La casa, di notte – Predrag Finci, trad. Božidar Stanišić

# Origine (1)

La casa, di notte

 

1.

 

Un anno fa mi sono trasferito di nuovo.

Ultima fermata, High Barnet. Il confine di Londra, limes. Sobborgo. Villaggio. Forse non lo sarà tra qualche anno. Ora lo è. È bello vivere qui adesso. Mirko Kovač nota che solo due appartamenti sono veramente importanti: il primo, dove cresciamo, e l’ultimo, dove finiamo la nostra vita. Ricordo il primo, mi sono abituato molto rapidamente a questo nuovo.

 

2.

 

Riccardo III. combatté la sua prima battaglia qui, sul Barnet, nel 1471, lassù, sopra la chiesa. Aveva solo diciotto anni. Vinse. Più tardi, nella sua famosa commedia, il grande scrittore lo denigrò; molti pensavano che Richard fosse proprio così. Vidi questa commedia di Shakespeare per la prima volta al cinema. Richard era stato interpretato dall’insuperabile Sir Laurence Olivier. “E ora l’inverno del nostro malcontento…” Riccardo fu l’ultimo della Casa di York, l’ultimo della dinastia dei Plantageneti, l’ultimo re inglese morto sul campo di battaglia nel 1485, all’età di trentadue anni. Il suo corpo è stato ritrovato solo pochi anni fa, sotto un parcheggio, nel luogo dove un tempo si trovava la chiesa, poi è stato nuovamente sepolto, questa volta con la dovuta pietà e cerimonie funebri, nella cattedrale di Leicester. La  squadra di football di quel luogo, l’eterna sfavorita, quell’anno vinse il campionato. Una pazza ha affermato di aver a volte sentito re Riccardo. Io non lo sento, si tranquillizzò; passa furtivamente verso il suo campo di battaglia, come un fantasma di notte, quando non c’è nessuno in giro.

 

3.

 

Un uomo famoso visse qui, là anche una famosa. Trevor Howard ha vissuto qui, nelle vicinanze, e ha girato dei film nelle vicinanze. Dicono che fosse migliore nel film La figlia di Ryan. L’ho amato in ogni film, per non parlare de Il terzo uomo, con cui avevo annoiato me stesso. “I miei studenti non saprebbero chi è”, mi dice Mladen, che da anni insegna musica da film in una prestigiosa università americana. E la fama dura per un po’. Le persone ricordano sempre di più solo ciò che è adesso, il passato esiste sempre meno per loro, non c’è ancora futuro, e forse, allo stato attuale delle cose, non ci sarà.

 

4.

 

La Chiesa di Giovanni Battista si trova nel punto geografico più alto della città di Londra. Una bella chiesa in pietra. La sua porta una volta è stata data alle fiamme da un pazzo locale. Poi è scomparsa. Forse con Riccardo III, una notte.

 

Scendo dall’autobus alla fermata vicino alla chiesa. Di fronte alla chiesa si trova il museo locale, dietro la chiesa c’è un piccolo parco dove, una volta all’anno, nel giorno della battaglia di Barnet, compaiono cavalieri e soldati, nelle uniformi di diversi eserciti, guidati da tre re e da due famiglie; combatterono per una corona. Così è scritto all’ingresso del museo locale.

 

Attraverso la via principale raggiungo la biblioteca, sempre piena di anziani che leggono ancora i giornali e parlano dei “classici”. Non lontano, negozi uno accanto all’altro, e nel fine settimana bancarelle con “vero miele”, curry indiano, “pizza originale” italiana (l’avevo provata, è davvero più buona di altre), costosi formaggi francesi, salsicce e vini. Preferisco andare in un negozio vicino dove il venditore è costantemente al telefono, e, ogni venerdì, senza chiedere, mette subito sul bancone il vino che vado a comprare. Vado anche in un bar dove la cameriera sta parlando con una conoscente, non può servirmi, poi all’improvviso mi sorride: “Come sta oggi?”; sull’autobus saluto tutti, ma non cerchiamo di conoscerci. Non ci sono miei “compaesani” in questo quartiere. Ho subito memorizzato i volti dei venditori, dei passeggeri degli autobus, dei poliziotti locali. Evito la gioventù il più possibile. Non vado più molto spesso al pub locale, ma quando ci vado, se mi siedo mi siedo, se bevo bevo, mangio qualcosa, spendo bene, quindi si ricordano di me, mi trovano un tavolo anche quando è il più affollato.

 

Scendo per strada dalla chiesa, posso anche prendere l’autobus, ma preferisco camminare. Una piccola casa, in essa il mio piccolo appartamento. A sinistra, una veduta del giardino, a destra il suono attenuato della campana della chiesa. Alla fine, riconosciamo in ogni cosa i segni di ciò che sappiamo, i segni della vita che nosi stessi eravamo. Ora vivo con la mia amata tra un ottimo e grande ospedale, quella chiesetta, di cui si sente appena la campana, e un piccolo cimitero dove c’è un sentiero che porta nel bosco. Tutto il resto di cui ho bisogno è vicino e lontano dal lampeggiare degli annunci pubblicitari e dall’ululare delle sirene della polizia. Saluto i miei vicini, alcuni molto cordialmente, chiedo loro come sta il loro animale domestico, Such a lovely dog, what a beautiful cat. Dalla finestra vedo un vicino che di notte esce dalla porta di casa, fumando. Non ci siamo mai incontrati, lo vedo solo dalla finestra. La sua solitudine mi è vicina. Anche la sua riservatezza.

 

5.

 

Molto tempo fa, ho visto il film The Devil’s Hand. Il ruolo principale del terrorista irlandese è stato interpretato da James Cagney. Le immagini del cielo in quel film mi sono rimaste impresse nella memoria. (Dove inizia il futuro sconosciuto?) Osservavo spesso le nuvole, ma non erano quelle che ho visto nel film. Il famoso studio cinematografico inglese Elstree è vicino a casa mia. Un gran numero di film sono stati girati qui. Forse anche le immagini del cielo in alcuni vecchi film, del cielo che cercavo.

 

Quando mi sono trasferito, prima della prima notte riconobbi il cielo di quel film. Vicino alla fine della mia vita ricevetti una ricompensa: il cielo che amavo e sognavo. Lo vedo dalla mia finestra. Il cielo dei miei film, dei sogni, delle navigazioni, il mio cielo. Lo trovai. Dal mio paese arrivai al mio cielo. Letteralmente. Non si tratta di simboli e metafore. La vita è molto più seria di questo fenomeno.

 

6.

Un giorno comparve in strada un signore anziano in abito scuro. Camminava lentamente, senza fretta, come cammina un uomo tranquillo in pieno giorno. Anche lui guardò verso la mia finestra, poi proseguì, determinato, sapendo dove stava andando. Non l’ho più visto.

 

A volte, di notte, una brezza. A volte piove. A volte niente. Silenzio, in cui passa il mondo che è silenzioso come se si vergognasse di scomparire, di non esserci più. Nella notte di luna piena, dal vicino cimitero, gli spiriti dei defunti fanno il giro dei luoghi dove un tempo abitavano, li ispezionano, ma non vi entrano più, anche se i loro nuovi abitanti sono in un sonno profondo. Scappano anche dalle volpi smarrite e dai gridi degli uccelli notturni, perché non vorrebbero avere  più niente a che fare con il mondo dei vivi. Prima dell’alba tutto tace, non si sente nemmeno un rumore. Poi, da lontano, una luce e un uccello annunciano l’inizio di un nuovo giorno.

Nota biografica e traduzione dal croato: Božidar Stanišić

 

 

Predrag Finci (Sarajevo, 1946), scrittore e professore di filosofia è stato impegnato, per un breve periodo, nella recitazione. Si è diplomato in  studi di drammaturgia (1969), poi ha studiato filosofia a Sarajevo e a Parigi (con Mikel Dufrenne) e a Friburgo (con Werner Marx). Ha conseguito il master nel 1977 e il dottorato nel 1981. È stato professore presso la Facoltà di Filosofia di Sarajevo fino al 1992. Dal 1993 vive a Londra, dove ha lavorato come scrittore freelance e visiting researcher presso l’UCL (University College London) fino al suo ritiro nel 2011). È membro della Società degli Scrittori della Bosnia ed Erzegovina, del  PEN della Bosnia ed Erzegovina (Sarajevo), dell’organizzazione Exile Writers Ink (Londra) e della Società Filosofica Croata (Zagabria). I suoi libri e testi sono stati tradotti e premiati. Ricordiamo, fra i suoi ventotto titoli pubblicati: Il discorso (1980), L’arte e l’esperienza dell’esistenza (1986); Una fonte di domande (1987); Su alcune cose secondarie (Sarajevo, 1990); Introduzione sentimentale all’estetica (2004); La natura dell’arte (2006); Azione e crimine: arte, etica e politica (2008); L’immaginazione (2009); Una breve e triste storia della mente (2016); Il beneficio della filosofia (2017); Il libro illustrato di emigrazione (2022). In italiano sono pubblicate le sue opere Il popolo del diluvio (2018) e La stazione e il viaggiatore (2022). Il suo libro Finché (2021), in cui, in modo acuto, lucido e a tratti spietato  ripercorre la sua vita a Sarajevo e Londra, suscita ancora un grande interesse dei lettori in Croazia e in Region (uno dei sinonimi per l’ex Jugoslavia).

 

Božidar Stanišić, nato a Visoko (Bosnia, 1956), è laureato in letterature degli slavi meridionali a Sarajevo. Insegna fino al 1992, quando fugge dalla guerra civile rifiutandosi di indossare qualunque tipo di divisa. Arriva in Italia e, aiutato dal Centro Ernesto Balducci, trova la residenza a Zugliano (Udine), dove con la famiglia vive tuttora. Dal 1993, quando è pubblicata la sua opera I buchi neri di Sarajevo (MGS press), poi uscita per i tipi di Bottega Errante, pubblica con regolarità libri di racconti, raccolte di poesie e recentemente romanzi (La giraffa in sala d’attesa, Bottega Errante 2019).

 

Nota e traduzione dal croato: Božidar Stanišić

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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