UCRAINA: poesia in tre voci settembrine, a cura di Marina Sorina (Anastasiia Alekseenko, Iryna Potanina, Boris Khersonskyi)

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In questi giorni si parla molto delle ragioni della disfatta dell’esercito russo, della differenza nel modo di fare la guerra, del ruolo della motivazione, diversa fra chi aggredisce seguendo gli ordini e chi agisce di volontà sua in difesa. Analizzate le strategie e le armi, si cerca di scavare nella profondità, e come sempre la poesia ci aiuta ad orientarsi.

Ora che i combattimenti stanno rallentando, e a Kharkiv hanno bombardato – finora – solo una volta, vi invito ad immergersi in una realtà in soggettiva, quella di Maria Stepanovna, descritta in questo breve poema da Anastasiia Alekseenko, scrittrice, giornalista e, perché no, anche ballerina ed allenatrice di Kyiv, che adesso continua le sue attività da profuga in Inghilterra.

ANASTASIIA ALEKSEENKO
“Da ragazza c’ho fatto
un viaggio, in Ucraina.
Sono tanto divertenti,
parlano una lingua buffa.
E noi li lasciavamo parlare!
Mio Dio, chi gliel’ha mai impedito?
Certo, un po’ mi dispiace ora.
ma se la sono cercata, loro.
Perché si mettevano a saltare?
Perché ci davano dei “buzzurri”?
Cucinare ravioli con l’amarena,
o cantare, – continuassero pure.
Nel canto sono davvero mitici,
ma sono scarsi come politici.
Perché vogliono entrare in Europa?
Perché ci resistono troppo?
Ora patiscono pene dell’inferno.
E vabbè, li andiamo a salvare
come fratelli, ad abbracciare.
ricordiamoci però di punire
i responsabili del loro governo.
Come si fa ad essere così incivili,
ingrati, come porci nel porcile?
I nostri militari sono venuti in pace,
perché avete voluto spararci?
Uccidere i nostri figli e fratelli?
Volevano solo la pace!
Volevano per voi il meglio!
Invece voi adorate un idolo
dal nome strano: libertà.
Però non abbiamo nulla da spartire.
Ricordatevi: siamo popoli fraterni,
arrendetevi, senza colpo ferire!
Mi ricordo, da giovane,
c’ho fatto un viaggio in Ucraìna,
gratuito, offerto dall’ufficio.
C’ho incontrato una certa Zina,
una ragazza di Mariupol.
Siamo amiche da sempre.
A volte ho nostalgia di quei tempi.
Ormai da una settimana,
Zina non si fa sentire.
Strano, chissà che vorrà dire?
Dai, vado a farmi un tè,
alzerò il volume del notiziario.
Magari finisse presto questo calvario!
la vita è diventata troppo cara.
Tutto perché il nostro capo
si prende cura dell’Ucraìna.
Per migliorare la loro esistenza,
Per renderla tanto più carina.
Certo, che approvo in pieno,
come potrei non approvare,
visto che per noi sono come fratelli.
Se quei nazisti la finissero di sparare,
se cessassero la loro resistenza!
Non se ne può più!
C’è gente che muore.
Liuda, la vicina, ha ricevuto
l’avviso per la morte del figlio.
Riceverà una medaglia postuma,
E magari un po’ di quattrini.
Mica si muore gratis,
combattendo con gli ucraìni.
Bisogna pur sostenere
I ragazzi sotto le armi,
Le loro famiglie nel lutto.
Il grande leader baderà a tutto!
non abbandoniamo mai i nostri.
Non siamo così, come quegli
altri, dell’inferno i mostri.
Dai, basta: presto noi vinceremo,
allora sì che alla grande vivremo!”
Maria Stepànovna, affaticata,
solleva i fianchi dalla poltrona sfondata.
Il notiziario è finito.
Hanno detto tutte cose giuste.
Maria Stepànovna si è addormentata.
Nel sogno, viene a trovarla l’amica,
dal volto insanguinato
e dalle lacrime brucianti.
“– Masha, perché venite da occupanti,
nella nostra terra, a far massacro?”
– “Zitta,” – dice Stepànovna,
– “sei tu che non capisci:
vi auguriamo il meglio.
È che non riesci ad immaginare,
quanto sia bello appartenere
ad un popolo sacro.
Quanta gioia,
Quanto orgoglio si può provare!
Quanti vantaggi potevate avere,
Stando con noi,
insieme.
Invece ora è colpa vostra.
Sappiamo comunque per certo,
Che la vittoria sarà nostra.”
Maria Stepànovna, affaticata
sull’altro fianco si sdraia.
Non sogna più quella Zina,
dorme profondamente.
Vive una vita spensierata e gaia.
Il notiziario racconta vivacemente
la grandezza del popolo russo,
del fascismo la rapidissima disfatta,
permette all’esercito ad avanzare.
Maria Stepànovna è soddisfatta:
va tutto come deve andare!
Non c’è nulla di cui dubitare…
(c) Anastasiia Alekseenko
(c) traduzione Marina Sorina

 IRYNA POTANINA

 

Smettila di amarmi subito se

alla domanda “come va?” dico “tutto bene per me”.

I “tutto bene” sono terminati

il giorno in cui quei cani porci

si sono accalcati alle nostre porte,

e i missili, sui nostri figli puntati,

altri ne hanno colpiti e massacrati,

altrettanto piccoli, buffi e amati.

Per quale colpa sono stati martoriati?

Sarà che la madre non ha avuto la voglia

di lasciare casa, varcarne la soglia.

Pensando “e dopo, che faremo?

con il gatto, dove vivremo?

mica lasceremo la vicina ammalata?

Questa è casa nostra, non sarà abbandonata!”

Sempre più spesso “è” diventa “era”…

Ecco cosa rispondo a “come va” stasera.

 

Smetti di amarmi, subito, se ti dirò

che sono ormai sfinita e non ci sto.

Loro, dalle trincee, non chiedono

di abbassare il volume della battaglia,

di abbracciare, anche per un minuto,

i loro cari, che da tanto non vedono.

Vogliono droni, radio, auto e altra ferraglia.

Solo il diavolo sa cosa contiene questa lista,

meno male che lui riesce a trovare di tutto,

carica in fretta e l’angelo trasporta e smista,

a quelli che non badano ai propri bisogni,

non contano più le notti insonni.

Funziona così la guerra, è così sia!

Abbiamo poco da ridire, noi delle retrovie.

Niente lamentele finché non vinciamo.

 

Smetti di amare me, che sempre ti amo,

se mi rassegnerò a vivere da te separata.

Ah, tu non potrai più smettere di amarmi,

mi sono scordata.

(c) traduzione Marina Sorina

 

Iryna Potanina è una scrittrice ucraina di Kharkiv, autrice di oltre trenta libri, scrive in diversi generi compresa letteratura per l’infanzia, attualmente rifugiata in Gran Bretagna. Per saperne di più sull’autrice vedi queste voci dal suo diario di rifugiata apparse nel sito Zima Magazine.

BORIS KHERSONSKYI

 

Attenti a non spaccarvi la fronte sul nostro muro di cinta,

non lasciate il cavallo di legno, farcito di soldataglia.

Non lo trascineremo nella nostra città variopinta,

con le piazze di mille mercati che vendono paccottiglia.

dove si convive coi vicini litigiosi e il parentame agitato,

dove si litiga per un nonnulla e si fanno altre cazzate.

 

Non vi conviene, ragazzi, gettare i sassi sui nostri tetti.

Non ce ne frega niente delle vostre armi pericolose.

Voi da Marte, il guerriero bellicoso, siete protetti,

Mercurio, dio imberbe del guadagno, ci appartiene.

Qui gli uomini sono fecondi, le donne sono vogliose,

Insomma, rieccovi il cavallo, tornatevene ad Atene.

 

Non affibbiateci le vesti che per noi avete preparato:

ci vanno ormai strette e la foggia è già superata.

Abbiamo vissuto lontano da voi, ed era una figata!

Ripigliatevi il cavallo, tornatevene nel passato.

Sarà che la mamma vi ha partoriti in modo perverso,

tornatevene a casa, noi siamo di stirpe diversa.

 

Dicono che da voi i funzionari stanno alla scrivania,

I fanciulli e le fanciulle interrogati in prigionia,

I banditi girano con le pistole e i soldati coi cannoni,

I poeti dimenticano i versi e si danno a delazioni.

Tornatevene a casa, suvvia, nudi, senza orpelli,

a trasformare con l’erba sigarette in spinelli.

 

Priamo è il nostro re è, ma Priapo è più forte,

ci piace anche Cerere dalle cornucopie generose.

Perché allungate le zampacce fino alle nostre soglie?

Fatevi dominare da un pugno di ferro, fra mille controlli.

Tornatevene a casa, voi e le divinità bellicose.

Che ce ne frega delle vostre guerre pretestuose?

 

Su, scappate a gambe levate, cavalli di legno compresi!

Lasciate che i soldati fuggano, abbandonando gli arnesi,

Che ce ne frega del tallone ferito del vostro Achille?

Su, vattene a fare in fallo, la nave ateniese!

Tornatevene a casa, sbagliate le stesse imprese

se ne avete la forza, ma allontanatevi di mille miglia.

(c) traduzione Marina Sorina

 

Per saperne di più sul poeta Boris Khersonskyi, vedi intervista apparsa ne Il Corriere della Sera

Immagine di copertina: dalla serie  “Intervention N27,” 2017, di Iryna Kalenyk  di  Chernivtsi. Vedi articolo su mostra del 2018 a Chicago di arte grafica dall’Ucraina.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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