Islam e Occidente a confronto.
L’esempio di Tariq Ramadan, un ponte tra due culture
Tra i tanti nomi che prendono parte al sempre più acceso (e delicato) dibattito sulla questione dell’Islam e della presenza dei musulmani in Europa emerge quello di Tariq Ramadan, intellettuale, filosofo e autore di copiosi testi e articoli. Svizzero ma egiziano di origini, egli concretizza il proprio impegno intellettuale nel tentativo di rendere possibile una pacifica coesistenza tra musulmani e non nello spazio occidentale e, in particolare, in quello europeo.
Il suo nome è legato al movimento dei Fratelli Musulmani attraverso la figura del nonno materno, e questo ha fatto sì che egli desti sospetti, specie tra i leader politici più conservatori e tra non pochi giornalisti. La critica odierna su questa figura è non a caso divisa: c’è chi legge in lui un uomo capace, attraverso la sua predicazione, di “islamizzare” l’Europa, e c’è chi, invece, sottolinea la sua professione di cultura democratica. Oggetto di critiche sia in Europa, lo spazio in cui è nato, si è formato, ha studiato e tuttora vive, sia tra i musulmani, che lo accusano di essere “troppo europeo” e di non aderire fedelmente ai precetti dell’Islam, egli ha comunque non di rado giocato un ruolo di “ponte” tra due realtà, quella musulmana da un lato e quella europea dall’altro. I numerosi testi e articoli da lui composti ben esprimono il suo pensiero e il suo tentativo di favorire l’incontro tra queste due culture. In To be a European Muslim (1998), tradotto in italiano con il titolo Essere musulmano europeo (2002), Ramadan osserva che, benché la loro presenza sia oggi piuttosto consistente, i musulmani in Europa continuano a vivere un sentimento di estraneità, legato al fatto di essere spesso definiti stranieri, diversi o addirittura fondamentalisti. Ciò per lui rende difficile la coesistenza con i non musulmani e la pratica stessa della religione. Allo stato attuale, due sono gli scenari che l’intellettuale svizzero intravvede allora: il primo è che i fedeli dell’Islam sono portati a definire la religione con tono apologetico e passivo, come “ciò che essa non è”; il secondo, che essi tendono a cancellare la propria specificità di musulmani per divenire il meno visibili possibile.
Abile osservatore della società a lui circostante, Ramadan individua tra i musulmani residenti in Europa un senso di “perdita di identità”, conseguenza di quel sentimento di estraneità da loro vissuto nello spazio occidentale che li porta a cancellare la propria specificità di musulmani. Questa situazione – scrive in Maometto. Dall’Islam di ieri all’Islam di oggi (2007) – li spenge a descrivere l’Islam solo come un insieme di precetti, prescrizioni e divieti. È invece importante, sostiene Ramadan, superare questa concezione dell’Islam come passiva ripetizione di gesti rituali e recuperare il senso di una fede attiva. Solo così i musulmani in Europa potranno mostrare il contributo che l’Islam può offrire all’Occidente e all’Europa, e definire se stessi sulla base dei valori di solidarietà, di giustizia, di amore e di rispetto che costituiscono il senso dell’essere musulmani. Affinché si possa costruire una vera e propria “identità musulmana”, per Ramadan è necessario che i musulmani occidentali ed europei declinino quest’ultima secondo i valori e i principi dominanti nel contesto nel quale essi vivono e che mostrino di condividerli, perché l’”identità musulmana si alimenta dell’ambiente circostante”.
Vi è anche un altro testo in cui Ramadan si dedica il progetto di proporre un’”identità musulmana” che guardi a Occidente, in grado di valorizzare l’impatto con una cultura diversa: L’Islam in Occidente. La costruzione di una nuova identità musulmana (2006). Qui lo scrittore ginevrino impone ai musulmani d’Occidente e d’Europa di rifuggire un atteggiamento vittimista, che potrebbe solo complicare la situazione, e li invita ad adottare un percorso riformista che non allontani né dell’Islam, né dal mondo moderno. Questo perché “Islam” e “Occidente” non possono più essere percepite come unità monolitiche, ed è dunque per lui necessario che proprio quei musulmani che vivono in Occidente assumano un ruolo attivo e propositivo nel dialogo con i non musulmani.
L’importanza di Tariq Ramadan sulla scena intellettuale contemporanea è dunque notevole: egli, infatti, si pone l’obiettivo di rendere possibile una coesistenza tra musulmani e non nello spazio occidentale ed europeo. Ai musulmani egli vuole dimostrare come sia possibile vivere in Occidente e in Europa rispettando le istituzioni e i principi su cui si fondano le democrazie dei vari paesi occidentali, senza rinunciare alla fedeltà all’Islam e alla propria dimensione intima. Ai non musulmani egli suggerisce di recuperare quella “pedagogia del cuore”, quella dimensione della fede, del raccoglimento intimo, del contatto con la natura che essi sembrano aver dimenticato, perché “le vere risposte esistenziali sono più spesso quelle del cuore che non quelle dell’intelligenza”. Egli, cioè, si impegna a rendere possibile un dialogo non già con “l’altro”, quanto piuttosto con se stessi, come individui che condividono gli stessi valori universali di amore, fratellanza e rispetto per il prossimo. Una strada lunga, certo, ma non impossibile.
Giulia Venturini è una studentessa in Scienze Orientalistiche presso la Facoltà di Lettere di Bologna. Già laureata in Lingue e Letterature Straniere, ha un grande passione per il mondo arabo in tutti i suoi aspetti: lingua, poesia, narrativa, cultura e tradizioni. Mostra anche particolare interesse per le lingue straniere e la narrativa, ma anche per i fatti della contemporaneità e per i viaggi. È nata a Ferrara nel 1994, città in cui tuttora risiede.
Immagine in evidenza: Foto di Veronica Vannini.