Verme, incipit (Gilda Manso, trad. di Marcella Solinas)

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Verme

Gilda Manso

Traduzione di Marcella Solinas

Volume di prossima pubblicazione, collana Gli Eccentrici, Edizioni Arcoiris

 

Cosa pesa di più: il fattore biologico o quello acquisito? Nella formazione della personalità, traccia esterna del nostrothumbnail_Gilda Manso - Verme universo interiore, chi si prende la fetta più grossa? Quello che siamo da sempre, o quello che impariamo a essere? Nel caso di Gastón verrebbe da pensare che, dopo la nascita, le fate addette alla distribuzione dei doni si affacciarono alla sua culla e – per cattiveria o distrazione – dotarono Gastón solo di caratteristiche negative:

«Io ti do la superbia, l’antipatia e i deliri di grandezza».

«Io la meschinità, l’opportunismo e la codardia».

«Io la mancanza di tatto, l’incapacità di stringere amicizie e la tendenza a provare rancore per tutto quello che gli altri hanno e tu no».

Ma non si può dare la colpa alle fate, esistano o meno, per il destino che un uomo sceglie. Perché Gastón crebbe e visse nel mondo ricevendo amore, giochi e varie cose buone, ma preferì comunque acquisire caratteristiche orribili e potenziare così le sue bruttezze congenite. Prese il peggio del mondo, ed ecco l’ironia: fra tutte le persone che lo conobbero, la maggioranza pensava che, nel proprio universo personale, Gastón fosse il peggio, al punto da non sapere se Gastón fosse stato corrotto dal mondo o se il mondo fosse più brutto perché ci viveva lui.

 

Un esempio: durante l’adolescenza Gastón accentuò la spavalderia come modo di essere. La maggior parte degli adolescenti è ribelle e disubbidiente, si sa. Serve a capire chi essere, che ruolo avere, come comportarsi da grandi quando le opportunità di cambiare saranno più scarse. Se un adolescente è timido e introverso e dopo un paio di anni diventa più socievole, nessuno si sorprende. È normale; è parte della costruzione dell’identità. Ma se un adulto cambia radicalmente personalità, la gente inizia a preoccuparsi: «Cosa lo avrà traumatizzato a tal punto da renderlo così diverso?». Uno dei pochi vantaggi dell’adolescenza è l’accettazione altrui del tentennamento fra ideologie, comportamenti e opinioni.

All’interno di questa maggioranza, ce n’è un’altra: gli adolescenti che affrontano tutto nello stesso modo – con più o meno varianti, con pseudo-atteggiamenti personali – e cioè: «Se la vita ti volta le spalle, tu toccale il culo». È la loro personale interpretazione della sopravvivenza: continuerò a vivere anche se la vita mi rifiuta, insisterò anche se mi dicono di no.

Fuori da questa maggioranza, c’è una minoranza composta da chi pensa: «Se la vita mi volta le spalle, le faccio un massaggio, le bacio il collo finché non la smetterà di darmi le spalle o fino a quando mi annoierò e andrò a cercarmi un’altra vita». Gli appartenenti a questa minoranza hanno più possibilità di conquistare il mondo.

Gastón non aderiva a nessuno dei due gruppi. Il suo motto era: «Se la vita mi volta le spalle, afferro un’arma e gliela scarico tutta sulla schiena e dietro la nuca. Quando ho finito, le piscio addosso, a quella stronza, nessuno dà le spalle a Gastón».

 

Gilda Manso (Buenos Aires, 1983) è una scrittrice e giornalista argentina. Ha pubblicato le raccolte di racconti gilda Mansobrevi e microfinzioni Primitivo ramo de orquídeas (2008), Matrioska (2010; 2012), Temple (2013), Temporada de jabalíes (2013) e Flora y Fauna – Antología personal de microficción (2015). È autrice dei romanzi Mal Bicho (2014) e Luminosa (2016). Dal 2011 coordina il ciclo di lettura Los Fantásticos. Parte della sua opera è stata tradotta in francese, tedesco e inglese. Mal Bicho (Verme), che ha ricevuto un’ottima accoglienza in Argentina, è il suo primo romanzo tradotto in italiano.

 

 

Immagine in evidenza: Foto di Micaela Contoli.

Riguardo il macchinista

Maria Rossi

Sono dottore di ricerca in Culture dei Paesi di Lingue Iberiche e Iberoamericane, ho conseguito il titolo nel 2009 presso L’Università degli Studi di Napoli l’Orientale. Le migrazioni internazionali latinoamericane sono state, per lungo tempo, l’asse centrale della mia ricerca. Sul tema ho scritto vari articoli comparsi in riviste nazionali e internazionali e il libro Napoli barrio latino del 2011. Al taglio sociologico della ricerca ho affiancato quello culturale e letterario, approfondendo gli studi sulla produzione di autori latinoamericani che vivono “altrove”, ovvero gli Sconfinanti, come noi macchinisti li definiamo. Studio l’America latina, le sue culture, le sue identità e i suoi scrittori, con particolare interesse per l’Ecuador, il paese della metà del mondo.

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