Lettura delle migrazioni attraverso i testi poetici (Samuele Rizzoli)

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3.2. Lettura delle migrazioni attraverso i testi poetici

 

 

 

Analizzando la poesia migrante dei viaggi della speranza, nei testi raccolti in questa sede[1], si delinea un fenomeno letterario che risponde direttamente agli eventi di cronaca dei fatti del Mediterraneo. Gli eventi di cronaca diventano i temi cardine sui quali il discorso poetico si costruisce facendo della scrittura una poesia civile che mira a conferire significato alla realtà. Infatti, i contenuti delle poesie riescono a delineare una narrazione delle migrazioni nel Mediterraneo che pone l’attenzione e si sofferma su singole fasi, aspetti e momenti che costituiscono il viaggio, facendone temi poetici ricorrenti. In questo senso pare esserci, da parte degli autori, l’intenzione di rendere le raccolte un diario di viaggio, che riassuma le tappe principali, tanto fisiche quanto interiori, del percorso tragico dei viaggi della speranza. Come afferma Donato Di Poce, il mare evocato diventa così anche «l’anima dei poeti», le loro poesie «zattere d’inchiostro».[2]

Sotto prospettive diverse e forme di linguaggio molteplici, si delineano dunque aree tematiche che corrispondono a quelle che sono i momenti salienti e maggiormente simbolici dell’esperienza migratoria, fra queste la disperazione come motivo delle fuga, lo scafista come emblema della criminalità del traffico clandestino, Lampedusa come luogo di frontiera, il centro di accoglienza come «lager moderno» e ancora, i respingimenti, i naufragi e le morti in mare, unitamente alla carica di dolore e sofferenza che li contraddistingue.

Ripercorrendo i temi presenti all’interno del materiale poetico è possibile rintracciare il valore narrativo e sociologico degli eventi rievocati dagli autori e indagare quindi i viaggi della speranza sotto una prospettiva che, parallelamente all’analisi critica delle fasi migratorie, descrive di esse l’aspetto più profondo e umano. Rispetto alla mera narrazione dei tragici eventi di cronaca, la poesia riesce infatti a fornire un’interpretazione capace di rappresentare l’umanità nella sua condizione migratoria ineludibile, suggerendo così una continua comprensione delle migrazioni contemporanee attraverso uno sguardo volto al passato.

 

 

 

3.2.1 L’archetipo mitico del migrante

 

 

 

Il verso poetico tende a raccontare l’esistenza dei migranti trascendendo il contesto storico e geografico, aprendosi ad una riflessione esistenziale che ampia la veduta su un’umanità che per sua natura è migrante. A questo proposito, si nota come molte fra le poesie esaminate rievochino storie e personaggi della mitologia, a sottolineare come da sempre il movimento migratorio sia una dimensione ontologica dell’uomo stesso. Ecuba ha smesso di piangere[3] di Sebastiano A. Patanè Ferro, Antigone in Apulia[4] di Brenda Porster, lo scafista paragonato al personaggio di Caronte[5], e ancora la figura di Teti, delle ninfe divine, di Enea, di Talos[6], quella di Laocoonte,[7] ricorrono ed esemplificano questa tendenza.

Emblematica è la poesia Una storia europea: genesi del sorriso sardonico di Guy Fawkes[8] di Pina Piccolo, nella quale la stessa storia d’Europa e la sua mitologia ritornano, a proposito delle migrazioni contemporanee, a creare un parallelismo tra l’antichità mitica e il presente. Il mito greco del rapimento della fanciulla Europa, da parte di Zeus, «Torello genuflesso», riportano alla visione di un continente che ha orgine in Africa ed è «propaggine d’Asia», «nipote di Libia». Riedizione del mito che descrive l’attuale storia dello spazio mediterraneo come flusso di popoli verso un’Europa ora più che mai «rinchiusa», «atterrita dall’arrivo dell’Altro», «guardia delle sponde». Così i movimenti delle genti, «trascorsi i milleni», continuano a generare conflitti e paure, il migrante torna ad essere «l’altro», «clandestino antico» e il suo arrivo «incursione timorosa».

 

E il candido Torello genuflesso

La trafugò, gentile donzella

Chinata ad accarezzare il muso

Del mansueto animale

Figlia di Teti e di Oceano

Sorella di Asia, nipote di Libia

A nulla servirono urla accorate

A nulla valsero gesti

Febbrili invocanti aiuto

Veloce come il lampo

Scivolando sulle onde

Del mare di mezzo

Possente il Toro la trascinò

All’isola di Creta

E quivi

In guisa di aquila

Di lei consumò possesso

Sorella di Asia, la dolce ninfa

Che inconsolabile di separazione si dolse

vi fu chi (più tardi)

La disse di lei propaggine

Ponente estrema

Europa rinchiusa nella sua isola

Femmina matura

Genitrice di futuri re e di giudici degli Inferi

Atterrita dall’arrivo

Dell’Altro, forse i Sardi

D’incursioni timorosa

Implorò Efesto di forgiare

Un fido servitore di bronzo

A guardia delle sponde

E dal metallo nacque Talos

Progenitore della stirpe degli automi

Trisavolo del ribelle Golem

Gigante di pietra

[…]

Talos, l’Incandescente

Si lanciava contro chi verso le sponde

Allungava il braccio

E stringendoli al petto li bruciava

Contorcendo la bocca per il dolore

Quei clandestini antichi

Le labbra atteggiavano a sardonico riso

Trascorsi millenni

Riconfiguratesi innumerevoli volte

Le terre di Asia, di Europa e di Libia

Ora il radar Elm-2226

Novello Talos

[…]

Copiosi scaccia

Figli di Asia e di Libia

E senza impronta di riso

Alle patrie galere li condanna.

[…]

Si rivolta congiunta l’odierna prole di Europa

E di Asia e di Libia

Sulle tracce di inverni

Che profumano di calicanto

E di primavere possibili

E di nuovi e di vecchi mondi

Oltrepassando audace e fiera

Le colonne d’Ercole alla ricerca

Di una storia che non sia

La solita fetida nei millenni tramandata.[9]

 

 

Tra mitologia e presente, le migrazioni diventano viaggi di uomini coraggiosi e disperati, richiamo all’archetipo fondante della cultura occidentale classica, per cui il viaggio rappresenta l’esperienza formativa per eccellenza. Emblematico è il personaggio di Ulisse, mitica figura del viaggiatore e dello straniero, ricordato da Chambers come riferimento fondante della cultura dell’Occidente e come tale paradigma della storia a venire:

Se Ulisse è la mitica figura del viaggiatore e dello straniero con cui quella storia (europea) ha inizio, è ancora con la figura del viaggiatore e dello straniero che questa storia continuerà.[10]

 

Tramite il contrasto retorico tra il migrante contemporaneo, povero e disprezzato, e il personaggio mitico di Ulisse, eroe universale, la poesia produce un cambio di prospettiva nel concepire le migrazioni. Il clandestino, metafora dell’eroe contemporaneo, intraprende e incarna il viaggio della memoria e del desiderio verso una patria senza nome e un mondo senza confini.

Tale concetto è bene espresso nella poesia Campo Profughi[11] di F. Ferraresso in cui il clandestino è rappresentato come l’Ulisse contemporaneo:

 

[…]

ulisse senza nome che non ha Itaca o sposa

che chiede diritto d’asilo

e vuole prendere il mare e se lo guardi lo trovi

moltiplicato in tutte le facce

due milioni o sei milioni di clandestini.

 

La figura di Ulisse è inoltre utilizzata dai poeti per ricordare una condizione universale che non riguarda solamente i migranti, ma è avvertita dal poeta stesso come condizione esistenziale di estraneità, di esilio dalle brutture e crudeltà del mondo circostante. Come ricorda Donato Di Poce, nell’introduzione all’antologia Clandestini, clandestino è anche il poeta «alle prese con le proprie contraddizioni, diversità, con il proprio destino e la propria rete di relazione con gli altri e con il mondo», mondo dal quale si sente costretto a prendere le distanze, del quale si proclama esule.

 

 

 

3.2.2 Viaggi delle speranza tra passato e presente, emigrazione e immigrazione

 

 

 

Ad un passato remoto epico, corrisponde in parallelo la rievocazione lirica di un passato storico recente. Si narrano le storie dei viaggi in mare mostrando infatti come le migrazioni siano sempre state, nel corso della storia, segnate da sofferenza ed ingiustizia. A questo proposito le parole di Chambers ricordano come appunto una riflessione sulla storia delle migrazioni mostri che

 

gli immigrati di oggi, per quanto spesso temuti, disprezzati e vittimizzati dal razzismo, sono il ricordo storico del fatto che il Mediterraneo, ritenuto l’origine dell’Europa e dell’Occidente, è sempre parte di un’altrove; proprio come le sue storie, le sue culture e le sue genti (compresi 27 milioni di italiani) che hanno incessantemente abbandonato i suoi lidi per altri luoghi.[12]

 

Qui emerge ancora una particolare attenzione all’area mediterranea come spazio rappresentativo, al di là delle coordinate di tempo e luogo contemporanee. Insomma «emigrare, immigrare, trovarsi in esilio e spaesati, non è una questione recente, poiché investe tutto l’arco della modernità, dal momento della scoperta del Mondo Nuovo all’arrivo dei motoscafi sulle coste nordiche del Mediterraneo di oggi».[13]

Il ricordo, in particolare, dell’emigrazione italiana viene tipicizzato dal pensiero poetico, come momento di impriscindibile paragone per una compresione critica dei viaggi della speranza. Il riferirsi costante all’emigrazione italiana è volto a sottolineare la perdita della memoria storica di un popolo, quello italiano, che per un secolo intero ha lasciato la propria terra in cerca di migliori prospettive di vita.

Prima che l’Italia divenisse porta d’Europa, i «clandestini» che scappavano erano proprio gli italiani, i cui viaggi erano anch’essi viaggi della speranza, per cui, come ricorda Gian Antonio Stella[14], si era «stivati in terza classe», in condizioni terribili di «miseria e degrado igenico, sanitario e morale».[15] Una vera a propria «emigrazione di massa» quella che dal 1876 al 1915 vede i migranti italiani prendere il mare su imbarcazioni allora definite vascelli della morte, che pur avendo una capienza di 700 persone, salpavano con a bordo più di 1000. Emblematico fu il caso della nave Matteo Buozzo che, nel 1884, «fu respinta dalle autorità del porto di Uruguay siccome durante il viaggio era scoppiata un’epidemia che aveva seminato morte e contagiato 1333 disperati».[16] A questa emigrazione, tanto simile a quelle attuali, corrispose già allora la produzione di versi fra i quali quelli di Edmondo De Amicis nella poesia Gli Emigranti del 1882, nei quali le condizioni del viaggio descritte appaiono drammaticamente attuali:

 

 

[…] Ammontichiati là come giumenti

sulle gelida prua mossa dai venti

migrano a terre ignote e lontane

laceri e macilenti

varcano i mari per cercar del pane.

Traditi da un mercante menzognero

vanno, oggetto di scherno allo straniero

bestie da soma, dispregiati iloti

carne da cimitero

vanno a campar d’angoscia in lidi ignoti. […][17]

 

 

 

Viaggi della speranza, quelli dei migranti italiani che in massa partirono senza la certezza di arrivare a destinazione e dei quali numerosi furono i casi di naufragi, come quello dell’Utopia nel 1891 nei pressi del porto di Gibilterra dove furono 576 gli emigranti italiani a morire, altrettanti nel naufragio del Bourgogne nel 1898 nei pressi della Nuova Scozia, 550 nel naufragio di Sirio nel 1906 sugli scogli della costa spagnola di Cartagena, e ancora il Principessa Mafalda, nave ammiraglia della flotta mercantile italiana che naufragò il 26 ottobre 1927, «calata a picco col suo carico di poveretti a 90 miglia da Rio de Janeiro, provocando 657 morti».[18]

La poesia esprime dunque la consapevolezza che «l’emigrato di ieri, che partiva da Genova per approdare a Buenos Aires, e l’immigrato di oggi, che lascia Dacca per ritrovarsi abbandonato in una spiaggia pugliese, sono separati nel tempo ma unificati nella stessa storia».[19] Come confermato nelle liriche di La storia è caduta[20] nelle quali F. Ferraresso si esprime con le parole: «la guerra è oggi», nonostante «tutto fu ieri», a sottolineare come la storia che si annoda nel Mediterraneo, venga a perdersi. Dimenticata è la sua orditura e l’esito di quei tanti viaggi e migrazioni succedutisi nel tempo per cui ciò che accade oggi è già accaduto e, differentemente dalla coscienza degli uomini, la storia lo ha registrato.

 

[…]la storia dice con chiarezza quando e cosa

successe e succede.

In tutti i tempi del tempo la storia si succede.

 

In questa prospettiva, i migranti, protagonisti di tutte le epoche diventano «nostri fratelli migranti» come nella poesia di Lucia Guidorizzi[21] dove si legge «noi che eravamo voi / voi che eravate noi», formula di sintesi di una condizione collettiva. Le diverse popolazioni divengono il linguaggio geografico autentico della storia biologica comune, sedimento di ogni etnia trascorsa e presente ora nel nostro sangue.

Condizione collettiva che rivela l’ingiustizia delle migrazioni, paradossalmente rimasta invariata nel tempo anche a causa, come nel caso italiano, di una piccolezza di sguardo, fondato sulla negazione della memoria del passato migratorio. A questo proposito, significative sono le parole di Anna Antolisei nella postfazione dell’antologia Clandestini, che sottolineano la volontà poetica di fare in modo che l’Italia possa riacquisire tale consapevolezza, tornando

 

a saldarsi alla sofferta tradizione dei nonni emigranti, ne riprenda e ne rivaluti il ricordo affievolito facendo così ammenda, se mai è possibile, all’arroganza di chi, tra i padri immemori, nega al clandestino – ora e qui – ciò che già gli fu negato un tempo, altrove, in un drammatico e rimosso déja vu.[22]

 

 

[1] Oltre al materiale comparso online (a.l.m.a blog, El-ghibli), si fa riferimento alla seguenti pubblicazioni (in ordine cronologico): Donato Di Poce, Clandesitni, A cura di; Erri De Luca, Solo Andata. Righe che vanno troppo spesso a capo; Fabiano Alborghetti, L’Opposta riva; Walter Cremonte, Respingimenti, Faloppio (CO), LietoColle, 2011; Fernanda Ferraresso, Maremarmo, Faloppio (CO), LietoColle, 2014; centomila poeti per il cambiamento, Sotto il Cielo di Lampedusa – Annegati da respingimento,; Giulio Gasperini, Migrando.

[2] Donato Di Poce, prefazione di Clandesitni, p. 3.

[3] Sebastiano A. P. Ferro, Ecuba ha smesso di piangere, in Sotto il cielo di Lampedusa, p. 13.

[4] Brenda Porster, Antigone in Apulia, Sotto il cielo di Lampedusa, p. 39.

[5] In Erri De Luca, Sei voci; in Andrea Cavaliere, E’ una chiglia fradicia di sogni; In Pina Piccolo, Una storia europea: genesi del sorriso sardonico di Guy Fawkes.

[6] Pina Piccolo, Una storia europea: genesi del sorriso sardonico di Guy Fawkes. Comparsa su A.L.M.A. blog il 6.12.2013, link: https://collettivoalma.wordpress.com/2013/12/06/una-storia-europea-genesi-del-sorriso-sardonico-di-guy-fawkes/.

[7] Pina Piccolo, Mediterraneo 2008: Primo capo di accusa, comparsa su A.L.M.A. blog il 9.11.2011, link: http://collettivoalma.wordpress.com/2013/11/09/mediterraneo-2008-primo-capo-daccusa/ .

[8] Pina Piccolo, Una storia europea: genesi del sorriso sardonico di Guy Fawkes.

[9] Pina Piccolo, Una storia europea: genesi del sorriso sardonico di Guy Fawkes.

[10] Iain Chambers, Paesaggi migratori, Cultura e identità nell’epoca postcoloniale, cit., p. 107.

[11] Fernanda Ferraresso, Campo profughi in ead, Maremarmo, p. 16.

[12] Iain Chambers, Migrazioni, Modernità e il Mediterraneo, in Paesaggi migratori, Cultura e identità nell’epoca postcoloniale, cit., pp. 131-150: p. 107.

[13] Ivi, p. 109.

[14] G.A. Stella, L’Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, Milano, Rizzoli, 2002, p. 8.

[15] «Defecano per terra come maiali» in G.A. Stella, L’Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, p. 63.

[16] Ivi, p. 70.

[17] Edmondo De Amicis, Gli Emigranti, (1882).

[18] Dati tratti dal sito del Museo Nazionale dell’emigrazione italiana, L’emigrazione di massa (1876 – 1915),< http://www.museonazionaleemigrazione.it/museo.php?id=5&percorso=2>.

[19] Iain Chambers, Migrazioni, Modernità e il Mediterraneo, in Paesaggi migratori, Cultura e identità nell’epoca postcoloniale, cit., pp. 131-150: p. 45.

[20] Fernanda Ferraresso, La storia è caduta in Sotto il cielo di Lampedusa, pp. 120-121.

[21] Lucia Guidorizzi, Ammarati in Sotto il cielo di Lampedusa, p. 99.

[22] Anna Antolisei, Clandestini, nota di lettura.

 

Capitoli dalla tesi di laurea inedita, “Una chiglia fradicia di sogni – naufragi mediterranei e poesia”

 

 

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Samuele Rizzoli, nato nel 1992, cresce in provincia di Bologna ma la musica, la letteratura e i viaggi lo portano spesso lontano (da casa). Ricercatore spirituale, ogni aspetto della vita è riconducibile all’amore per Dio, il fine ultimo dell’esistenza, ed è proprio questa indagine estatica a mantenerlo impegnato tra le Lettere e la Musica. In contemporanea allo studio della meditazione Bhakti yoga e a quello delle Musica Elettronica presso il Conservatorio di Bologna, nella stessa città si laurea in Lettere Moderne con una tesi in Sociologia della Letteratura riguardante i contemporanei viaggi della speranza nel Mediterraneo. Al momento iscritto alla facoltà di laurea magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche, sogna di riuscire un giorno a porre la propria vita interamente al servizio d’ideali di pace, giustizia sociale e amore.

Foto in evidenza di Melina Piccolo.

Foto dell’autore a cura di Samuele Rizzoli

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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