Come dichiara l’autore nell’intervista a cura di Luigi Cannillo che chiude la raccolta, La memoria dei senza nome nasce dal desiderio di narrare in versi le vite di uomini e donne, poi divenuti personaggi tra realtà e finzione.
Questa intenzione è già chiara nell’esergo dell’opera affidata alle seguenti parole di Walter Banjamin:
«È più difficile onorare la memoria dei senza nome
che non quella degli uomini famosi.
Alla memoria dei senza nome
è consacrata la costruzione storica.»
Sono tante le storie anonime di dolori, sacrifici e speranze che si intrecciano nella raccolta di Ariano alle esperienze di vita vissuta in prima persona dal poeta. Sono le storie di Rosa, dell’Emilio, di Giggino, dell’Enrico, del compagno Giorgio e di tanti inconsapevoli uomini e donne che insieme hanno scritto la Storia, passate sotto l’attenta lente dell’autore, che unisce alle proprie approfondite conoscenze storiche, lo sguardo empatico del poeta.
Uno sguardo che pennella anche immagini e paesaggi (Milano, la pianura lombardo emiliana e la Lomellina, in particolare) dai quali trasuda l’affetto e, spesso, la nostalgia, del poeta per ciò che è stato perso nell’ultimo scorcio del secolo scorso con l’inesorabile costruzione di luoghi omologati e anonimi, i “non luoghi” di Zygmunt Baumann, all’interno dei quali la Storia emette sinistri scricchiolii di estinzione della nostra specie.
Postmodern 25 Aprile
Cosa fai Fiulin in un fast food
il XXV Aprile?
Cosa direbbe il compagno Giorgio?
Ti ricordi quei cortei a pugno chiuso
con l’Andrea, l’Emilio e Primo?
Anche loro forse non vanno più…
Devono lavorare… portare la donna in gita.
Lì tra odori di motori, olio
e quelle piogge d’aprile a cambiare aria,
a togliere le ultime illusioni?
Lontani i racconti di guerra di tuo nonno…
l’Enrico si sente come sulla collina
pronto ad assaltare un comando tedesco:
quando finirà il fuoco?
A ogni stazione ti immagini possa salire lei…
gli stessi occhiali… quei ricci,
ma poi passa come un treno fantasma
a scuotere l’aria: uno di quelli?
Rivedi tuo padre guidando cantare:
«A cosa pensano le fidanzate quando baciano?»
***
Sarà stato l’anno degli Europei,
quelli dell’Ottantaquattro…
Le Roy, la Thatcher, Reagan,
Ritorno al futuro guardato
sgranando gli occhi.
Da mesi aspettavate il mare:
Lignano… i braccioli… colori
diversi dai campi nebbiosi
e Giggino canticchiando:
«Portami a ballare oppure altrove,
ma portami via da qui…»
Chissà se si immaginava così oggi?
Ora tutta fuliggine
immaginata dietro i vetri
di un locale finto anni Cinquanta:
«Sunday, Monday, Happy Days.»
Pattinano giovani polpacci in quel tempo
mai stato tuo: chi porteresti lì?
Elemosini un lavorà ma fuori la fila
e domani una grandinata nasconderà tutto…
diranno un’altra estate anomala,
un bacio mai arrivato.
***
Non credere amore che non senta
il tuo dolore mentre ti fiacca la carne,
quando pensi ai ricordi del passato,
alla paura di dire: «Felice.»
Ho visto le tue lacrime scorrere sulle
gote, le ho baciate per asciugare
le ferite della tua anima, i crampi
nello stomaco, il timore del futuro.
Non credere che non scorrano lacrime
sulla mia pelle quando penso ai tuoi
occhi non più di bambina:
lo sguardo che ha perso il sorriso
al primo sole fuori dalla finestra.
La mia mano sarà sempre lì a scaldare
le tue dita, a stringere i polsi tremanti
quando sentirai scendere la sera
e penserai che domani la brina
possa avvolgere tutto.
***
Ricordi bene la prima volta a Milano:
il treno non ancora lento,
la Metropolitana, Piazza Duomo
– vista solo nei film – la Rinascente.
La smania dell’ultimo piano… i giochi.
Parchi i tuoi genitori,
un mutuo da pagare,
una vecchiaia mai goduta.
Non tornasti tante volte:
qualche fuga da scuola in cerca di libri.
Questa mattina nel vagone
la voglia di amoreggiare, di carezzarsi
in una lunga aurora.
Farai il turista tra chiese romaniche,
basiliche paleocristiane
e antiche strade di quartiere:
perché fuggisti? Forse il timore
di perderti nei loro sguardi.
Lei chiusa in una torre di vetro
tra conti e calcoli: il metanodotto accanto
e di quella pieve pochi resti, forse scavando
trovereste necropoli liguri ed etrusche.
***
Si avvicina come ogni anno
il tuo compleanno…
manca sempre qualcuno
e chissà perché ripensi
a quelle estati anni ’80;
per te brillava tutto
ma per loro mai facile.
Oggi giochi al partigiano
in quel borgo mentre lei
combatte le sue battaglie:
«Stanno morendo tutti… non vedi?»
Vedi eccome e anche tu
fai la conta e pensi quando
vi bagnerete nello stesso fiume
e fare l’amore in un prato
sarà un gesto quotidiano.
Bruciano foreste e villaggi
come l’ira divina:
non scriveranno Erodoto e Tucidite
le gesta ma scatti di droni,
corpi carbonizzati abbracciati
sulla battigia… in fuga dalle fiamme.
Domani il caldo della sua pelle,
una ferita da sfiorare piano
come un bacio al primo appuntamento.
***
Perché ti volti indietro
a cercare i tuoi cari?
Non sei Orfeo…
non sono Euridice
e anche tuo padre direbbe:
«Vai avanti! Guarda avanti!»
Quei film in bianco e nero
con il Grande Fiume…
Peppone, Don Camillo
– la loro giovinezza –
questa sera lì con lei,
il tramonto su pioppi e barche,
il desiderio di averla tra i cespugli.
Domani un matrimonio di fine estate,
così diverso dal suo:
anche tu ci pensi? Anche tu vorresti?
Piume di pavone si mescolano
a passi… voglia di volare lontano,
quella casa, il letto
e l’odore di un temporale
non muterà la vostra stagione.
***
Arriverà un vento balcanico
a portare gelo… neve:
così il Meteo delinea
nuove catastrofi,
per te disabituato alle stagioni.
Ogni scusa per fuggire
in quel bar quasi clandestino
– tisane detox di moda –
e nei jeans voglia di far l’amore
come dopo un corteggiamento:
pochi giorni paiono eterni.
Accanto un monastero secolare:
qualcuno ricorda sirene…
le fughe e le bombe sulla città,
le corse verso i rifugi.
Non pensavi di rivedere piazze piene,
ancora pochi, troppi capelli bianchi:
spianeranno fontane, palazzi modernisti
e al posto di quel roccocò
scintillanti grattacieli vitrei.
Non c’è tempo per voltare il capo,
per pregare defunti ma ricostruiranno tessuti,
cyborg al vostro posto.
***
Conosci bene
il cielo cinerino di Lombardia
che annuncia nevicate;
gli ultimi fiocchi con lui,
negli occhi mescolati
di sgomento e stupore
epoche mai vissute.
Non giocherai a palle di neve
con quel bambino ma forse con lei
mentre farete foto come in montagna
prima che torni il deserto cittadino.
Ti spaventa il vento
che porta fumi di rifiuti bruciati,
piazze arse come rivoluzioni
fuori limite massimo…
l’illusione di cambiare il corso
della Storia: cosa rimasto di monasteri?
Ruderi di eremi dove nessuno
pregherà nei chiostri, coltiverà orti
o bonificherà paludi.
Tu attendi sempre la scusa
per scambiare baci in borghetti
protetti dalla discesa della sera.
===
Biografia:
LUCA ARIANO (Mortara – PV – 1979) vive a Parma. Di poesia ha pubblicato: Bagliori crepuscolari nel buio (Cardano 1999), Bitume d’intorno (Edizioni del Bradipo 2005), Contratto a termine (Farepoesia, 2010, Qudu, 2018) Nel 2012 per le Edizioni d’If è uscito il poemetto I Resistenti, scritto con Carmine De Falco. Nel 2015 per Dot.com.Press-Le Voci della Luna ha dato alle stampe Ero altrove, finalista al Premio Gozzano 2015.