Versione francese a cura di Abdelmajid Youcef
Traduzione dal francese a cura di Claudia Piccinno
Un seno non ancora raggiunto
ثدي لم يتورم بعد
A una donna ammalata di cancro al seno
Se fossi me stesso
dopo una maturità in poesia
scriverei quello che scrivo?
Il mio braccialetto corteggia discretamente
il gambo del mio occhio scende.
Alcune passioni sono ingannevoli.
I miei occhi vagano
sul mio giornale
non emettono lacrime
né si asciugano.
Vedo tutto il mio splendido corpo.
Non c’è bisogno di palparne i dettagli
o parlarne allo specchio.
Il mio corpo è la mia entità,
Ero la melodia dei desideri.
La musica dei sogni incanta,
ma di solito si ribella.
Mi dà fastidio, mi spaventa se mi manca
nei suoi momenti dolorosi.
Le mie gambe si rifiutano di tremare;
la mia schiena geme.
Non mi piace la smorfia mentre si soffre.
Conosco questo portatore di buone notizie che è
avvertimento allo stesso tempo;
le sue preferenze e le sue indifferenze mi sono
familiari.
Sopporto la mia sofferenza per mio figlio
ancora bambino tra le mie braccia.
Mio figlio mi stupisce.
Come può scegliere
metà del seno destro
che fa impressione per com’è gonfio.
Cerco di fargli apprezzare il sinistro;
gioca con il suo capezzolo senza assaggiare il succo.
Mio figlio si solleva dal capezzolo
con mille smorfie.
– Perché evita il seno sinistro?
Ne ha paura?
Quello che hai detto due anni fa
indicando la mia gola pulsante
mi fa sentire un pizzicotto al seno:
“Sarai più bella con l’età”
Dimmi adesso:
Sono ancora più bella
o bella per metà?
Quando il tumore
ha preso l’altra metà
mi hai dato per metà la rosa, il colore del logo e l’arco
di un piccolo sogno.
Oh tu, ceralacca che risiedi nei ricordi!
Scriverei, se tu fossi la stessa
di due anni fa,
ciò che sto scrivendo ora?
**
Tempo per il parto
مسافة مخاض
Vicino a me
mi alzai
ad aspettare colui che veniva da lontano.
Aveva la mia stessa grassezza
nella lingua e nella memoria.
Un silenzio mi ha attraversato
Non stavo guardando
Sanguinavo, una poesia scorreva dalle mie vene
conficcandomi il pugnale nella parte bassa della
schiena.
Stavo sanguinando.
Il percorso degli specchi
masticava le pareti divisorie dei mobili.
Ho visto lì un vaso il cui profumo di fiori era
congelato,
una sonnolenta poltrona di pelle,
la polvere di vecchi tagliandi di poesia.
C’era una donna dietro la porta,
un portacenere non ancora bruciato in nome della
cenere,
una canzone lasciata da un bicchiere di tè
denotando l’almanacco dei miei giorni
su una tavola beffarda.
Ho dimenticato cosa ho passato
cosa mi era così vicino.
Ho iniziato una ricerca
tra i mobili
per scovare la rivelazione.
Era lì ieri
Devo ritrovarla.
L’acqua gelida
che la punta delle dita di un gatto ha scarabocchiato
sulle mie pupille
trasformò la tanto agognata primavera
come i sogni e le mie visioni
come le melodie che mi volevano
in un fugace, petulante desiderio.
Vivo.
Ricorderò ciò che avevo visto,
un attimo prima di spegnermi
come una lampada di fiducia,
lo schianto delle finestre
guardando tra i lucernari
un piccolo spazio per pregare;
e che mi ero piantata
dietro la mia porta…
E poi nient’altro,
nient’altro.
Sicuramente risorgerò
con un’altra serenata
**
Caffè notturno a Beirut
كافيه ليل بيروت
Solo sull’orlo della speranza
accarezzo un dolce al formaggio,
ingoio un’aria di denso aroma
contenuto nel mio caffè arabo.
Beirut
suona una melodia per flauto per me.
I caffè si riempiono dei loro sorrisi noiosi,
scolpiscono il sorriso della mia faccia straniera.
I tratti si confondono,
restano solo i segni grafici
che si librano come farfalle
e che ridono come bambini.
Bello,
come una serie di sorsi furtivi,
come colpi di emicrania
che mi afferrano gli occhi quando scrivo.
Come l’angoscia delle onde
sorseggiando le rocce,
come una tegola che svolazza con i ricordi della
guerra,
esultante con una melodia di flauto
il cui stile evoca il Sud
Passo la mia poesia
alla fine della mia penna,
Scarabocchio uno schizzo di fisionomie
la cui espressione di pace mi ha sorpreso,
una pace che plasma la prospettiva dell’attesa.
Certa pace è serenità,
Certa serenità
è isolamento mortale.
La narrazione mi prende;
tuttavia sono come una passione,
resistente alla prosa.
L’ardore del suo ritmo mi ha travolto.
Forse la mia poesia sarebbe nata lì
una mattina sulla riva si sarebbe svegliata,
e avrei potuto sopravvivere alla mia stranezza.
Tuttavia, la mia poesia ha un carattere bohémien.
Nella mia strana patria
Non vendo lamette da barba
su una visualizzazione della storia
né la danza di un reggiseno
che la poesia nega,
né il sogno di una sigaretta sentimentale
mentre fumo la rivelazione di mezzi versi
senza fine
e cospargo le scaglie dei personaggi
come le indicazioni di un girasole
sulla via dei derelitti.
Nella notte di Beirut
sto giocando
nella speranza di vincere due lettere
fuse l’una nell’altra.
Permettono carezze delicate,
non mettono in discussione alcun dado
sul suo colore, né sulla sua fabbricazione,
né sulla sua esperienza nel gioco.
Gioco per un po’.
Il mio impegno è rovesciare le linee,
un punto che illumina una vita,
una precisione nell’agenda di un’esistenza.
Metto in gioco il mio caffè.
La notte di Beirut risuona in un’alba diafana
nel morso della torta
un programma permanente
che mastica l’ultimo mese del gelso,
mastica la luce della mia rovina
come un croissant nel piatto.
Guardo solo il mio
e quello è un miracolo del caffè arabo
dato che l’amarezza
è l’essenza dell’invidia
**
Il sorriso è una forma di resistenza
ة rumاالبتسامة مقا
Sorrido,
non è né per una beatitudine che si sorseggia al
mattino, né per un orizzonte
dove l’amore rispolvera la patria.
Sorrido.
Mi trucco per nascondere le rughe.
Tradisco la mia memoria. Sto tradendo il mio tempo.
**
L’intenzione del gelsomino
حديث الياسمين
Cosa resta dei progetti del gelsomino?
Il sogno finisce in una pagina bianca. Le preghiere
sono inebriate di risonanza.
Cosa resta dei propositi del gelsomino?
Niente, tranne gli esseri notturni che fluiscono
dalle mie vene fino allo sfinimento.
Niente mi bagnava il cuore
tranne un’aria sfrenata e malinconica.
Cosa resta dei progetti del gelsomino?
I miei passi si trascinano stancamente, si rivelano.
Per la certezza, il cuore spazza via tutte le spine del
dubbio.
Cosa resta dei progetti del gelsomino? Qualcosa di
simile all’amore ingannevole.
Quando nasconde le sue strategie, la purezza della
passione
mi viene in aiuto con un’ondata di fervore.
Cosa resta dei progetti del gelsomino?
Nient’altro che il sogno che attraversa gli esseri
notturni e i passi che affrettano la marcia.
Il sogno assomigliava all’amore che ha inciso
la sua grafia sui campi di battaglia
nel cuore degli innamorati.
**
Ho sognato i gabbiani
نورسالرؤيا
… E poi ho sognato i gabbiani
librarsi in visioni di complementarietà
e inventare i nitriti.
Ho visto nel mio sogno
gabbiani fare l’elemosina
per qualche briciola di pane crocifisso
per nutrire i topi che scrivono.
Ho sentito nel mio sogno
i fronzoli di un popolo di gabbiani
inghiottire il pesce “già stabilito”,
rievocare la danza dei feticci d’argento
sulla curva del mare.
Ho visto i topi
assumere l’inflessione della luce
con l’illusione di essere la sorgente
che illumina l’esistenza.
Biografie:
Raed Anis Al-Jidhi, poeta, insegnante e traduttore, nasce a Qateef (Arabia Saudita). Ottiene una borsa di studio onoraria all’università dell’Iowa. Ha pubblicato un romanzo, nove volumi di poesie in arabo, in francese, in inglese. È una attivista per i diritti umani e lavora su questioni che coinvolgono i bambini e l’alfabetizzazione. Oratore per la piattaforma Ted, collabora a diverse riviste letterarie, ha vinto il premo Karamzov 2020 in Macedonia.
Claudia Piccinno, Docente, si occupa di poesia e traduzioni. Ha al suo attivo numerosi libri di poesia in più lingue. Rappresenta in Europa organismi votati alla pace, cultura e solidarietà tra cui Il Wip, il Wfp, Aim, IstSanatArt. Spesso ospite d’onore in vari festival internazionali, dirige in Europa il World festival poetry, ha tradotto e promosso in Italia e all’estero poeti provenienti da Turchia, Germania, Arabia Saudita, Serbia, India, Grecia.