Quello che successe veramente in Calabria – Parte II, Irene De Matteis

Riace immondizia

Tutto cominciò con un messaggio su Facebook

“ciao Irene, come sei messa con la seconda parte del viaggio in Calabria? usciamo il primo gennaio e dovrei avercela entro tipo il 20:-)))”

 

Disconnetto Internet.

Lo sguardo non può direzionarsi, allargarsi o distrarsi fuori.

Ma si possono sempre inventare nuove distrazioni; cerco la complicità del divano, sta vuoto e accogliente davanti a me, che occupo una sedia di questa lunga tavolata che può ospitare 10 persone, anche 14 che si stringano un po’. Mi sembra tutta una questione di spazi. Ho scritto molto in questo periodo ma non so se possa occupare lo spazio del viaggio in Calabria.

Dove eravamo rimasti? Come il fiore che si fa spazio, dalla valigia aperta si affaccia l’impulso al viaggio. Fra gli abiti di scena un pensiero profumato… “dove vogliamo andare?”

 

Io sono andata a Berlino. Da emigrata qua parlare di quello che è successo. Veramente dice.  Questa estate, in Calabria. Parlare di Riace? delle lumache? di Lamezia e Placanica? della modernità? Oppure di questa mia sosta nel ripostiglio in un alte bau, ovvero una vecchia costruzione, in una zona che si chiama Wedding. Mi sembra di essere piccina e giocare a nascondino. Aspettando di essere trovata sto fra l’aspirapolvere, la scala, un costume del 700, due bagagli a mano…  ma continuando l’esplorazione con lo sguardo verso l’alto ecco che ne appaiono ben tre, quattro, cinque bagagli a mano, uno per ogni inquilino! più due zaini da viaggio jolly: sempre  pronti a partire, a volare, ecco la modernità; mica con il  ciuco da una vetta a un’altra passando per la  bruma, la luna e la saggina. Adesso puoi scegliere con un click di cercar fortuna altrove, senza concentrarti sui problemi socio-politici-economici del tuo paese di origine, senza concentrarti sull’origine.

Il ripostiglio è un luogo caldo e mi aiuta a concentrarmi. Berlino è un luogo freddo ed è molto alta la possibilità di distrarsi, offre un’alternativa ai desideri di tutte le persone che per un motivo o un altro sono arrivate qua, c’è spazio per le emozioni di tutti, dunque anche per me. Ma l’origine puoi decidere di non farla sedere al tuo tavolo, puoi scacciarla dal piatto,  mai dal sangue. E questa vecchia costruzione qui a Berlino è vecchia quanto quella casa con il tetto coibentato che volevamo comprare a Riace. Mi sembra tutta una questione di concentrazione.

 

Oggi in metropolitana guardavo i cittadini europei intorno a me. Un bimbo era nel pieno di un capriccio feroce, e tutti intorno si sforzavano di non partecipare, dissimulavano indifferenza, una forma di ostinata discrezione. Questo atteggiamento che conosco molto bene, questo atteggiamento che in Aspromonte ha creato un mantra dalla forma concisa e precisa

“Fatt i’ cazz’ toi”.

 

Pina doveva andare in Aspromonte.

No, non è l’inizio di una réclame di un amaro digestivo. È quello che stava per accadere. Ancora non sapevamo che di lì ad una telefonata anche noi saremmo dovuti andare in Aspromonte. Mi pare che questa storia mostri l’eterno enigma della necessità e della libertà. Uno è libero di accorgersi della scelta necessariamente più giusta e a volte gli imprevisti obbligano il libero arbitrio. La nostra giusta scelta è stata accompagnare Pina in Aspromonte e rimanere qualche giorno lì.

Intanto la pancia di Marco cresceva al ritmo delle rosticcerie visitate e una sera mentre si agganciava la camicia buona, l’unica, insomma, l’abito di scena, gli ho suggerito di lanciare la moda di abbottonarla  solo fino allo stomaco, per poter mostrare la pancia che si stava coltivando con soddisfazione. Bene, voi non ci crederete, penserete che mi prenda una libertà fantasiosa al fine del racconto, ma 2 giorni dopo abbiamo incontrato uno che la moda l’aveva già adottata: Il farmacista dei pressi di Reggio. Ormai non curante della sua pancia superba, invadente, animata da un rantolo irregolare, era uno che da molto tempo, evidentemente, si faceva sempre e solo  i cazz soi e che dimostrava d’altronde che non è vero che le cose nel Sud si muovano così lentamente.

 

Ma insomma, cosa collega l’Aspromonte, la pancia di Marco a quella del farmacista di Reggio ed il mantra? Lo volete sapere? Allora ve lo dico: quella cagna randagia, quella cagna che stava bella e tranquilla in mezzo alla strada, quella cagna che ha morso la mano di Pina.  Quella cagna a cui sono stati sottratti i suoi figli e che adesso, in nome del suo dolore, si difende con l’aggressione. Mi sembra un’altra immagine da trickster rant…   (potremmo metterci un link al tuo pezzo qui?) la nostra Pina che si avvicina, pure con cautela, senza imporre la mano dall’alto, si avvicina in pace, con la mano sotto il muso ma zac! la mano è stretta in quella morsa, mano vittima di una creatura a sua volta vittima.

Così, partendo dal bar di Gambarie, passando per la guardia medica di Santo Stefano, fino ad arrivare al Pronto Soccorso di Reggio, davanti a quella mano morsa e sanguinante, venendo poi a conoscenza dell’avvicinarsi di Pina alla cagna, l’intimazione è sempre e solo, perentoriamente, stata questa:

“Fatt i’ cazz’ toi”

Quella mano di Pina che tanto ha scritto e ancora scrive, mostra il dolore dello stato nazionale e già questo di per sé è un atto incauto.

 

Io voglio andare in quel luogo dove  non vi è indifferenza a creare vittime e violenza. E voi?

 

Per accedere alla prima parte di questo scritto cliccate sul seguente link http://www.lamacchinasognante.com/quello-che-successe-veramente-in-calabria-giovani-toscani-on-the-road-parte-prima-di-irene-de-matteis/

 

Ireneinferriata

Irene De Matteis Laureata in filosofia del linguaggio, si appassiona ai meccanismi della comunicazione in vari ambiti: la scrittura, la fotografia, il linguaggio corporeo. Alla sua formazione giovanile di danzatrice acrobatica unisce successivamente lo studio del teatro gestuale, continuando però ad esplorare la danza contemporanea. Si specializza in interventi che utilizzano l’arte in spazi ed ambiti non convenzionali (supermercati, uffici postali, stazioni ferroviarie, la strada) e nella ricerca di un incontro fra varie discipline. Attualmente mediatrice artistica a Firenze in “Notte di qualità”, progetto pilota in Italia, già attivo a Parigi e Berlino. Lavora inoltre come pedagogista teatrale e attrice/danzatrice in produzioni di teatro danza ed interventi performativi. http://irenedematteis.wixsite.com/creattiva  e http://www.nottediqualita.it/portfolio_page/mediatori-artistici/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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