Non chiedermi – Farah Ahamed

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Non chiedermi

Non chiedermi il mio nome, chiedimi di dove sono, da dove vengo veramente, dove sono nata, perché ci sono nata e dove vivo ora e perché.

Non dirmi il tuo nome, o perché sei qui vicino al posto di blocco, nel bel mezzo di una catena montuosa, a vendere scarpe usate in un chioschetto dal tetto in rovina.

Raccontami invece di quella volta che stavi in mezzo a un campo a guardare il cielo notturno durante un temporale.

Lasciami ascoltare la cadenza della tua voce mentre spieghi come il fiore di Kikar sboccia solo in primavera e invitami ad annusarne il profumo.

Indica il cielo e descrivimi l’azzurro  intenso e profondo in piena estate.

Descrivi l’odore della terra sotto un noce dopo una notte di pioggia.

Mostrami l’albero e fammi ascoltare i merli indiani che vengono a cantare nell’ora tra il crepuscolo e il tramonto.

Portami alla pallida rosa  in piena fioritura e sfidami a dire che ho sentito un altro profumo altrettanto dolce.

Conducimi a un fiume impetuoso e lascia che mi lavi le mani nelle sue fresche acque.

Aspetta mentre mi sdraio sulla roccia per sentire il guizzo della corrente.

Fammi cogliere il tuo sorriso celato quando mi offri una tazza di tè.

Non dirmi il tuo nome. Siediti qui e sorseggiamo insieme la bevanda.

Non dirmi chi sei. Rimani in silenzio a sentire il riso dei bambini al ritorno a casa da scuola.

Permettimi di dare un’occhiata alla tua anima mentre stai di fronte alla montagna a recitare un verso del tuo poeta preferito, senza guardarmi mentre ti guardo.

Consentimi di conoscere te come potrei conoscere me stessa.

 

 

Don’t Ask Me

Don’t ask me my name, ask me where I’m from, where I’m really from, where I was born,
why I was born there and where I live now and why.

Don’t tell me your name, or why you’re here near the security checkpoint, in the middle of
the mountain ranges, selling second-hand shoes from a kiosk with a broken roof.

Tell me instead about the time you stood in the middle of a field watching the night sky
during a thunderstorm.

Let me listen to the lilt in your voice as you explain how the Kikar flower only blooms during
spring, and invite me to smell its fragrance.

Point to the sky and describe its deep, deep blue colour in the middle of summer.

Describe how the earth smells under a walnut tree after a night of rainfall.

Show me the tree and let me listen to the myna birds coming to sing during the hour between
dusk and nightfall.

Take me to the pink rose in full bloom and dare me to say I’ve smelt another as sweet.

Lead me to a rushing river, and let me wash my hands in its cool waters.

Wait while I lie on the rock and let me feel the current of the tide.

Let me catch your half-smile when you offer me a cup of tea.

Don’t tell me your name. Just sit here and let us sip our drink together.

Don’t tell me who you are.  Be silent so we can hear the children laughing on their way home
from school.

Allow me a glimpse into your soul as you stand facing the mountain, not looking at me
looking at you, and recite a line from your favourite poet.

Let me know you as I might know myself.

Per gentile concessione dell’autrice. Traduzione dall’inglese di Pina Piccolo.

 

 

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Farah Ahamed, avvocatessa per i diritti civili di professione  ha conseguito il Diploma in scrittura creativa presso l’Università dell’East Anglia. È nata in Kenya e attualmente vive tra Londra e Lahore. Al momento sta lavorando a una raccolta di racconti ispirati a Lahore. Il suo libro più recente, un’antologia uscita a giugno del 2022 è Period Matters – Menstruation in South Asia. ha ricevuto ottime recensioni

Scrive racconti che sono stati pubblicati su The Massachusetts ReviewComma Press e Kwani. Le sue storie sono accomunate da un senso generale di oppressione e di ribellione ed esplorano i modi in cui cultura, religione, politica e tribalismo limitano e determinano la vita lavorativa e le relazioni. I racconti sono ambientati nel periodo storico che va dai primi giorni dell’indipendenza dei Paesi dell’ Africa orientale al presente.

I suoi scritti abbracciano molti temi: identità, autodeterminazione, conflitti etnici/religiosi/di genere, fino alle relazioni e alle dinamiche familiari e cercano di sondare che cosa significa essere umano: ciò che ci distingue e ci unisce, come esseri umani.

Recentemente è stata selezionata per il Canadian CBC Books 2019 Short Story Award. È stata co-vincitrice dell’Inaugural Gerald Kraak Award ed è stata altamente elogiata al London Short Story Prize. I suoi saggi e racconti sono stati selezionati per il Thresholds Essay Prize, lo Screen Craft Prize, il SI Leeds Literary Prize, il DNA/Out of Print Award e il The Asian Writer Short Story Prize. È stata nominata per i premi Commonweaalth Writers,  Pushcart e Caine.

Immagine di copertina: Opera grafica di Mubeen Kishany.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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