Amuleti di Lorenzo Pataro (Ensemble 2022) – selezione a cura di Bartolomeo Bellanova

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I° Sezione: Richiami, amuleti

 

Anche le parole sono richiami, non definiscono

           niente, chiamano qualcosa perché resti con noi. E

quello che possiamo fare è chiamare le cose invo-

carle perché vengano a noi con i loro racconti:

chiamarle perché non diventino tanto estranee da

partire ognuna per conto suo in una direzione di-

versa del cosmo, lasciandoci qui incapaci di rico-

noscere una traccia per orientarci.

Gianni Celati, Verso la foce

 

Come dire questo sacro sottile nelle cose. I rovi smorti in capo all’aia che questo sole benedice come un’ostia sciolta nella bocca o il pastore che dorme sui greppi e non sa di questo mondo, il capo delle pecore piegato tra gli sterpi a costruire intorno al sonno una difesa contro il tetto del capanno che si sfalda e lascia nella terra sepolti i segreti della zappa o del concime, mentre l’amianto residuo della casa aspetta un altro nido, un becco di ghiandaia che porti un altro seme o la grazia dei marciumi e della polvere a coprire tutto il male del passato.

**

 

Se dico casa, non avrai riparo. Se dico pane.

Se dico grano tu lieviti e ti spalanchi nel mio nome.

Siamo nati. “Alberi case colli per l’inganno consueto”.

Se dico àncora, mi abissi. Siamo nati.

Gettati in un nome verso un nome.

Se dico tetto mi scoperchi, se dico cielo

mi nevichi e mi scardini dal corpo.

Con la grazia dei vulcani. In quello

stare delle cose illuminate per sé stesse.

Se dico sillaba, fonemi si sparpagliano

e poi il gelo li ricuce, li spoglia

e fa nuda la parola, esposta

e divina come un barbaro in esilio.

Adesso. Se lo dico, già è passato.

Siamo nati. Gettati in un nome verso un nome.

 

**

Il tuo passato è il presente

di qualcuno, vie di fuga,

vie d’accesso, bisognava rompere

il cerchio, spezzare la corda

e far piangere i bimbi nel tiro alla fune,

allora contare chi resta seduto

chi prova a rimettersi in piedi

chi fa un nodo e vuole che il gioco

riparta, bisognava trovare l’equazione

distorta, l’inganno che dura,

bisognava trovare nel cerchio quel niente

che disfa le cose, quel vento che quando si corre

ti snocciola dietro tutti gli addii,

ti illude che dopo troverai solo il bene.

 

II° Sezione: Nostalgia del grembo

In greco “ritorno” si dice nòstos. Álgos significa

“sofferenza”.

La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal

desiderio inappagato di ritornare.

Milan Kundera, L’ignoranza

 

Lentamente, posare le cetre a raccogliere globuli di un canto

propiziatorio al posto nostro, accecarsi con un abbaglio di

cenere mentre scorre la clessidra – ci guarda il dissiparci, la

gioia sulla lapide, farsi chiudere gli occhi da mani stanche di

calibrare la bilancia dell’incostanza, il peso della noia è ghi-

gliottina sospesa, la lama non incide: misura. Sperare, spera-

re, alzarsi, andare da una stanza all’altra, cercare. Qualcosa.

**

 

Dicono che ci passerà, questa pigrizia viscerale,

il male è ovattato nella stanza, non sentiamo aria respirare

nemmeno da una mosca, dicono che il seme disperso ha causato

nascite improvvise, lì fuori, la finestra ha favorito il passaggio

dei cromosomi, abbiamo bevuto tutto il nettare dai seni sospesi

di Madre-Noia, dicono che non resta altro se non piangere,

spingere fuori la gioia dalle zampe – come un animale –

e dargli un nome, sentirla urlare.

**

E se fossimo solo un’ipotesi di volo,

un’istruzione leggera all’apertura

delle ali, se fossimo solo

il capovolgimento, la conversione

di un altrove in cui vive

la nostra parte divisa,

e se un giorno ci ricongiungeremo

con la coincidenza esatta

della felicità, e se allora forse

sogno e realtà

arrivassero finalmente

a coincidere, e se questa fosse solo

una possibilità da spartire

con l’altro, da scambiare

come in un patto?

E se riuscissimo a non rifletterci

più, se riuscissimo a valicare

il limite dello specchio,

del cielo, della porta, riusciremmo

a ritrovarci ancora interi,

veri come una volta?

**

Sezione III: I morti sono i tarli della neve

 

I morti continuano a porsi

le stesse domande dei vivi:

rimangono i corsi e i ricorsi

del vivere identici sulle

due rive. In che luce cadranno

tornati alle cellule.

Gabriele Galloni, In che luce cadranno

 

Penso ai morti del paese a cui non pensa

più nessuno. Gli ingrigiti fiori finti, i fiori secchi,

il gelo che fa tana nelle tombe scoperchiate.

Quanto resta. Cosa resta in una foto

di tutto il mappamondo di un umano.

Una scritta, una data, qualche oggetto.

Cosa resta. Penso a tutti i trapassati

che non lasciano una scia. Benedico

i loro nomi, percepisco il loro sonno

come un ago, la mia notte

nella cruna della loro.

**

Un giorno sarò terra concimata, solco da irrigare. Le mani

avranno forma di scodella. E la pelle becchime per gli uccelli.

Un giorno avrò dimora dove tutte le dimore hanno dimora.

Il sangue sarà linfa per le querce, ossigeno degli olmi. Un

giorno sarò vivo e sarò morto. L’anca sarà vaso per le rose. La

lingua tappeto per i vermi. Un giorno sarò terra concimata.

Sarò scheggia e sarò tarlo. Nella mente di chi vive. Sarò vivo

e sarò morto. Un giorno sarò pieno e sarò vuoto. Avrò cura

di ogni petalo marcito. Sarò terra concimata. Petrolio sulla

neve. I capelli stesi al sole cresceranno a dismisura. Sarà spiga

ogni singolo capello. Un giorno sarò pane e sarò lievito e fa-

rina. Un giorno sarò terra concimata. I miei organi ortaggi a

maturare. I miei anni le stagioni.

**

                                                                                                            A G.

Quanto siamo transitori. Da un buio

verso un altro, piccoli graffi di luce.

Ferite che brillano, schegge nell’aria.

Braccati, con le fiaccole spente

dal vento. Piccole scie. Di una parola

soltanto, dilla adesso, adesso che hai

un altro nome. Benedetto il tuo bacio,

benedetto il tuo fuoco, benedetti gli astri

del corpo, benedetto il grano nel capo,

benedette le mani, le braci negli occhi,

benedetto il tuo passo di neve, benedetto

ogni singolo soffio, ogni gioia che arde,

benedetto ogni sguardo lasciato, benedetta

ogni ora negli anni a venire, benedetto

il nome che hai ora, benedetto sia

tutto il creato celeste in cui voli,

benedetto il tuo amore che è sparso

nel cosmo, benedetta ogni fibra leggera,

ogni spina, ogni graffio, ogni fiamma

riaccesa, splendore di quarzo, miracolo

d’acqua, benedetto ogni seme gettato,

benedetti i germogli, il miracolo, il dono

di esserci stata.

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Biografia: 

Lorenzo Pataro (Castrovillari, 1998) ha pubblicato la raccolta di poesie Bruciare la sete (Controluna, 2018). Sue poesie sono state pubblicate su riviste e blog come Atelier, Interno Poesia, Poesia del nostro tempo, Clandestino, il sarto di Ulm – bimestrale di poesia, sul sito ufficiale di poesia della Rai (Poesia, di Luigia Sorrentino), sul quotidiano La Repubblica. Ha vinto i premi “Ossi di sep

Riguardo il macchinista

Bartolomeo Bellanova

Bartolomeo Bellanova pubblica il primo romanzo La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo) nel dicembre 2009 ed il secondo Ogni lacrima è degna (In.Edit) in aprile 2012. Nell’ambito della poesia ha pubblicato in diverse antologie tra cui Sotto il cielo di Lampedusa - Annegati da respingimento (Rayuela Ed. 2014) e nella successiva antologia Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela Ed. 2015). Fa parte dei fondatori e dell’attuale redazione del contenitore online di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com. Nel settembre’2015 è stata pubblicata la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus). Ė uno dei quattro curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi Edizione – ottobre 2016), antologia di testi poetici incentrati sulle migrazioni. Nell’ottobre 2017 è stata pubblicata la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi Edizione), edizione contenente un progetto fotografico di Aldo Tomaino. Co-autore dell’antologia pubblicata a luglio 2018 dall’Associazione Versante Ripido di Bologna La pacchia è strafinita. A novembre 2018 ha pubblicato il romanzo breve La storia scartata (Terre d'Ulivi Edizione). È uno dei promotori del neonato Manifesto “Cantieri del pensiero libero” gruppo creato con l'obiettivo di contrastare l'impoverimento culturale e le diverse forme di discriminazione e violenza razziale che si stanno diffondendo nel Paese.

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