“Sogno 1”, da “La rivoluzione dei tarli” (Prospero 2018) di Lucia Grassiccia

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Sogno #1

All’orizzonte compare questa torre bagnata dal mare. Bella, di sana costituzione. La pietra delinea disordinati i suoi profili, la pietra irruvidisce solo guardata. Uno strato di macerie incolori giace sul lato nord. Sono secoli che l’acqua corteggia le fondamenta di questa torre di aria spagnola, affiancando i passi degli uomini, delle donne, di bambini a caccia di giochi vietati.

E nessuno sa.

Cosa c’è dentro la torre?

Risata contenuta.

Cosa c’è dentro la torre?

La torre raccoglie gli sguardi del circondario, per esempio quello del Passante Solitario. Occupa il cielo come fosse cielo lei stessa, ma si potesse scioglierla nel mare ogni bagno sarebbe denso e santo. Ha un ritmo così sorprendente, l’onda fredda sui suoi fianchi, che un tremolio attraversa di riflesso chi la guarda. Suoni soffusi, questi d’acqua, e alla torre è sufficiente l’immobilità per provocare frastuoni.

Il Passante Solitario osserva il mare finire e il punto dove inizia l’interno è smarrito. L’interno è lo spazio che fuori non sopravvive. Il Passante Solitario domanda spiegazioni ai mattoni: da un lato si affacciano su mare e nuvole, dall’altro sul nero dell’interno. I mattoni d’ignota pietra, presi uno per uno, servono a poco e sembrano uno identico all’altro; accostati si fanno involucro possente, barriera permeabile alle sole sottigliezze del vento. Intorno alle mura il pavimento è un cumulo di cocci e pietre spaccate. A ogni passo si rischia la caduta.

Il Passante Solitario penetra nel bastione per esserne protetto, si confonde tra il nero. Non si vede più mani né braccia, si cerca e nuota nel buio. Lì al centro dell’edificio è come al nucleo di un uovo, niente e nessuno può avvistarlo. Il Passante Solitario a essere sinceri non passa più, vaga in un ritaglio di pavimento. Dopo aver percorso alla cieca i corridoi freschi, dopo aver incontrato il legno delle porte tastando schegge, il Passante Solitario si percepisce finalmente al riparo dalle esposizioni che potrebbero sottrarlo a se stesso. Anche il mare ora sembra molto distante, malgrado la vastità dei suoi respiri.

Il Passante Solitario non è certo di ricordare da dove sia entrato, quali e quante direzioni abbia intrapreso, è talmente protetto che non rischierebbe di perdersi né di muoversi in libertà. Proprio sul suo corpo fragile la torre si abbatte, non perché crolli ma per il solo fatto di costituire un così ampio interno. Al suo corpo impedisce decisioni risolute, a quel suo corpo ingenuo che non chiedeva altro che del bene, fosse anche di trascurabile qualità. Il Passante Solitario non si è certo chiuso lì per timore di qualcosa in particolare, forse un po’ di tutto, se mai.

Il solo interno della torre tuttavia è inutile per difendersi dai nemici che giungono dal mare, giacché li rende invisibili. L’esterno si cela, l’interno si cela. Così, il Passante Solitario appura che riconoscere il nemico è solo la fase successiva all’averlo intercettato.

La porta è valicabile ed è scomparsa. Il Passante Solitario non ricorda più come mai si trovi nella torre, molte cose la sua memoria ha rilasciato. Doveva forse solo perdersi nella protezione, per quanto credeva invece che in essa si sarebbe rincantucciato, e può darsi che corra il rischio di essere morso.

Adagio, Passante, che duri un soffio.

– Ma insomma, il Passante Solitario allora che ci faceva lì?

– Credeva di essersi perso e invece era in casa sua, la riconobbe da quella calda fusione tra odore e temperatura. Fu lui a distanziarsi dal suo spazio fino a credere che lo spazio, lo spazio fosse un altro.

– Che ci faceva a casa?

– Dormiva. Pare fosse precipitato nel sonno come un sasso al suolo, come in seguito a una veglia lunga un mese.

– Quindi la torre è la casa del Passante Solitario?

– Esatto. Quando si scosse dal sonno il Passante Solitario dovette però accertarsi, toccando con le dita, del suo giaciglio. Era come appena nato, proprio il risveglio fu il suo smarrimento.

– E dunque?

– E dunque, a dirla tutta, il Passante Solitario non passava fuori dalla torre, poco fa, ma dentro. Di passaggio e in casa propria. E ora, che è il buio in ogni lato, si perde. Ha tutti i muscoli contratti manco fosse fatto d’un muscolo solo. Non ha mai trovato l’ingresso, sta cercando l’uscita (l’uscita finalmente).

Lucia Grassiccia da BUGU

Lucia Grassiccia è nata a Modica (RG) nel 1986. Ha studiato all’Accademia di belle arti di Catania, dove ha fondato e diretto il webzine sperimentale Hzine con un gruppo di colleghi. Ha pubblicato due romanzi con Prospero Editore: La rivoluzione dei tarli (2018) e Elevator (2013). Sempre per Prospero fonda e gestisce la rubrica web Letteratura Espressa: racconti nel tempo di un caffè. Suoi testi sono presenti in antologie edite da DeComporre, Rayuela e Fara, per cui è stata anche giurata per concorsi di narrativa. Collabora con Artribune dal 2011. Arteterapeuta di professione, vive a Milano e nel 2015 ha contribuito a fondare l’associazione Germogli.

Immagine in evidenza: Collage di Basseck Mankabu.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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