VITTIME O EROI – Reginaldo Cerolini

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Fra i tanti lavori che mi capita di fare c’è al momento quello di lavorare in un campo dove le persone camminano in cerca dei loro fiori preferiti per comprarli e portarli a casa.

Io, fra le diverse mansioni, ho trovato subito di mio gusto provvedere alla conta dei fiori mentre chiacchierando do indicazioni su come mantenerli più a lungo ed in salute.

Una mia collega etiope, vedendomi lavorare mi ha domandato se sento come negro di dover lavorare di più e meglio degli altri (i bianchi) come per dover dimostrare qualcosa. La sua domanda mi ha fatto pensare, era profonda e piena di sfaccettature, ma la sostanza è che quel mostrare più impegno, più cortesia, più pazienza, e più abnegazione, cose che avevo sempre creduto mie qualità naturali poteva anche essere un dover appianare la distanza di una presunta inferiorità dei negri e di una presunta superiorità dei bianchi. Con mio stupore mi sono scoperto risponderle che effettivamente sì. “Non farlo” mi ha detto lei, con un tono amichevole, in risposta ed aggiungendo che quando viveva in Olanda anche per lei era lo stesso.

Mi sono così reso conto che molto della mia identità è basata su di un confronto, tra il bianco ed il nero, ed anche là dove esistono mille differenze quella è la categoria principale[1]. Immagino che sia un problema analogo per chi è diverso in un contesto di categoria minoritaria, contro forza, potere o leggi. Io dunque nel mio quotidiano ho assimilato l’abitudine di eccedere in abnegazione per un mero senso d’inferiorità. È stato uno smacco tremendo rendermene conto.

La sera venendo a casa, mi sono trovato a sentire la notizia del TG5 serale che riferiva del Maurizio Costanzo Show[2], del prossimo giovedì (oggi è martedì 26 marzo) dove l’onnipresente e mediatico Salvini riguardo ai fatti del pullman sequestrato da un autista[3] con dentro alunni delle medie e professori, che veniva salvato grazie alla pronta chiamata di Rami e Riccardo[4]e l’intervento immediato delle forze dell’ordine, si dimostrava disposto a procedere per favorire la pronta cittadinanza[5] di Rami, nato in Italia con genitori egiziani, ragazzino eroe, che, azzardava sempre Salvini, sente come suo figlio.

Ora questa sua affermazione mi ha dato un fendente dritto allo stomaco, perché come già scrissi nel saggio Ragni neri nazionalizzati pompieri: tragedia in quattro atti l’elemosina della cittadinanza e della umanizzazione avviene solo attraverso atti eroici. Diversamente si rimane inumani e vittime, come è la quotidiana tragedia di migliaia di persone nei confini e dentro le nazioni. Sono chiari segni di una dinamica politica e sociale alla deriva del suo stesso senso e della sua enfasi retorica e pressoché mendace.

Lasciamo stare il linguaggio dove si usa il paternalismo per assoggettare l’elemento estraneo, assimilarlo, ma se si aggiunge che Salvini si azzarda anche a dire che riferendosi al papabile di cittadinanza Rami[6], se la ‘merita’ in quanto “ha compreso i valori dell’Italia”, io qui perdo letteralmente la pazienza per questo abuso di nazionalismo in un concetto ambiguo -per negri e migranti- di eroismo e rigore. Voglio dire salvare la propria vita e quella del prossimo rappresenta un valore umano, non nazionale diamine![7]

Ora io sono felice che un giovanissimo ragazzo possa avere i vantaggi dei diritti per avere finalmente vita più serena ed una prospettiva di appartenenza che si spera venga con l’atto burocratico (anche se la verità è che ne dubito) ma che il messaggio sia che debba rischiare la propria  vita per salvare ‘corpi italici’ ed eventualmente anche di altri indefiniti apolidi, mi sembra un offesa grande a chi, come già dissi, lotta ogni giorno per il diritto di vita, di umanità e di scelta e questi sono oggi  negri e migranti.

Io dunque non accentuerò il sorriso, e la cortesia nel desiderio di dover piacere al prossimo, tremendamente bianco, perché merito di piacere per quello che sono come uomo, come negro, come omosessuale, come italiano, brasiliano europeo e del mondo, ma spero che nel frattempo ci si svegli dalla letargia avvilente a cui politica e media ci costringano con una stretta terribilmente soffocante. Oppure gradualmente il potere[8] ci costringerà gradualmente ad essere, solamente, vittime o eroi. Ed io non voglio che quel mondo venga mai.

[1] In realtà nonostante questa presa di coscienza devo anche considerare che, in qualità di figlio adottivo, sono cresciuto in un mondo, bianco, benestante, molto aperto affettivamente, culturalmente e socialmente del nord Italia dove fino alla maggiore età non mi sono mai percepito come nero- anzi me ne scordavo-, e la mia diversità era anzi un vantaggio. Oggi so di essere stato fortunato e di aver vissuto un privilegio che agli stessi amici adottati che conosco non è stato dato. Era anche un’Italia diversa, che è mutata in senso lato negli ultimi 15/20 anni, ma in senso razzista, classista e qualunquista in modo prepotente solo a partire dal 2013-2015.

[2] Dove si dà adito anche ad un siparietto dubbio in cui Salvini, con Mahmood sembrerebbe chiarire i dissidi in riferimento alle polemiche iniziate dallo stesso Salvini per la sua vittoria nel Festival di Sanremo.

[3] Si tratta Ousseynou Sy, il quale ha rivendicato la sua motivazione, guarda caso per questioni di impotenza sociale (alias violenza strutturale): perché stanco di come negri emigranti vengono trattati nei confini. Ci tengo a sottolineare, perché gesti come il suo sono gesti di esasperazione sociale, quindi concause sociali che in alcuni soggetti possono degenerare in atti assurdi quanto terribili. Si tratta però anche di gesti che saranno sempre più comune in un regime – come il nostro- di intimidazione e differenziazione sociale sempre più marcate e a discapito delle fasce deboli italiane e di quelle disperate di negri e migranti. Questo tra l’altro porterà rivendicazioni sociali sempre più violente, di vera e propria guerriglia, difficilmente controllabili. Per tutti questi motivi la coscienza civile e transazionale ed oltre il genere dovrebbe marcare il terreno di una lotta per il diritto all’umanità, alla vita e alla scelta, prima che l’impatto dei discorsi sia delegittimato politicamente e legalmente, sotto una crescente violenza sociale.

[4] Trovo invece significativo che davanti ad un problema due forme di umanità si uniscono per cambiare la situazione, oltre ogni possibile distanza sociale, culturale e di diritti.

[5] Questo per nascondere l’ambiguità farsesca e tragica del mancato diritto di Ius Soli.

[6] Prima dei possibili encomi c’è anche il tempo di tergiversare sulle origini dei suoi genitori e parenti perché se hanno avuto illeciti impediscono il processo straordinario di cittadinanza. Mi domando se fra un po’ faranno anche l’indagine storica sull’albero genealogico per scoprire colpe ataviche.

[7] Rimando con molto senso di doverosa, ma inaspettata, compartecipazione critica, a questo bell’articolo uscito, il 23 marzo,  sulle pagine di Linkiesta https://www.linkiesta.it/it/article/2019/03/23/rami-shehata-san-donato-autobus-attentato-cittadinanza-italiana/41533/ ad opera di Francesco Cancellato.

[8] Anche quello che appare innocente delle parole razziste, classiste o regionaliste tra bar e web.

 

immagine in evidenza: Quadro di Hassan Vahedi Trittico, olio su tavola, 46 x 64 cm., 2019.

Riguardo il macchinista

Reginaldo Cerolini

Nato in Brasile 1981, Reginaldo Cerolini si trasferisce in Italia (con famiglia italiana) divenendo ‘italico’. Laureato in Antropologia (tesi sull’antropologia razzista italiana), Specializzazione in Antropologia delle Religioni (Cristianesimo e Spiritismo,Vipassena). Ha collaborato per le riviste Luce e Ombra, Religoni e Società, Il Foglio (AiBi), Sagarana, El Ghibli . Fondatore dell’Associazione culturale Bolognese Beija Flor, e Regista dei documentari Una voce da Bologna (2010) e Gregorio delle Moline. Master in Sceneggiatura alla New York Film Academy e produttore teatrale presso il National Black Theatre. Fondatore della CineQuartiere Società di Produzione Cinematografica e Teatrale di cui è (udite, udite) direttore artistico. Ha fatto il traduttore, il lettore per case editrice, il cameriere, scritto un libro comico con pseudonimo, l’aiuto cuoco, conferenziere, il commesso e viaggiato in Africa, Asia, Americhe ed Europa.

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