La Linea Gustav di Nino Iacovella (Il Leggio 2019)

La Linea Gustav COP1

Nota per essere la principale linea difensiva tedesca sul fronte dell’Italia meridionale, la linea Gustav (o Winter Line), si estendeva dalla foce del fiume Garigliano, confine naturale tra sud e centro Italia sul versante tirrenico, alla città di Ortona, sull’Adriatico, a circa 25 km a sud di Pescara. Il suo fulcro strategico era rappresentato da Cassino e dalla sua abbazia.

Il fiume Sangro è raggiunto dalle truppe alleate nel novembre 1943 e la città di Ortona alla fine del dicembre successivo, dopo intensissimi combattimenti. Questo piccolo centro, bombardato per mesi dagli Alleati, quasi completamente evacuato dalla popolazione, sfollata altrove, e praticamente raso al suolo, sarà definito la “Stalingrado d’Italia” per i combattimenti che vi si svolsero, casa per casa.

Sul fronte tirrenico, la Gustav cadde solo nel maggio 1944. In quello stesso periodo i reparti Alleati, sbarcati ad Anzio nel gennaio precedente, riuscirono finalmente a passare all’offensiva. Tra lo sfondamento della Gustav e la liberazione di Roma (4.6.1944) passarono meno di venti giorni.

È raro e soprattutto non facile senza cadere nella retorica o nella banalità, scrivere in versi di quei maledetti 18 mesi che vanno dal settembre 1943 ad aprile 1945 in cui l’Italia fu spaccata e violentata, l’Italia degli sfollati, della fame e delle bestiali stragi nazifasciste o degli incessanti bombardamenti alleati, come a Guardiagrele (Ch), paese natale del poeta. Qui una bomba anglo-americana finì su un tunnel dove erano rifugiate 40 persone e nella deflagrazione, vennero uccisi in 15. L’ordigno non risparmiò nemmeno due bambini. Altre 14 persone, trovarono poi la morte in altre zone del borgo.

In questa raccolta, che è un viaggio nei luoghi delle proprie radici, Nino riesce a creare col lettore un senso di compartecipazione, di umana vicinanza prim’ancora che ideologica o politica, con quei giovani poco più che ragazzi e con quei vecchi che tutti i giorni lottavano per la sopravvivenza propria e dei propri affetti, vittime casuali della barbarie di tutte le guerre.

Linea Gustav è anche il passaggio del testimone degli ideali di libertà e di democrazia dal padre-poeta ai propri figli, attraverso un viaggio fisico-temporale a Guardiagrele. Nino Iacovella sceglie in modo preciso e puntuale per i suoi versi parole piene e senza fronzoli o abbellimenti, in questa raccolta poetica che potrebbe essere definita quale una sorta di iniziazione all’età adulta, l’età delle scelte e delle responsabilità, l’età dove sapere da che parte stare, anche se spesso ciò significa dolore o solitudine.

 

 

Vorrei cambiare nome agli inverni

tenendo più stretto il ricordo del freddo

il gelo nelle dita dei soldati

 

Veder sparare ancora i tedeschi

a denti serrati dall’alto del muraglione

con occhi che spezzano a vivo

la coda inerme degli sfollati

 

E cercarvi lì, tra i vecchi a coprire le madri,

le madri come rifugi per sagome minute

(tra il seno e la spalla, insenature

come porti per piccole teste

spaurite nella burrasca)

 

Sul paese come un’ombra la linea Gustav,

tracciato d’inchiostro sulle rovine,

il confine tra chi si butta a terra

prima o dopo lo sparo

 

**

 

Nel momento della ritirata tra le lenzuola

con i corpi arrotolati che si sciolgono l’un l’altro

tra le pareti lisce, alte come barricate,

la finestra è un’incursione della notte

che mostra la prospettiva d’assalto

 

Quando è il momento di chiudere la persiana

la rotazione del cardine mi dà ragione, sgrana

come i denti dell’obice puntato sulle nostre vite

 

Il sogno di mio padre è un’allerta:

fai scorte di viveri,

ti raggomitoli in posizione fetale

 

Come se un bombardamento finisse,

siamo stesi con le mani intrecciate

e le bocche a mordere il cuscino

 

Questa notte, se la mia presa sarà forte

più lunga di un abbraccio,

è perché ho sognato che ti tenevo a stento

mentre i colpi di mortaio sibilavano in aria

 

Vedevo l’ospedale da campo che si allontanava,

sembrava irraggiungibile: eri ferita come mio padre

e io non volevo lasciarvi morire

 

**

 

Ancora bambine erano le madri

a tracciare i sentieri di neve:

un rosario di passi sopra una coltre di terra,

la carcassa di una vacca

aveva il sapore della carne sprecata

 

Tra le grotte si trincerava l’inverno,

un freddo più lungo del silenzio

rimasto annegato nell’acqua

 

Per tutti l’incubo della guerra

non si disfaceva mai nei risvegli, e i pensieri

non erano mai così distanti dai sogni

 

**

 

Incursione aerea del ’43

 

Questa terra accorcia i respiri,

reclama i passi dei vivi a piedi nudi

come se non dovessero avere peso

per stare qui, calchi sull’erba

destinata a sfarsi

 

È il sottosuolo della lapide

dove crescono ancora radici

come braccia

 

Nell’eterno crollo del rifugio stanno i corpi

tra gli strati di memoria, rannicchiati come bulbi

che stentano a rinascere

 

Per questo siamo noi a sentire

il freddo del silenzio,

e baciamo il marmo con le dita

come per toccarvi

 

**

 

Tregua

 

Cessata la battaglia ognuno spala

sul proprio versante dei sopravvissuti

Il percorso della carne pulsa ancora

di sangue e sudore

 

Apre uno strato di gemiti e volti

aggrappati alla stessa supplica

 

E già un nodo riprende alla gola

fa mancare fiato alle braccia

 

Il tempo di trovare una lama

che scavi tra le facce

e separi le voci

 

**

 

La poesia non può cambiare l’ordine

del dolore

 

Quella polvere non si poserà altrove,

piuttosto ricuce addosso la presenza

delle lapidi, insinuando al funambolo

che osa lo sguardo oltre la corda

che sovrasta le proprie rovine

 

Cercare ricordi, tra i muri anneriti

e le case abbandonate, noi tra le notti ancorate

con le unghie che vanno a fondo

ai bordi del materasso, avessimo visto i volti,

le madri tra i vuoti delle stanze,

avremmo un taglio più vistoso al collo

e come parole un filo di voce

 

Per questo lanciamo solo segnali di fumo

da posti sicuri e abbandonati

 

e se apriamo nascondigli

nutriamo un vuoto di formaldeide,

un lascito di brace che toglie il respiro

 

Lasciamo tepore, ma con parole di cenere

dopo ogni bivacco

 

**

 

Anchelei Iacovella

(Anchelei)

 

C’è un taglio di luce e polvere dentro la stanza

i miei genitori, le voci che tornano

a riempire il vuoto dei ricordi della mia infanzia,

che mi dicono: guarda questo signore

è il cugino di tuo padre che vive nell’altitalia

 

A chiamarsi Anchelei ci voleva coraggio,

uno dei tanti nomi di famiglia

da indossare come buffi vestiti per i nuovi nati,

nomi in bilico tra lo scoppio di una mina

e l’imbarazzo di trovarsi nello scherno

di una sonora risata

 

Nato prematuro, di notte, tuo padre si sorprese

rincasando tardi a casa

“Piacere, anche lei a casa mia”

E Anchelei Iacovella fu il tuo nome

 

E poi la guerra arrivata a bussare alle nostre porte spalancate

 

Li hai tenuti tu, sotto lo sterno, i colpi dei bombardamenti?

Li hai custoditi tu, sull’orlo delle notti, i sentieri della montagna?

 

Si Anchelei, tanti anni dopo la tua scomparsa,

sfogliando l’elenco dei nomi dei partigiani della Brigata,

non avrei mai immaginato di incontrare… anche lei,

insieme alla foto in divisa, un ragazzo

dal viso pulito, timido

 

E ho pianto

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Foto autore

Biografia:

Nino Iacovella è nato a Guardiagrele nel ‘68. Ha una formazione socio-economica. Ha riesordito in poesia nel 2013 con Latitudini delle braccia (deComporre, Gaeta). Del 2015 è la plaquette La parte arida della pianura (Edizioni Culturaglobale, Cormons). Suoi testi sono apparsi nel progetto editoriale Di poesia e psicanalisi. L’indicibile sottratto al nulla, Città del Sole Edizioni, 2018. Ha curato insieme a Sebastiano Aglieco e Luigi Cannillo l’antologia poetico[1]critica Passione Poesia – Letture di poesia contemporanea (1990-2015) Ed. CFR, Milano, 2016. È tra i fondatori e redattori del blog di poesia Perigeion, un atto di poesia. Vive e lavora a Milano.

Riguardo il macchinista

Bartolomeo Bellanova

Bartolomeo Bellanova pubblica il primo romanzo La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo) nel dicembre 2009 ed il secondo Ogni lacrima è degna (In.Edit) in aprile 2012. Nell’ambito della poesia ha pubblicato in diverse antologie tra cui Sotto il cielo di Lampedusa - Annegati da respingimento (Rayuela Ed. 2014) e nella successiva antologia Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela Ed. 2015). Fa parte dei fondatori e dell’attuale redazione del contenitore online di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com. Nel settembre’2015 è stata pubblicata la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus). Ė uno dei quattro curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi Edizione – ottobre 2016), antologia di testi poetici incentrati sulle migrazioni. Nell’ottobre 2017 è stata pubblicata la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi Edizione), edizione contenente un progetto fotografico di Aldo Tomaino. Co-autore dell’antologia pubblicata a luglio 2018 dall’Associazione Versante Ripido di Bologna La pacchia è strafinita. A novembre 2018 ha pubblicato il romanzo breve La storia scartata (Terre d'Ulivi Edizione). È uno dei promotori del neonato Manifesto “Cantieri del pensiero libero” gruppo creato con l'obiettivo di contrastare l'impoverimento culturale e le diverse forme di discriminazione e violenza razziale che si stanno diffondendo nel Paese.

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