DIVORATORI DI TERRA – a cura di Sergio Sichenze

AGUAS SAGRADAS

I recenti campionati europei di calcio hanno mostrato verdi rettangoli di gioco, collocati in diversi paesi europei, circondati da spalti con persone festanti.  Il consumo di suolo in Italia, riferito all’anno 2020, ha riguardato altri 56,7 km2, ovvero, in media, più di 15 ettari al giorno: l’equivalente di 20 campi di calcio. Uno spettacolo decisamente meno entusiasmante!

L’edizione 2021 (l’ottava) del «Rapporto su consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici»[1], realizzato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), costituisce la più aggiornata fotografia della trasformazione del nostro territorio, ponendo una peculiare attenzione alle funzioni naturali perdute o minacciate: «Il consumo di suolo, il degrado del territorio e la perdita delle funzioni dei nostri ecosistemi continuano a un ritmo non sostenibile e, nell’ultimo anno, quasi 2 mq ogni secondo di aree agricole e naturali sono state sostituite da nuovi cantieri, edifici, infrastrutture o altre coperture artificiali. Il fenomeno, quindi, non rallenta neanche nel 2020, nonostante i mesi di blocco di gran parte delle attività durante il lockdown, con più di 50 km2 persi, anche a causa dell’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale. Le conseguenze sono anche economiche, e i “costi nascosti”, dovuti alla crescente impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo degli ultimi 8 anni, sono stimati in oltre 3 miliardi di Euro l’anno che potrebbero erodere in maniera significativa, ad esempio, le risorse disponibili grazie al programma Next Generation EU[2]».

Si rileva, dunque, che la velocità di copertura artificiale è stata di 2 mq al secondo, e, in valore assoluto, il suolo consumato[3] in più nel 2020 rispetto al 2019 è stato di oltre 50 km2. Ormai risulta impermeabilizzato il 7,11% del territorio nazionale rispetto al 6,76% del 2006. Secondo il rapporto «ogni italiano ha a disposizione circa 360 mq di cemento (erano 160 negli anni ’50)».

Vediamo ora cosa rileva il rapporto in relazione alla distribuzione territoriale di consumo di suolo. «I dati confermano la criticità del consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali. I cambiamenti rilevati nell’ultimo anno si concentrano in alcune aree del Paese, rimanendo particolarmente elevati in Lombardia, in Veneto (anche se, in questa regione, con una tendenza al rallentamento) e nelle pianure del Nord. Il fenomeno rimane molto intenso lungo le coste siciliane e della Puglia meridionale e nelle aree metropolitane di Roma, Milano, Napoli, Bari, Bologna. Gradi elevati di trasformazione permangono lungo quasi tutta la costa adriatica. La maggior densità dei cambiamenti è stata registrata quest’anno lungo la fascia costiera entro un chilometro dal mare, nelle aree di pianura, nelle città e nelle zone urbane e periurbane dei principali poli e dei comuni di cintura, in particolare dove i valori immobiliari sono più elevati e a scapito, principalmente, di suoli precedentemente agricoli e a vegetazione erbacea, anche in ambito urbano. I dati confermano l’avanzare di fenomeni quali la diffusione, la dispersione, la decentralizzazione urbana da un lato e, dall’altro, la densificazione di aree urbane, che causa la perdita di superfici naturali all’interno delle nostre città, superfici preziose per assicurare l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto. Tali processi riguardano soprattutto le aree costiere e le aree di pianura, mentre al contempo, soprattutto in aree marginali, si assiste all’abbandono delle terre e alla frammentazione delle aree naturali». Siamo dunque molto lontani dagli obiettivi europei che prevedono l’azzeramento del consumo di suolo netto: il bilancio tra consumo di suolo e l’aumento di superfici naturali attraverso interventi di demolizione, deimpermeabilizzazione e rinaturalizzazione.

Continuando l’excursus del rapporto si può rilevare che «il consumo di suolo è meno intenso all’interno delle aree protette (dove si registrano comunque 65 ettari in più nell’ultimo anno) e nelle aree montane. È invece evidente all’interno delle aree vincolate per la tutela paesaggistica (+1.037 ettari), entro i 10 km dal mare (+1.284 ettari), in aree a pericolosità idraulica media (+767 ettari), in aree a pericolosità da frana (+286 ettari) e in aree a pericolosità sismica (+1.852 ettari)», il che va in assoluta controtendenza con una indispensabile e non procrastinabile pianificazione di governo del territorio guidata da fattori eco e geo sistemici che non sono negoziabili o eludibili. La transizione ecologica, con cui si è ribattezzato il Ministero dell’Ambiente, passa anche, se non soprattutto, dal valutare il complesso ecotessuto del nostro Paese come un fragilissimo corpo da cui dipende non solo il nostro futuro, ma l’attuale e quotidiano stato di salute complessivo della popolazione nella sua relazione non separabile con l’ambiente.

Ma il rapporto non si esaurisce con la sola quantificazione delle “perdite di suolo”. «Un impatto evidente delle trasformazioni del paesaggio è dato dalla frammentazione del territorio, ovvero il processo che genera una progressiva riduzione della superficie degli ambienti naturali e seminaturali e un aumento del loro isolamento. Quasi il 45% del territorio nazionale risulta nel 2020 classificato in zone a elevata o molto elevata frammentazione». Pertanto il territorio non solo subisce una costante artificializzazione, in un rapporto ontologico oramai prevaricante rispetto al naturale, ma ne mina la dinamica e complessa evoluzione, i cui effetti, non solo sull’umano ma sugli equilibri planetari, sono imprevedibili, anche se gli scenari preconizzano crisi estreme governate da un galoppante cambiamento climatico.

Il report evidenzia inoltre che: «la valutazione dei principali servizi ecosistemici forniti dal suolo e persi a causa delle nuove coperture artificiali viene effettuata per la produzione agricola, la produzione di legname, lo stoccaggio di carbonio, il controllo dell’erosione, l’impollinazione, la regolazione del microclima, la rimozione di particolato e ozono, la disponibilità e la purificazione dell’acqua e la regolazione del ciclo idrologico, cui si aggiunge la qualità degli habitat con la valutazione e la mappatura dello stato degli ecosistemi e dei loro servizi, al fine di supportare le scelte di pianificazione e protezione degli ecosistemi».

Giova chiarire, seppur in modo semplificato, che per servizi ecosistemici s’intende il valore pubblico che i sistemi ambientali naturali o prossimo naturali forniscono agli abitanti di un territorio, elargendo gratuitamente benefici diretti o indiretti insostituibili. L’incremento e il miglioramento quali-quantitativo degli investimenti a favore dei nostri territori è di quanto più proficuo si possa operare, sia a scala temporale breve, che, e soprattutto, a lungo termine. Un investimento che un’economia massicciamente orientata alla produzione di merci e alla moltiplicazione dei consumi non sarà mai in grado di realizzare. In tal senso il rapporto sul consumo di suolo ci dice che: «le aree perse in Italia dal 2012 avrebbero garantito la fornitura complessiva di 4 milioni e 155 mila quintali di prodotti agricoli e l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde e aggravano la pericolosità idraulica dei nostri territori. Nello stesso periodo, la perdita della capacità di stoccaggio del carbonio di queste aree (circa 3 milioni di tonnellate) equivale, in termini di emissione di CO2, a quanto emetterebbero oltre un milione di autovetture con una percorrenza media di 11.200 km l’anno tra il 2012 e il 2020: un totale di oltre 90 miliardi di chilometri percorsi, più di 2 milioni di volte il giro della terra. Questo consumo di suolo recente produce anche un danno economico potenziale che supera i 3 miliardi di Euro ogni anno, a causa della perdita dei servizi ecosistemici del suolo».

La conclusione del rapporto sulle prospettive future è molto eloquente: «Considerando i costi annuali medi dovuti alla perdita di servizi ecosistemici, si può stimare, se fosse confermata la velocità media 2012-2020 anche nei prossimi 10 anni e quindi la crescita dei valori economici dei servizi ecosistemici persi, un costo cumulato complessivo, tra il 2012 e il 2030, compreso tra 81,5 e 99,5 miliardi di Euro, praticamente la metà dell’intero Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)»[4]. Il tanto sbandierare la sostenibilità, termine oramai ambiguo e decisamente preda del mercato, o ancor più dichiarare la necessità di una indispensabile transizione ecologica, senza tra l’altro mettere in atto provvedimenti normativi strutturali che vadano in tal senso (ahimè è ritornato in auge il Ponte sullo Stretto, a fronte di una situazione disastrosa sul fronte delle infrastrutture in quelle aree del Paese), significa porre l’ennesima foglia di fico, che il primo umanissimo antieroe della storia aveva utilizzato a schermo delle pudende per non turbare lo sguardo virgineo dell’adolescente Nausicaa, sul corpo naufrago della penisola italica. Il 2021 ha inoltre segnato il 13 maggio quale giorno dell’overshoot day dell’Italia, ovvero la data, che inesorabilmente ogni anno anticipa sempre più sul calendario, in cui abbiamo finito di consumare le risorse prodotte dal pianeta nell’intero anno. Consumiamo con scarsa o nulla capacità di biorigenerazione, incapaci di marcare la nostra presenza sul Pianeta mettendo pienamente a frutto le capacità intellettive di cui il lento e complesso processo evolutivo ci ha dotato.

 

[1] Il rapporto completo è disponibile sul sito www.consumosuolo.isprambiente.it

[2] NextGenerationEU (NGEU), è uno strumento dell’UE per stimolare la ripresa per uscire dalla pandemia. Si veda: https://ec.europa.eu/info/strategy/recovery-plan-europe_it

[3] Con consumo di suolo si intende l’incremento della copertura artificiale del suolo, di solito elaborato su base annuale. Con suolo consumato si intende la quantità complessiva di suolo con copertura artificiale esistente nell’anno considerato.

[4] «Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), il pacchetto da 750 miliardi di euro, costituito per circa la metà da sovvenzioni, concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica» https://www.mef.gov.it/focus/Il-Piano-Nazionale-di-Ripresa-e-Resilienza-PNRR/.

 

Sergio_Sichenze

Sergio Sichenze è nato a Napoli nel 1959. Vive e lavora a Udine. È biologo e naturalista, si occupa di processi educativi per la sostenibilità. Ha pubblicato racconti e raccolte poetiche. Sue poesie compaiono in alcune antologie di poesia. Nel 2018 ha vinto il Premio Nazionale di Poesia Terra di Virgilio. Dal 2019 è membro della giuria Premio Nazionale di Poesia Terra di Virgilio. Fa parte del comitato di redazione della rivista letteraria “Menabò” (Terra d’Ulivi Edizioni) per la quale cura la rubrica “Pi greco”.

 

Immagine di copertina: fotografia dell’installazione luminosa per la salvaguardia dei popoli nativi, Corporación Traitraico e Delight Lab, Opera “Ngen Kintuantu, fuerza espiritual que busca el Sol”, Pilmaiken Aguas Sagradas.

Riguardo il macchinista

Bartolomeo Bellanova

Bartolomeo Bellanova pubblica il primo romanzo La fuga e il risveglio (Albatros Il Filo) nel dicembre 2009 ed il secondo Ogni lacrima è degna (In.Edit) in aprile 2012. Nell’ambito della poesia ha pubblicato in diverse antologie tra cui Sotto il cielo di Lampedusa - Annegati da respingimento (Rayuela Ed. 2014) e nella successiva antologia Sotto il cielo di Lampedusa – Nessun uomo è un’isola (Rayuela Ed. 2015). Fa parte dei fondatori e dell’attuale redazione del contenitore online di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com. Nel settembre’2015 è stata pubblicata la raccolta poetica A perdicuore – Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus). Ė uno dei quattro curatori dell’antologia Muovimenti – Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi Edizione – ottobre 2016), antologia di testi poetici incentrati sulle migrazioni. Nell’ottobre 2017 è stata pubblicata la silloge poetica Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi Edizione), edizione contenente un progetto fotografico di Aldo Tomaino. Co-autore dell’antologia pubblicata a luglio 2018 dall’Associazione Versante Ripido di Bologna La pacchia è strafinita. A novembre 2018 ha pubblicato il romanzo breve La storia scartata (Terre d'Ulivi Edizione). È uno dei promotori del neonato Manifesto “Cantieri del pensiero libero” gruppo creato con l'obiettivo di contrastare l'impoverimento culturale e le diverse forme di discriminazione e violenza razziale che si stanno diffondendo nel Paese.

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