“Essere una donna nera significa resistere e sopravvivere sempre” Omaggio a Marielle Franco

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Marielle Franco

Marielle Franco, la mia consigliera assassinata

15 marzo 2018

di Cecília Oliveira per The Intercept

 

“Spari nei pressi di rua do Matoso, in Praça da Bandeira #TirosRJ #FogoCruzadoRJ”.

 

Ho postato questa notizia su Fogo Cruzado [Fuoco Incrociato] alle 21.36 di mercoledì. Fogo Cruzado è un’applicazione, a cui mi dedico da due anni, che monitora l’andamento di sparatorie e colpi d’arma da fuoco nella regione metropolitana di Rio de Janeiro.

Poco dopo il post, sono iniziati i messaggi su Whatsapp. 21.15: “Hanno appena ucciso una consigliera del PSOL e il suo autista. Angolo fra Rua do Matoso e Rua João Primeiro”. 21.52: “Hai contatti nel PSOL?”.

Mi sono paralizzata e ho pensato: “Merda. Il PSOL ha una sola consigliera. Non può essere Marielle. Era dal vivo su Facebook poco fa”. L’evento in cui era dal vivo era appena finito. Stava andando a casa. Ho attivato i miei contatti in polizia e stampa finché non l’ho saputo: sì, era Marielle. Assassinata a 38 anni da individui che hanno sparato dall’interno di un’auto affiancatasi alla sua nel centro di Rio de Janeiro. Sono stati almeno nove colpi. È stato ucciso anche l’autista, Anderson Pedro Gomes. Un’assessora è stata ferita dalle schegge e poi soccorsa.

È la terza volta che notifico uno sparo su Fogo Cruzado diretto a una persona che conosco. Due di loro sono morte. Due di loro erano del Complexo da Maré[1].

Avete mai partecipato alla veglia funebre di una persona assassinata? È terribile. Le grida addolorate, le richieste di giustizia. Una giustizia che raramente arriva.

Ho conosciuto Marielle poco dopo essermi trasferita a Rio, circa dieci anni fa, proprio nel quartiere in cui era nata e di cui era tanto orgogliosa – Maré – il primo posto in cui ho lavorato, rimanendoci quasi 3 anni. Lei lavorava dando supporto alle vittime di violenza. Un lavoro iniziato dopo aver perso un’amica, vittima di un proiettile vagante in una sparatoria fra poliziotti e trafficanti del quartiere.

Quando Marielle ha deciso di candidarsi alla carica di consigliera nella città di Rio, non ho avuto dubbi: il mio voto era per lei. La conoscevo personalmente e seguivo il suo lavoro da anni. Nessuna esitazione. Ricordo il giorno dello spoglio, gli amici nel quartiere di Lapa, il cellulare in mano per aggiornare continuamente l’app delle elezioni.  Marielle ha incassato 5mila, 6mila, 10mila, 15mila voti. Era incredibile. Ha chiuso a 46mila voti. Un’elezione storica. Una cosa rarissima: una donna nera, abitante della favela eletta consigliera a Rio.

Ricordo la sua prima misura: proporre un progetto di apertura notturna degli asili comunali. Sapeva bene a che ora le madri di periferia rientrano a casa. Ho pensato: “il mio voto è servito”.

Marielle se n’è andata. Sapete quante foto di Marielle morta vedo ogni giorno? Decine e decine, da ogni angolazione, condivise sui social networks, immagini con sottotitoli come “tutta bucata”. La banalità del male. Per il mio lavoro vedo corpi – o pezzi di corpi – ogni giorno, in questa Rio de Janeiro occupata e usata dai politici che hanno scelto l’intervento militare come cavallo di battaglia elettorale.

38 anni. La mia età. Marielle aveva tutta la vita davanti. Ci mancherà tantissimo. Mancherà alla famiglia, agli amici, alla politica di Rio de Janeiro.

Andiamo avanti. Per Marielle.

[1] Agglomerato di favelas nella zona nord di Rio de Janeiro.

Marielle Franco

Marielle Franco: “Essere una donna nera significa resistere e sopravvivere sempre”

di Mariana Pitasse, per Brasil do Fato, riproposto da La Tinta

 

La Consigliera Marielle Franco, del PSOL brasiliano, il 15 marzo è stata assassinata dopo aver portato a termine un’attività politica. Di seguito riportiamo un’intervista nella quale definisce il ruolo del femminismo nel suo Paese.

La consigliera di Rio de Janeiro Marielle Franco (PSOL) ha vissuto una delle elezioni più celebrate degli ultimi tempi in città. Donna, nera, nata e cresciuta nel Complejo da Mares, difenditrice dei diritti umani e sociologa, è stata la quinta candidata più votata alla Camera Municipale nel 2016, con 46 mila elettori.

 

Dopo il suo insediamento, a gennaio di quest’anno, Marielle ha proposto progetti che cercano di rafforzare i diritti delle donne. Uno di questi è il progetto di legge “Per far valere l’Aborto Legale”, che ha lo scopo di formare personale qualificato per informare e garantire la giusta attenzione alle donne che hanno il diritto di abortire, nei casi di anencefalia, rischio di morte o violenza sessuale.

Durante la Settimana Internazionale della Donna, Marielle ha conversato con Brasil de Fato sulle sfide e sulla necessità di discutere di femminismo e su alcune proposte del suo mandato.

Perché è ancora così importante parlare di femminismo?

Per garantire che le donne non si trovino in posizioni di secondo piano. Per evitare lo status di invisibilità in cui molti vogliono collocarci. Affinché riusciamo a occupare spazi in cui essere protagoniste. L’8 marzo è importante scendere in strada, rendere pubblico il nostro discorso, perché finché ci saranno donne che fanno sentire la loro voce, il dibattito sul femminismo, sul genere e sul razzismo sarà vivo e farà la differenza.

Di recente ha raccontato nella sua pagina Facebook l’episodio di razzismo che ha subito in aeroporto con un’ispezione non autorizzata. Che significa essere una donna nera in Brasile?

Essere una donna nera significa resistere e sopravvivere sempre. Le persone guardano i nostri corpi sminuendoli, cercano di capire se sotto i turbanti abbiamo droghe o pidocchi, negano la nostra esistenza. Quello che ho vissuto in aeroporto è stata una violenza che molte donne nere hanno già sperimentato. Potremmo fare una ricerca oggettiva chiedendo a quanti uomini e donne bianchi hanno controllato i loro capelli, la risposta sarebbe nessuno. Risultiamo esposti e veniamo violentati tutti i giorni. Per ampliare la discussione è fondamentale comprendere che ci troviamo su un piano di trattamento diverso. È necessario riconoscere il razzismo.

Le donne lavorano in media 7,5 ore più degli uomini a settimana, secondo i dati di una ricerca diffusa questa settimana dall’Instituto de Pesquisa Económica Aplicada (IPEA). Ciò nonostante, la riforma delle Pensioni propone che lavorino lo stesso numero di anni per poter andare in pensione. Come valuta questa proposta?

Come possono trattare le donne allo stesso modo per il pensionamento se veniamo trattate ogni giorno in modo differente? Noi donne ci troviamo alla base della piramide, con gli stipendi più bassi, pur lavorando la doppia giornata e vogliono trattarci allo stesso modo per la pensione. È un discorso di eguaglianza solo quando serve ai loro interessi. Dobbiamo ricordare che siamo in una condizione subalterna, non solo a livello simbolico. I dati oggettivi delle ricerche lo dimostrano. Sfortunatamente le donne vivono ancora una situazione vulnerabile.

Durante la Settimana Internazionale della Donna, lei ha realizzato varie attività di discorsi pubblici sul femminismo nelle strade di Rio de Janeiro. Com’è stata la ricezione in questi discorsi?

Abbiamo distribuito opuscoli, dato lezioni pubbliche e discorsi. La maggior parte delle volte abbiamo ottenuto una buona adesione, ma c’è sempre un livello di resistenza, sfortunatamente. In generale credo che le persone sono molto diffidenti nei confronti della politica. Quindi c’è un rifiuto verso gli opuscoli dei partiti e le posizioni politiche. Però, sul femminismo, quando parliamo dell’eliminazione dei diritti delle donne, si verifica un’identificazione. Se ci fermiamo a pensare, chi soffre di più con la riforma delle pensioni, per esempio? Sono le donne più povere, quelle che stanno svolgendo più lavori del terziario e manuali. Quindi, quando conversiamo di questo, sono temi per i quali le donne si fermano e prestano attenzione. Riusciamo a dialogare.

Come funziona nella pratica il progetto di legge che ha proposta alla Camera Municipale “Per far valere l’Aborto Legale”?

È un programma che porta un tema politico, ma non stiamo difendendo la legalizzazione dell’aborto in ambito municipale, sebbene questa sia una delle bandiere del PSOL a livello nazionale. Quello che stiamo proponendo è che venga garantita l’attenzione alle donne da parte del servizio pubblico. Nel caso in cui si è vittime di abusi sessuali, si è in pericolo di morte, o incinte di un feto anencefalico, la donna ha il diritto di abortire e per questo deve ricevere adeguata assistenza. Vogliamo fare in modo che i professionisti ricevano un’adeguata formazione affinché non criminalizzino più le donne, indipendentemente dall’opinione personale che hanno. Dobbiamo rompere questa logica. Lo Stato deve garantire alle donne la giusta attenzione, altrimenti, vivranno sempre una doppia sofferenza nel momento dell’aborto. Abbiamo già più di 8300 firme a sostegno del progetto.

Quali altri progetti del suo mandato sono rivolti alle donne?

Lo spazio nottambulo, che è l’assistenza all’infanzia anche in orario notturno. Non è un progetto solo per le donne, ma per le famiglie, anche se sappiamo che la responsabilità dei figli ricade ancora quasi esclusivamente sulle donne in Brasile. Avanziamo anche con il dibattito sulla visibilità delle donne trans, esigendo il riconoscimento dell’identità sociale di una delle nostre assessore parlamentari nell’Assemblea Legislativa. Stiamo facendo uno studio per identificare le richieste e per fare di più per le donne. Il mandato è appena iniziato.

[1] Enorme complesso di favelas di Rio de Janeiro (NdT)

 

Marielle Franco, la mia consigliera assassinata, tradotto da Jessica Falconi su gentile concessione di The Intercept
Marielle Franco: “Essere una donna nera significa resistere e sopravvivere sempre”, tradotto da Maria Rossi, su gentile concessione di La Tinta.

Riguardo il macchinista

Maria Rossi

Sono dottore di ricerca in Culture dei Paesi di Lingue Iberiche e Iberoamericane, ho conseguito il titolo nel 2009 presso L’Università degli Studi di Napoli l’Orientale. Le migrazioni internazionali latinoamericane sono state, per lungo tempo, l’asse centrale della mia ricerca. Sul tema ho scritto vari articoli comparsi in riviste nazionali e internazionali e il libro Napoli barrio latino del 2011. Al taglio sociologico della ricerca ho affiancato quello culturale e letterario, approfondendo gli studi sulla produzione di autori latinoamericani che vivono “altrove”, ovvero gli Sconfinanti, come noi macchinisti li definiamo. Studio l’America latina, le sue culture, le sue identità e i suoi scrittori, con particolare interesse per l’Ecuador, il paese della metà del mondo.

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