La voce di Apollo di Massimo Salvati (Ensemble 2021) Selezione a cura di Bartolomeo Bellanova

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La raccolta di esordio di Massimo Salvati, si compone di testi scritti tra il 2019 e l’estate 2021, in piena crisi pandemica, che non si percepisce dai versi, se si esclude l’accenno nella poesia di apertura “Sorge nel chiaro inverno / la fosca svuotata Bologna”. Il titolo che cita Apollo e la dedica iniziale “Poesie per Elena” potrebbero far immaginare a una raccolta di poesia d’amore, pulsioni, struggimenti o altro. Leggendo le poesie di Massimo emerge, invece, un approccio non convenzionale con una storia d’amore in cui Apollo, Dio dell’Amore, diventa apollo “il più fatuo tra gli dei olimpii, il più vanesio, il meno significante…uomini di bella prestanza, con occhi a mandorla e aperti come finestre (ossia non vedono né dentro né fuori), larghi di spalle, stretti di vita, e di un’inutilità perfetta”, citando Alberto Savino (La nuova enciclopedia, 1977), che torna più volte nella raccolta a demarcare snodi e significati.

Il nostro autore, demistificato l’Apollo classico, si snuda uomo di oggi, con tutte le sue insoddisfazioni, ricerche del senso del rapporto amoroso (se un senso ce l’ha), sul quale si interroga in diversi testi.

La visione che ne emerge non ci consegna facili speranze; ma, al contrario, il ricchissimo suono del nihil / tra dosi di sangue e flauto, nihil” che rimanda al Libro dell’Ecclesiaste nel quale l’autore biblico afferma l’angosciosa monotonia delle cose umane, nel quadro della loro generale vanità: “vanitas vanitatum omnia vanitas” (vanità delle vanità, e tutte le cose vanità), anche detto comunemente “nihil sub sole novi” (niente di nuovo sotto il sole).

Angosciosa monotonia che non si traduce in terrore ad affrontare la cruda realtà della vita per come si presenta, perché Spiritus durissima coquit (letteralmente: “lo spirito digerisce solo le cose più dure”; nel significato più ampio: un valoroso cuore ha la forza di smaltire ogni grave ingiuria), scrive Salvati, che non nasconde la testa sotto la terra, ma, come lo struzzo rappresentato nel simbolo del citato motto rinascimentale, corre verso nuovi giorni e nuove esperienze.

 

La proiezione della propria assenza

– lezione autoritaria del passato

Esposizioni, transiti differenti

– porta la traccia della scrittura.

Nei fili intrecciati intorno guarda

l’immagine scorrere. Rincorri la traccia

oppure resta fermo. Osserva lo scorrere

nell’infinito divenire.

 

Che cosa resta?

 

Della mia festa non molto –

delle vostre mica tanto.

Di sicuro coriandoli, tanti

otturano le tubature ma poi

sfociano nel nostro mare.

Quel che desideravo dirti se n’è andato

e io non posso guardarti in faccia.

Come potrei alzare il volto dalla traccia, non posso,

non ho coraggio, ma ascolta. Sta cantando

dall’altra parte il vicino Felice

una vecchia canzone popolare.

È il suo turno.

 

Che cosa arriva?

 

Le rotaie dei treni diventano

sottili fili che legano

sotto una spessa coperta d’acciaio

la nostra turistica vita.

Avviso ai viaggiatori di evitare contatti

tra sguardi e parole ma testa bassa.

 

Il ricchissimo suono del nihil

tra dosi di sangue e flauto.

***

 

9

Hai scritto un messaggio

insolito. Separazione di

scienza coscienza dentro la

conoscenza di te. Sussurri nel buio

la formula della tua idea. La tua persona

goffa e piccola abita a Venezia o

per qualche strana via sobborgo. Sfibro

come il laccio della scarpa in acqua di mare e

si corrompe tutto ma continuo e

guardo alla tua benedetta costa. Il tempio

di antichi tesori sepolti esplorati

tutte le notti.

***

 

13

Tutto, ma quanto ci pensi?

Regna nell’altro bosco una quercia

che conosce i tuoi peccati, se peccati

abbiamo. Dopotutto

dopo tutto quello che hai passato

non so se giudicare è permesso.

Devo consiglio chiedere alla… niente, ma

perché ancora disturbo i miei pensieri per

noia, o sonno, o disprezzo o semplice

genialità. Ma putrida la vedo questa mia

piccola povera cosa che non torna e

rimanda sempre. Non sai dove la troverò,

tu non lo farai. Non arriverai alla fonte della mia

paludosa pelle grigia, la vischiosità

ci rende salvi ma lascia questa mia pelle

– Lascia tutto –

Fammi attraversare in silenzio la costa e

arriveremo entrambi nel grande prato

sui monti. Non fare tardi o io non ti

troverò. Aspetto il corriere mi consegni

a casa, una spruzzata di neve.

***

 

18

Nel momento in cui mancava

la tua calma

la bava mucosa dell’universo

ci unisce, ma tu guarda l’avvolgente cumulo

di ricordi e io non so se

ridere e non so se piangere e non so

se perdere la cura di se stessi sia

permesso o vietato.

Dovevi avvolgere così quella tua

città vecchia. Dal primo giorno per vie borghi

all’ultimo metro di vita mi hai

chiuso dentro. Sprangare le porte,

dentare chiavistelli, cicatrizzare uscite.

Non sei più libero mi hai detto, non sei più

niente e sei solo questo. Una voce del tempo

leggera le pareti risale. Trasudano coscienza ed è

la muffa del ricordo.

***

20

Il cielo è sempre più grigio

40126,

quante sigarette ho fumato

su questo balcone sospeso sul vuoto

con dentro l’eterno che non parla

che non chiama ma cambia e resta.

Non ho più un nome proprio.

Inserire nuovi dati.

E non mi parlare di collettivo

e del nostro chiamarci fratelli, voi grigi

quante sigarette avete fumato

su questo balcone sospeso sul vuoto

con dentro l’eterno che non parla,

prima di me chi? Se non voi grigi

corpi scappati al massacro, la storia

vi ha risparmiato, la dea fortuna

protetto nei letti a dormire e la mattina a fumare

come me su questo stesso balcone

su questo stesso balcone

quante sigarette ho fumato

su questo balcone sul vuoto

con dentro l’eterno che non parla

e non chiama ma crepa e muto afferma

il silenzio dei valori è servito

diventiamo rapaci sul corpo nostro.

La nostra mente contemplativa

rosario dell’essere

l’ho nascosta. – quella tua statua unica

non più rara sotto le gambe

***

 

23

La linea della nostra rovina. Il vortice

si abbatte sul capo abbassato che guarda

la terra, il pavimento scotta ma è solo la

tubatura ferrosa fiamma blu alta. Potremmo morire tutti.

In qualsiasi momento posizione

saprebbero trovarti. Tu corri via, nella casa

della mia estate forse ma non partire

senza pesi ai fianchi.

Porta tutti i ricordi che puoi:

schiaccia stringi stropiccia e comprimi. Vai via,

il tirocinio termina.

Proprietaria del mio nome.

***

 

25

L’amore sui volti si imbestia

dietro ogni finestra. Ed io non so

come spesso accade cosa rimanga del male

che presto ci morde e con lui

i macigni compagni. Venticinque anni e non c’è

strada che porti alla tua gioia. Io sono cieco

e inquieto e tu giri con un volto

dietro ogni finestra. Un mormorio che sostituisco alla voce di

Dio.

Strane filastrocche e un sorriso rapiscono

uomini e barche.

***

 

Ho deciso di farla finita infinite volte

coi selciati. E di ogni ombra, immagine fregio

adornati alle tue belle

sponde mentali su cui io per un po’

– ogni tanto per sempre – troverò rifugio.

La spiritualità nella tua

presenza mi rende migliore e sciocco

a pensare che questi siano i versi che chiudono

l’intenso paragone, il resto che divide.

E tu sei come me nel ricercare

l’origine, nel sedare le ingiurie interiori.

Spiritus durissima coquit [1].

Ognuno butti giù

– solo –

la propria parte di vita.

 

[1] lo spirito digerisce le cose più dure. Il motto che attornia il simbolo di uno struzzo che corre, logo della rivista fiorentina “La cultura” rilevata da Giulio Einaudi, risale agli anni attorno al 1570. – ndr]

***

 

La voce di Apollo

Questa immensa fatica del fare e

disfare ogni cosa e poi cascare

a terra disteso e supino sott’ogni colpo accolto.

Non ribattere. Restare in ascolto. Immaginare

– che mentre ridi lui ti possa abbracciare,

mentre ascolti lunghi dialoghi con occhi

mezzi chiusi, un sorriso stanco dipinto

sul volto, le gambe accavallate, la mano percorre

le curve e setaccia un corpo

‘guarda comincia a gemere’ scoperto.

Nel mistero della follia in testa o

in mezzo alle gambe

spalanchi la tua fame. Un sussulto

e le cosce aperte. Lui di pupille

dilatate da un dolce terrore scopre l’estasi

del tradimento verso ciò che eri.

Un aut aut tra ateismo e religione.

Perdono e rancore. Odio e amore.

Nell’alba sorge la solita terra. Di questa arsa

steppa non resta che il tuo sottile filo bianco

colante di rugiada fresca. Da lacrime

o dalla cenere aspetto sempre che cresca. Che ancora

germogli nel mio giardino.

 

Ma forse

sono solo un altro Apollo

che muove la ruota della mondanità nell’avvenire.

Una tradizione esile di giganti

buffoni regge in punta di piedi.

Foto Massimo Salvati ph Frolloni

Biografia:

MASSIMO SALVATI è nato a Cosenza il 20 aprile 1996. Si è laureato con lode in Italianista e Culture Letterarie Europee e sta conseguendo un master in Project Management. Svolge attività di Ufficio Stampa per Industria&Letteratura. È direttore della rivista di divulgazione culturale Palin magazine, collabora con Lo Spazio Letterario di Bologna e scrive sul blog Almapoesia. Nel 2021 ha pubblicato la sua prima raccolta di di poesie da titolo La voce Apollo (Ensemble), segnalato nella Classifica di Qualità della rivista L’Indiscreto. Insegna italiano e latino al liceo.

Foto: Riccardo Frolloni

Riguardo il macchinista

Bartolomeo Bellanova

Bartolomeo Bellanova pubblica il primo romanzo La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo) nel dicembre 2009 ed il secondo Ogni lacrima è degna (In.Edit) in aprile 2012. Nell’ambito della poesia ha pubblicato in diverse antologie tra cui Sotto il cielo di Lampedusa - Annegati da respingimento (Rayuela Ed. 2014) e nella successiva antologia Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela Ed. 2015). Fa parte dei fondatori e dell’attuale redazione del contenitore online di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com. Nel settembre’2015 è stata pubblicata la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus). Ė uno dei quattro curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi Edizione – ottobre 2016), antologia di testi poetici incentrati sulle migrazioni. Nell’ottobre 2017 è stata pubblicata la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi Edizione), edizione contenente un progetto fotografico di Aldo Tomaino. Co-autore dell’antologia pubblicata a luglio 2018 dall’Associazione Versante Ripido di Bologna La pacchia è strafinita. A novembre 2018 ha pubblicato il romanzo breve La storia scartata (Terre d'Ulivi Edizione). È uno dei promotori del neonato Manifesto “Cantieri del pensiero libero” gruppo creato con l'obiettivo di contrastare l'impoverimento culturale e le diverse forme di discriminazione e violenza razziale che si stanno diffondendo nel Paese.

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