L’impellenza dell’agire ora per mitigare i danni all’ambiente -Intervista all’attivista Giovanni Gottardo

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Pina Piccolo:  Grazie per accettato di essere intervistato per La Macchina Sognante. Potresti presentarti per i nostri lettori? Come è nato il tuo interesse per le tematiche ambientali? Che tipo di attivismo hai svolto negli anni? Sei stato coinvolto in lotte per la difesa dell’ambiente nel territorio in cui vivevi?
Giovanni Gottardo:  Sono Giovanni, ho 21 anni e vivo a Bolzano. Ho iniziato ad essere sensibile a questi temi intorno ai 17/18 anni, quando ho iniziato a cambiare il mio stile di vita e soprattutto le mie scelte di consumo semplicemente per sentirmi in pace con la mia coscienza in quanto persona eco-coinvolta. Da circa un anno però ho capito che le scelte individuali non sono sufficienti, e che se veramente vogliamo superare la crisi climatica ed ecologica che stiamo affrontando vanno intraprese scelte radicali e soprattutto collettive, perciò ho iniziato ad accompagnare al mio impegno individuale anche azioni che potessero aiutare a mettere alle strette chi ricopre posizioni di potere e sta disattendendo le nostre aspettative di riconversione ecologica. Al di là dei più dispiegati attivismi, penso che decisive siano state tutte le iniziative di Fridays For Future, dagli scioperi alla raccolta fondi per l’Amazzonia, agli eventi sui nostri stili di vita (plogging, zero waste, second hand markets ecc), o l’aver partecipato a Roma alla ribellione internazionale di Ottobre indetta da Extinction Rebellion.
Inoltre mi impegno per tante altre cause partecipando ad eventi e manifestazioni, quali l’antifascismo, l’antirazzismo, l’antisessismo e la liberazione queer.
P.P.: Ci puoi parlare di Extinction Rebellion/ Fridays for Future, facendoci un po’ il quadro dell’evoluzione del movimento, quali sono i suoi obiettivi e modalità d’azione? Potresti delineare le somiglianze e le differenze tra i due?
G.G.: Fridays For Future e Extinction Rebellion fatto parte di tutta quella famiglia di movimenti contemporanei a cui accosterei Ende Geländ, Code Rood e molti altri che cercano di mitigare i cambiamenti climatici, l’estinzione di massa e la distruzione degli ecosistemi ed essenzialmente una mentalità estrattivista che poco si interroga sui danni che sta compiendo. Fridays For Future nasce nel 2018 in Svezia come movimento studentesco, di studenti*esse di tutte le età che si assentano da scuola per scendere in piazza e manifestare contro il silenzio dei media, l’indifferenza della politica ed il fatto che gli accordi di Parigi, i report dell’IPCC e gli appelli della maggior parte degli scienziati vengano puntualmente ignorati. Extinction Rebellion nasce invece nel Regno Unito, sempre nel 2018, come movimento più eterogeneo che utilizza come metodo la disobbedienza civile nonviolenta. E’ evidente dall’origine dei due movimenti che questi sono abbastanza diversi nei modi di operare, nonostante essi collaborino per via di fini comuni.
P.P.: Come vedi la composizione generazionale di questi movimenti? Cosa ne pensi delle difficoltà che stanno avendo le generazioni più attempate ad accettare le vostre modalità ed analisi?
G.G.: A Fridays For Future, movimento studentesco e quindi giovanile e generazionale, si sono poi aggiunti gruppi di supporto come Scientists For Future e Adults For Future, quindi vi sono punti di incontro intergenerazionale. Extinction Rebellion invece, soprattutto all’estero, è un qualcosa di molto più variegato a livello generazionale e sebbene ci siano gruppi che ragionano in un’ottica di età (Come XR Youth) vi è un minore gap generazionale. A me personalmente pare di venire spesso compreso anche da chi ha qualche decina di anni in più di me, anche se effettivamente a volte mi imbatto in persone adulte o anziane che non comprendono le nostre preoccupazioni, non condividono questi mezzi o addirittura che disprezzano questa nuova ondata ecologista che otterrebbe tanta attenzione mediatica nonostante viva di rendita del lavoro fatto da attivisti ora più attempati. C’è anche chi ci vede come nani ingrati sulle spalle dei giganti.
Sicuramente ognuno è libero di ragionare secondo le proprie sensibilità, io però credo che l’impellenza dell’agire ora ed il fatto che se questo non sarà possibile a pagarne le conseguenze saremo in misura maggiore noi ci rende generazionalmente più coinvolti e quindi ci fa sentire più in dovere di cambiare le circostanze.
P.P.: Antropocene o Capitolocene? Come definiresti il dibattito legato all’uso di queste due terminologie per chi non è molto addentro al dibattito? 
G.G.:  Secondo me entrambe le terminologie sono corrette e sono in favore di entrambe, la situazione di emergenza che stiamo vivendo ora è dovuta all’impatto ecologico dell’essere umano (da cui Antropocene) per via del sistema economico dominante (da cui Capitalocene). Credo che entrambi i termini siano appropriati, e che nessuno dei due offuschi o neghi le responsabilità della nostra specie o nel nostro sistema di produzione.
P.P.:  Come ci si sposta da epistemologie antropocentriche a nuove epistemologie e paradigmi che incorporino concetti come ecosistema, cosmovisioni indigene, il transnazionale, l’intersezionalità, le nuove tecnologie, le nuove scoperte scientifiche su intelligenze e saperi in quella che tradizionalmente viene vista come “natura” inerte, le nuove scoperte della fisica sulla multidimensionalità dell’universo e della realtà?
G.G.:  Io personalmente ho imparato a non dare nulla per assodato e soprattutto ad essere in costante ricerca e quindi ad essere costantemente curioso, la possibilità di vivere all’estero per anni mi ha aiutato ad uscire da una visione delle cose precedentemente eurocentrica e “monoculturale”, la mia empatia mi aiuta a vedere le cose sotto un’ottica intersezionale che sto coltivando. Credo che il periodo di crisi che stiamo affrontando vada affrontato il più possibile in un’ottica di ampliamento dei nostri orizzonti.
P.P.:  Quali pensi saranno i nodi fondamentali che si profilano per questi movimenti?

G.G.: Penso che il collasso sociale-ecologico che temiamo sia la grande minaccia di questo secolo, come prima, nel novecento, vi era la minaccia dello scoppio di una guerra con armi di distruzione di massa in grado di annientare completamente la vita sulla terra. Forse sulle nostre spalle vi è un peso di cui non ci rendiamo bene nemmeno conto, ma mi auguro che riusciremo insieme a compiere le scelte collettive che ci condurranno fuori pericolo coi minori danni possibili.

Per gentile concessione di Giovanni Gottardi, ringraziamo Michael Gaismair per  aver reso possibile l’incontro.

Per ascoltare Giovanni Gottardi e Nausicaa sui temi  affrontati nell’intervista sopra, vi invitiamo ad ascoltare il podcast dell’intervista realizzata l’11 dicembre 2019 da Enzo e Gaia di Radio Tandem per la trasmissione Malaerba cliccando qui

 

Immagine in evidenza: Foto di Teri Allen Piccolo (Nuova Zelanda).

 

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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