Copertina: foto di Mariella Mehr
Questi versi vogliono essere un omaggio e un ricordo di Mariella Mehr, morta il 5 settembre a Zurigo, dove era nata il 27 dicembre del 1947.
Pubblicate su La Dimora del Tempo sospeso il 7/9/22 e l’11/10/2008:
Niente,
nessun luogo.
C’è ancora rumore
di sventura nella testa,
e sulla mappa del cielo
io non sono presente.
Mai è stata primavera,
sussurrano le voci di cenere,
sulla bilancia del linguaggio
sono una parola senza peso
e trafiggo il tempo
con occhi armati.
Futuro?
Non assolve
me, nata sghemba.
Vieni, dice,
la morte e un ciglio
sulla palpebra della luce.
**
Mettimi tra i centri,
come fossi una di loro
ancora incolume, non fuoco sulfureo
nient’altro che un istante sconosciuto.
Liberami dalla fame di memoria
spediscimi lontano senza messaggi
una volta almeno per la durata di una fitta al cuore
come la storia del fiore di nessuno.
Appoggia bene il tuo piede,
lungo le mie linee della vita
la pietra lucida ti serba rancore.
Le mie mani, una treccia di fiato,
non sanno niente dell’affidabilità
di radici con un domicilio,
derubate di ogni terra
conducono una vita d’aria.
Provvista di speciali garanzie,
che nessuno capisce, non
la mia ombra, non il mio
cuore, oggetto ritrovato,
così mi consegno, ancora goffa
a piedi migranti.
**
Verso la cappa magica
si è raccolto dello spirito
nella putrida Sodoma.
Niente mitiga la luce
isolata tra
i pensieri e la morte
una parte di me stessa
si dichiara un vegetale
nel fango
e aspetta paziente.
La cappa magica nel frattempo
protegge il mio dolore
senza il quale non ci sarebbe vita.
**
Non chiedere
non ordinare il pasto
perché i morti non si
fanno pregare
prendono un assaggio dalla ciotola del mai
e lo portano nel serraglio del cielo.
Raramente si trova lì dentro qualcosa di utile
ma di tanto in tanto una strada di luce,
un labirinto che, cercare di evitarlo
è quasi insensato.
A gruppi di urla,
si presentano un essere dopo l’altro
noi veniamo a capo dei loro nomi
non del loro futuro
non aiutano i canti.
Gli abiti da tempo strappati
ci rimettiamo al lutto del silenzio
e siamo quello che siamo:
un sorriso passato
**
Guardiamo separati nel mondo
ognuno incatenato alla sua ora
le nostre mani toccano una costellazione
per l’ennesima volta senza conseguenze
Nebbia avvolge quell’altrove senza sponde
nebbia si appoggia sulla mia spalla
diventa pesante, più pesante, diventa pietra
Una sola parola captata origliando
voglio estrapolarla e conservarla
perché resti indietro una ferita aperta
per mia consolazione, una strada dentro il domani
Bastava la speranza? E allora sperate con me
tutti voi soccombenti
Spera anche tu
cuore mio
un’ultima volta
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