Vite d’albergo, di Javier Montes

CarmelCoveNo.2

Javier Montes, Vite d’albergo, trad. it. Loris Tassi, Nutrimenti, 2018

Vite d’albergo è il terzo romanzo dello spagnolo Javier Montes. Racconta di un giornalista, firma di una famosa Vite d'albergo_coverrubrica di recensioni di hotel del Paese. Ma quale rivista? quale paese? in che periodo? e soprattutto, cosa si sa del protagonista?

Nessuno di questi dati è rivelato al lettore. In una sapiente costruzione dello scenario narrativo, ci viene presentato un uomo sfumato, senza nessuna caratteristica fisica palese, (io lo immagino smunto e pallido, avvolto in un impermeabile sgualcito col quale cerca di mettere ulteriormente in ombra la sua presenza, ma potrebbe avere qualunque altra caratteristica!), invece risulta molto marcato caratterialmente: solitario e a tratti anaffettivo.

Partiamo dall’inizio. Un rinomato critico di hotel, di cui il lettore conosce solo il nome della rubrica che firma, Vite d’albergo, viene invitato a recensire l’hotel Imperial, da poco ristrutturato. Accetta. Nonostante l’hotel si trovi a pochi chilometri da casa, decide di arrivarci in taxi (chissà forse per mantenere il ruolo del recensore che non dichiara la sua identità all’arrivo). Nella sua ormai lunga e prestigiosa carriera (resa tale anche dall’essere unico col suo profilo professionale, tanto da fargli dichiarare: “Non è tanto difficile essere il migliore in un lavoro nel quale c’è poca concorrenza”), il critico ha sempre usato un nome falso per le sue recensioni, temute dagli albergatori per il puntiglio e apprezzate dai lettori per l’ironia, mista quasi a durezza, con cui scrive, e questa volta non fa diversamente. Nella sua permanenza all’Imperial inizia un lungo intrecciarsi di non-realtà, la sua, mai palesata, con quella della sua falsa identità da critico, che a sua volta, si confonde e si perde nella non-realtà – o non-luogo, scomodando il famoso saggio di Marc Augé – degli hotel. Chi mai, passando una o più notti in un hotel, soprattutto se da solo, non ha avuto la sensazione di lasciare la propria vita (e dunque la propria realtà) fuori dalla porta della camera? Chi non ha pensato almeno per una volta, stando in un hotel, di poter essere qualcun altro per un po’? Di poter assumere un’altra identità?

Javier Montes centra tutto il suo lavoro su queste domande e il lettore, anche il più distratto o meno coinvolto dalla storia, non può non porsele.

Tuttavia in quest’ultimo hotel il nostro critico finisce in una situazione imprevista. Si ritrova per errore in una stanza dove stanno filmando video per adulti. Eppure in quel momento, pur consapevole di non trovarsi nel classico posto giusto al momento giusto, decide di non uscire e, così facendo, da una sferzata alla sua vita. Rimane nella penombra ad osservare. Resta ammaliato da una donna e questa diventa la sua nuova ossessione. Abbandona la sua non-realtà da hotel per catapultarsi in un’altra costruita e finta, quella di un blog erotico che ha lo stesso nome della sua rubrica, Vite d’albergo, gestito dalla donna della camera sbagliata. Dopo l’Imperial inizia seguirla in altre città, in altri hotel. Il motivo per cui decide di farlo per il lettore passa quasi in secondo piano rispetto all’atteggiamento del critico che, anche in questa situazione, continua a muoversi nell’anonimato, senza esporsi, ai margini della vita e delle relazioni sociali. La realtà è lì a portata di mano, basterebbe una telefonata, l’inizio di una conoscenza fatta di parole e di gesti, ma il protagonista non riesce mai a svelarla totalmente né a riuscirne a farne parte. E forse è proprio questo il punto della questione. La sua condizione è la stessa degli abitanti dei non-luoghi di Augé, spazi in cui l’individuo non ha intenzione di entrare in relazione con l’altro, sono spazi di transito, di passaggio, di individualità che, paradossalmente, in questi luoghi si sentono sicure. L’individuo – il critico – non ha bisogno di manifestare le sue caratteristiche o il suo ruolo sociale, nel suo non-luogo si sente libero di essere anonimamente se stesso o chiunque voglia essere e, quindi, nel nostro caso, un ossessivo spettatore dell’esistenza che, quando decide di buttarsi a capofitto in una specie di relazione umana, resta beffardamente intrappolato in un’altra non-realtà… e bisogna arrivare alla fine del libro per scoprire quale!

 

Javier Montes (Madrid, 1976) ha vinto nel 2007 il premio Anagrama per il saggio La ceremonia del porno, scritto Montes_Javiera quattro mani con Andrés Barba e, nello stesso anno, il premio José María de Pereda per il suo romanzo d’esordio, Los penúltimos. Collabora con diverse testate spagnole e americane, come ABCEl PaísRevista de OccidenteLetras LibresARTnewsThe Brooklyn Rail e Literary Hub. Nel 2010 è stato inserito dalla rivista Granta nella sua selezione dei migliori giovani scrittori di lingua spagnola. Vita d’albergo, suo terzo romanzo, è stato pubblicato anche in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

 

LogoCreativeCommons

Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.

 

Immagine in evidenza: Quadro di Carolyn Miller, Carmel Cover n. 1.

Riguardo il macchinista

Maria Rossi

Sono dottore di ricerca in Culture dei Paesi di Lingue Iberiche e Iberoamericane, ho conseguito il titolo nel 2009 presso L’Università degli Studi di Napoli l’Orientale. Le migrazioni internazionali latinoamericane sono state, per lungo tempo, l’asse centrale della mia ricerca. Sul tema ho scritto vari articoli comparsi in riviste nazionali e internazionali e il libro Napoli barrio latino del 2011. Al taglio sociologico della ricerca ho affiancato quello culturale e letterario, approfondendo gli studi sulla produzione di autori latinoamericani che vivono “altrove”, ovvero gli Sconfinanti, come noi macchinisti li definiamo. Studio l’America latina, le sue culture, le sue identità e i suoi scrittori, con particolare interesse per l’Ecuador, il paese della metà del mondo.

Pagina archivio del macchinista