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Sono la nomade notturna
il piede che danza sul ciglio
di una parola la zampa che scava
la sua tana fino alla radice primitiva
delle ossa – un covo – la fossa che sconfina
però nel bianco – a specchio –
un aperto forse dove a ben guardare il fondo
fa capolino dietro al rigo un’anima
come all’inizio e alla fine di una pagina.
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Tana era a falde la roccia
punte d’ossa e muscoli in tensione
nel balzo in avanti nel tempo
della pietra nel sangue
d’istinto un lupo per esempio
ecco quel che abbiamo perso
la prima vera pelle – la sola che ci salva.
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Gastone 89 anni. Vive a Malcontenta nella campagna veneta.
Ha orto, galline e una vigna. Ora ha anche Frosia
la sua nuova badante russa.
Una signora ancora piacente di mezza età.
Per Gastone è colpo di fulmine e non passa giorno
che non manifesti la sua passione. Giorno o notte.
– Vieni Frosia, vieni a dormire con me!
Staremo bene insieme io e te! –
– Su dormi, io sono qui per lavorare
e tu mi devi rispettare. Ricordatelo Gastone! –
Una volta in piena notte – Aiuto aiuto! – grida.
Frosia si precipita nella stanza spaventata.
Lui è lì nudo e in piedi che l’aspetta.
– Vergognati! Io dovrei fare l’amore con te? Con cosa, con quello?
Grande un dito e due palle così grosse!
Torna a letto subito e non fartelo ripetere! –
Intima Frosia con aria veramente minacciosa
e voce ferma come si fa con un bambino
che l’ha combinata proprio grossa.
Frosia si reca ogni giorno in ospedale
dove Gastone è stato ricoverato per una polmonite.
Il medico dice che è grave.
L’ultimo giorno della sua vita la accoglie con un sorriso
mai visto prima – Che c’è? – lei chiede incuriosita.
– Ho fatto un sogno bellissimo! – esclama
– Ah sì e quale, dimmi Gastone? –
– Ho sognato che facevamo l’amore Frosia! –
– Davvero! È stato bello, dimmi sono stata brava? –
– Oh sì Frosia bravissima! Mi sei saltata addosso come una capretta! –
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Amor mundi
Amor mundi nella luce per coordinate circolari
benedice il gesto rifiuta la guerra
a contrasto di conquista e violenza
alla cieca più feroce e guasto
per stupro di bellezza
il male all’apice con volto d’uomo
fallisce però dove l’ultimo presidio
di luce reclama giustizia
per lo sforzo terso per questo stare
malgrado e diverso nel gesto
gentile che del pane buono
del giorno in parti uguali divide
quello che resta.
di Fabia Ghenzovich, poesie ed edite ed inedite, per gentile concessione dell’autrice
Fabia Ghenzovich è nata a Venezia dove vive. È interessata alla poesia e alle sue possibili interazioni e contaminazioni con i linguaggi dell’arte e in particolare con quello musicale, come nel caso di “Metropoli”, testi musicati in stile rap (terza classificata al poetry slam- libreria Marco Polo. Venezia 2016). Ha pubblicato libri di poesia: “Giro di boa” (Joker edizioni 2007), “Il cielo aperto del corpo” (Kolibris 2011) e in ebook su Larecherche 2016, “Totem” (Puntoacapo Editrice 2015). Ha partecipato alla prima Biennale di poesia “Officina della percezione” (premio Lorenzo Montano 2004 a Verona). Ha ricevuto premi a concorsi di poesia: secondo premio per la silloge inedita al concorso Guido Gozzano 2009, terzo premio al concorso nazionale poesia scientifica Charles Darwin 2014, finalista al Premio Astrolabio 2014 per silloge inedita, secondo premio Anna Osti 2016. È inserita in numerose antologie tra le quali: “Blanc de ta Nuque” – uno sguardo dalla rete sulla poesia italiana contemporanea – a cura di Stefano Guglielmin (edizioni Le Voci della luna 2016) e nel Tomo II° “Il Fiore della poesia contemporanea” (Puntoacapo editrice 2016). Ha partecipato a numerosi festival e incontri di poesia tra i quali: Thousand poets for Change (Bologna, 2013-2014), Festival Internacional Palabra en el Mundo (Venezia 2013 e 2016), Arts’ Connection (Murano 2015 e Venezia 2016).
Foto in evidenza di Simbala Desilles.
Foto dell’autrice a cura di Fabia Ghenzovich.