2 – L’ARTE DI VIVERE A GAZA – Somaya El Sousi

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Per vivere in una città senza sogni, una città ricca di malumori e completamente dimenticata, una città in cui chi entra si smarrisce e chi se ne va è destinato a una nuova vita, si deve apprendere l’uso di numerose tecniche di sopravvivenza. Dopo questo apprendistato, come individuo, si sarà in grado di armonizzarsi con il paradigma che governa tutto nella città.

Il primo strumento da affinare è la capacità di interagire con il tempo. Non intendo dire che il tempo sia così importante in questa città. Al contrario: a Gaza c’è un grande surplus di tempo, che devi sapere consumare o eliminare  in ogni modo possibile, perché non ci sono appuntamenti importanti che ti vincolano al tuo programma, e non esistono tempi particolarmente sacri o che vanno rispettati. Tutto è possibile in qualsiasi momento e sta a te ammazzare il tempo come meglio credi. Quindi o rimani prigioniera a casa tua, o sul posto di lavoro o in qualunque luogo che conosci e che ti conosce, o escogiti altri modi per ammazzare il tempo. Però alla fine, qualunque cosa tu faccia ti porterà allo stesso risultato: la notte poserai la testa sul cuscino avvertendo un senso di assoluta futilità. Non sarai in grado di trovare nulla a cui pensare se non fuggire da te stessa, il sé che si chiede costantemente fino a quando ? E cosa farai domani ? E come trascorrerai il resto della tua vita ?

La seconda capacità è quella di dimenticare la parola “futuro” o cancellarla completamente dal tuo vocabolario, perché non significa nulla quando si scontra contro la realtà in cui vivi. Non puoi contemplare cosa farai tra un’ora, per il semplice fatto che ci sono tanti cambiamenti in cui non hai voce in capitolo e che avvengono alla velocità della luce; così potresti cadere preda di un proiettile vagante che ti colpisce in casa o per strada, un proiettile di cui nessuno conosce l’origine. L’abbondanza di proiettili di questi tempi è tale  che essi vagano con una libertà senza precedenti al punto che la tua vita potrebbe finire con assoluta semplicità e potresti diventare solo un altro numero, l’ultimo nome aggiunto alla lista delle vittime dell’uso casuale di armi da fuoco. Forse ti viene in mente di andare da qualche parte, e mentre sei lì che ti prepari le strade della città vengono chiuse davanti a te con massi, barricate e pneumatici in fiamme. Cerchi una ragione logica per tutto ciò che vedi, chiedi alle persone intorno a te, ma nessuno ha alcuna risposta, quindi rinunci al tuo programma e ti accontenti di restare dove sei. Ad esempio, mettiamo che ti venga l’idea di completare un progetto, beh, scoprirai che ci sono moltissimi fattori che ne ritardano il completamento: blocchi stradali, una completa mancanza di prodotti commerciali e persino l’assenza di un mercato potenziale per la tua idea, in modo che ritorni sempre al punto di partenza, tutto finisce come ogni altra idea che hai mai avuto in precedenza, e ti accontenti della tua realtà inalterata, esattamente così com’è, e non prendi nemmeno in considerazione di cambiare nulla.

Una delle altre capacità di cui ti devi obbligatoriamente munire, se vivi a Gaza, è la capacità di ignorare le cose – di ignorare tutto . Devi essere in grado di non provare alcun senso di colpa o rimorso qualunque sia lo scenario a cui sei esposta. Quindi potrebbe capitare che una persona venga uccisa proprio davanti ai tuoi occhi, o che un’auto salti in aria, potrebbe scoppiare una violenta rissa tra due famiglie, o che un gruppetto di alunni si azzuffino mentre tornano a casa tirando fuori le pistole e agitandosele in faccia, l’uno contro l’altro. Tutte queste scene devono passarti davanti agli occhi senza suscitare un tuo minimo pensiero, sul perché siano accadute, o come, o chi è la vittima; devi adempiere al tuo dovere di rimanere calma e in silenzio, accontentarti di mormorare qualche parola che nessuno potrà capire, e tornartene da dove sei venuta, come se non fosse successo  assolutamente nulla.

Tante tecniche che nessuno conosce tranne te, tu che vivi in ​​questa città, perfezionandole ogni giorno, perdendo la tua umanità, te stessa, la tua stessa sostanza. Diventi così abile in quest’arte che ti trasformi in un numero o in un albero. O forse sei diventata un essere senza alcuna relazione con nient’altro, un essere obbligato a riempire la sua giornata in qualsiasi modo immaginabile, in modo da permettere l’inizio ancora una volta di un altro giorno, apprestandoti a perdere ancora quel poco che ti rimane.

Traduzione dall’inglese di Pina Piccolo, per gentile concessione dell’autrice,. Prima pubblicazione nel sito transcript http://www.transcript-review.org/en/issue/transcript-33-gaza/somaya-el-sousi

 

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Somaya El Sousi (1974)  è una poeta palestinese di Gaza. La sua raccolta d’esordio The First Sip of the Sea’s Chest è del 1998, seguita poi da altre quattro. Le tragedie quotidiane della guerra, dell’assedio e altre forme di oppressione contro i palestinesi sono inevitabilmente rispecchiate nella sua poesia. La sua ultima raccolta si intitola Flute of Darkness.

 

 

 

 

 

Immagine di copertina: Foto di Gaza City scatta a marzo del 2021 da Ahmed Masoud.

 

 

 

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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