelenato la nostra infanzia, sono finiti il ​​giorno in cui hanno smesso di avere relazioni. Se uno si trascura è capace di sospirare: ti parlo per esperienza, non c’è niente di peggio del sesso tra due persone che si amano.

La mia migliore amica è giovane, ha i capelli ricci, è grassa e sorridente. Mia figlia la chiama zia. Mia madre l’ha conosciuta per la prima volta telefonicamente. Le ha fatto l’interrogatorio con le sue domande. Poi siamo andate in vacanza a casa sua e mia figlia le ha parlato della fidanzata di sua zia. Mia madre lì per lì non ha aperto bocca. La stroncatura è arrivata attraverso l’opera completa di Sigmund Freud e la sua interpretazione molto singolare. L’omosessualità è una nevrosi, prese a dire a colazione. Ah, s¡? Con lei faccio sempre finta di essere molto ignorante.

Siamo tornate a casa dopo aver coraggiosamente resistito ad altri sei assalti. La mia migliore amica continuava a rispondere al telefono, mia figlia decide di andarsene da lei per la fine dell’anno, io nel frattempo avevo cambiato lavoro. Mia figlia e sua zia a volte facevano i compiti insieme, altre volte andavano al parco sui pattini a rotelle. A mia figlia non piaceva affatto la fidanzata di sua zia, così come non le piace il mio fidanzato né la fidanzata di suo padre.

Ai primi di febbraio, mia madre sferrò l’offensiva finale. La presenza di una lesbica in casa è dannosa per l’identità sessuale di tua figlia, aveva sentenziato. All’inizio l’ho fatta parlare, alla fine dei conti pagava lei. Tuttavia, piano piano è riuscita a farmi uscire dai gangheri e ho finito per mandarla al diavolo con la stessa irruenza con cui lo facevo da ragazzina.

Contrattaccò. Risposi. Abbiamo urlato così forte che la vicina è venuta a sincerarsi che non fosse successo nulla. Ma certo, le ho detto; ho solo una madre stronza. E gli ho sbattuto la porta in faccia.

A cena mi misi a raccontare la nostra discussione. Mi era venuta una rabbia terribile al sapere che la mia migliore amica la trovasse esilarante. Altrettanto mia figlia: Dai, mamma. Dice sempre: Dai, mamma, con la vocina più dolce che ha in serbo, e implica un misto di rimprovero, consolazione e ridicolezza.

Tre giorni dopo, nella sua scuola decisero che per il 14 febbraio, il giorno di San Valentino, in nome dell’amore, ragazze e ragazzi si sarebbero sposati, con abiti e rituali tradizionali, su cui avrebbero fatto una ricerca. Chi si somiglia si piglia secondo l’usanza giapponese, comanche, maya, palestinese, tedesca. Hanno usato carta colorata, cercato nelle enciclopedie, sono andati al museo delle culture popolari. Ma all’improvviso le bambine più grandi decisero che non avrebbero fatto il giro della scuola a braccetto con i ragazzi, che schifo! I bambini risposero: “Mamma mia, queste bambine”. La preside convocò una riunione generale:

Allora che facciamo? Chiese. Le bambine più grandi proposero di sposarsi fra di loro. Non sono possibili matrimoni tra persone dello stesso sesso, rispose la preside. Mia figlia ha alzato la mano. E invece sì, in paesi come l’Olanda, le donne possono sposarsi con le donne e gli uomini con gli uomini. La preside si schiarì la voce. È stata mia zia, che ha una fidanzata, a dirmelo. Tutte le persone della riunione la fissavano. Gli insegnanti e la preside rimasero impietriti, come anche i bambini. Mia figlia tornò al suo posto.

Il 14 febbraio si sposò secondo il rito cora con la sua migliore amica. Il suo secondo migliore amico era lo sciamano e la sua terza migliore amica era il mais. Le bambine più grandi si sono sposate com’è permesso alle lesbiche presso il comune danese, olandese e svedese. Ho filmato la festa e inviato il video a mia madre. La zia di mia figlia si è sbellicata dalle risa!

Francesca-Gargallo

FRANCESCA GARGALLO CELENTANI

Scrittrice, viaggiatrice, madre di Helena, membro di diverse reti di amici e amiche, Francesca Gargallo è una femminista autonoma che a partire dall’incontro con le donne in dialogo ha provato a generare una vita migliore per le donne in varie parti del mondo. Si è laureata in Filosofia presso l’Università La Sapienza e ha un dottorato in Studi Latinoamericani presso l’Unam del Messico, si occupa principalmente di storia delle idee femministe e cerca di comprendere gli elementi di ogni cultura nella costruzione del femminismo, inteso come azione politica “per le donne” e registrare le reazioni che suscitano nel mondo accademico, politico e della vita quotidiana. Innamorata delle arti plastiche, cerca nelle opere artistiche espressione di piacere e forza d’essere donne; narratrice, nei suoi personaggi ha la possibilità di proporre altri punti di vista sulla realtà che non siano misogini; viaggiatrice, dà valore ai passi delle donne e all’incontro in un mondo che appartiene a loro. Tra i suoi romanzi ricordiamo: Estar en el mundo; Marcha seca; La decisión del capitán, tra gli altri. Il suo libro di racconti Verano con lluvia è stato letto da femministe di vari paesi e ha ricevuto buona critica. Tra i suoi libri di ricerca: Garífuna, Garínagu, Caribe (sulla storia del popolo garifuna);  Ideas Feministas Latinoamericanas (una storia delle idee femministe in America Latina); , Saharaui, el pueblo del sol  (riflessione sulla storia del popolo Saharawi per trent’anni in esilio in Algeria).  Nata a a Siracusa, 1956. Vive in Messico dal 1979.

 

Immagine di copertina: Opera grafica di Mubeen Kishany.

 

Riguardo il macchinista

Lucia Cupertino

LUCIA CUPERTINO (1986, Polignano a Mare). Scrittrice, antropologa culturale e traduttrice. Laureata in Antropologia culturale ed etnologia (Università di Bologna), ha conseguito un Master in Antropologia delle Americhe (Università Complutense di Madrid) con tesi sulla traduzione di fonti letterarie nahuatl. Vive da tempo tra America latina e Italia, con soggiorni più brevi in Australia, Germania e Spagna, legati a progetti di ricerca, educativi e di agroecologia. Scrive in italiano e spagnolo e ha pubblicato: Mar di Tasman (Isola, Bologna, 2014); Non ha tetto la mia casa - No tiene techo mi casa (Casa de poesía, San José, 2016, in italiano e spagnolo, Premio comunitarismo di Versante Ripido); il libro-origami Cinco poemas de Lucia Cupertino (Los ablucionistas, Città del Messico, 2017). Suoi lavori poetici e di narrativa sono apparsi in riviste e antologie italiane e internazionali. Parte della sua opera è stata tradotta in inglese, cinese, spagnolo, bengali e albanese. È curatrice di 43 poeti per Ayotzinapa. Voci per il Messico e i suoi desaparecidos (Arcoiris, Salerno, 2016, menzione critica nel Premio di traduzione letteraria Lilec – Università di Bologna); Muovimenti. Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi, Lecce, 2016) e Canodromo di Bárbara Belloc (Fili d’Aquilone, Roma, 2018). Membro della giuria del Premio Trilce 2018, Sydney, in collaborazione con l’Instituto Cervantes. Cofondatrice della web di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com, con la quale promuove iniziative letterarie e culturali in Italia e all’estero.

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