Uscita a dicembre per l’editore Pont 9 la raccolta La traversée des regards di Gabriel Meshkinfam è il lavoro d’esordio di un giovanissimo poeta francese che, come ci ricorda la corta nota biografica in quarta di copertina, « scrive da molto tempo » ma « è la prima volta che si imbarca su un libro ». Una voce particolarmente promettente, che, alternando versi e prosa, genera un immaginario poetico che ci sorprende per la sua intensità e per la sua limpidezza.
Nel rileggere questo libro a febbraio, al Musée de la Chasse et de la Nature di Parigi, fra le installazioni di Sophie Calle e della sua straordinaria mostra « Beaux double, Monsieur le Marquis », sono risuonate in me altre voci poetiche, che inseriscono questa breve raccolta in uno spazio letterario stratificato e aperto. Ci sono, in esergo, due frammenti di poesie: uno del poeta contemporaneo e teorico Jean-Michel Maulpoix, e l’altro di René Char e del suo componimento « Les compagnons dans le jardin », titolo che viene ripreso- e ripensato- in un testo della seconda sezioni della raccolta. Le altre voci poetiche che risuonano nei testi della raccolta sono soprattutto quelle di poeti francesi contemporanei, come ad esempio Michel Déguy; voci con le quali sembra instaurarsi un dialogo possibile, fra generazioni e fra immaginari poetici.
Traversata o attraversamento negli spazi dell’intimo- che si esprime in un lavoro sul sé e sulla propria esistenza come autore, oltre che nel rapporto con gli altri, con i « compagnons » già evocati- questa raccolta si compone di tre grandi sezioni, caratterizzate dall’uso di una pluralità di forme e stilemi. Il testo di apertura si configura come una dichiarazione di poetica, una riflessione sul senso della poesia che attraversa, a dire il vero, anche le sezioni successive. Se, infatti, all’apparenza la poesia « non ha più nulla da dire », « n’a plus son mot a dire » (p.5), questa affermazione viene ribaltata da una sequenza di immagini poetiche, che l’autore dice di aver visto e respirato, di avere « ingurgitato » e ci trasmette così la sua esigenza, di « gridare sui tetti » ciò che ha visto e sentito: la poesia sembra quasi una sigla di sopravvivenza e di testimonianza.
La prima sezione, intitolata Irréflexions de Narcisse, anticipa un viaggio poetico incerto e visionario, lungo il quale si staglia l’esigenza di ricomporre la memoria, di « costruire un luogo di memoria » o una « casa del ricordo » . La natura non sistematica di questa sezione è tuttavia segnata da numerosi riferimenti alla memoria e da alcuni tratti stilistici che la caratterizzano: il ricorso, in apertura e in chiusura di ogni testo, ai puntini di sospensione che ci fanno apparire i testi quasi come veri e propri « chiari nel bosco », per riprendere il titolo di un saggio di Maria Zambrano; e una versificazione irregolare, non schematica, che in taluni casi si sbilancia verso la prosa. Tratto, quest’ultimo, che si amplifica nelle due sezioni successive, dove a dire il vero sono presenti anche brevi testi in prosa, come, ad esempio, nelle recenti raccolte di Antonella Anedda, a partire da Salva con nome.
La seconda sezione si apre soprattutto all’altro, agli altri. L’amicizia che si mostra attraverso la costruzione di ritratti personali degli « amici del giardino » e delle loro storie. Ritratti in acquarello quasi, come alcune delle metafore pittoriche suggeriscono, a tracciare i volti e le storie di una comunità possibile, di amici che appaiono « sul manoscritto come una macchia d’inchiostro di uno scolaro goffo . Spogliata di tutti i suoi dettagli. Addormentata nuda sulla pagina bianca. Impossibile da staccare ». Ventuno nomi che si aprono come su di un polittico, divisi in due, da un lato « i ritratti » e dall’altro « le macchie », in un dialogo quasi involontario fra versi e prosa che percorre anche forme canoniche ma inattese come quella del sonetto, e lingue « altre », come l’italiano. La terza sezione, invece, si sposta dall’io al paesaggio, da forme poetiche ridotte a testi più ampi e stratificati, che testimoniano di un soffio poetico più maturo e potente. Si segnala, in particolare, una poesia su Napoli, « Napulè », sulle sue « strade senza luce », « ma mai senza poesia » (p. 97) e che ben rappresenta lo sguardo appassionato dell’autore verso il paesaggio (anche poetico) italiano.
La traversée des regards è, dunque, la raccolta poetica di un esordiente capace di confrontarsi con forme e spazi poetici molto diversi fra loro, mantenendo un controllo del testo e una misura davvero notevoli. Testi che, nella loro limpidezza, sono come attraversati da una slancio quasi pre-politico per l’altro e per il mondo, oltre che da un travaglio – intimamente politico- sul senso della poesia in un tempo in cui, ben al contrario, la poésie a encore son mot à dire.
Due testi tratti dalla raccolta, in lingua italiana.
Jessy Simonini studia Filologia romanza all’Ecole Normale Supérieure di Parigi. Si interessa alle forme e ai protagonisti della poesia contemporanea.
Immagine in evidenza, foto di Sophie Calle.