Una distopia a portata di mano. Una pagina da Chroma di Emilio Gordillo

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Una distopia a portata di mano.

Una pagina da Chroma di Emilio Gordillo

(Edizioni Arcoiris, 2018)

 

cover_def“Leggendo ‘Chroma’ di Emilio Gordillo, si ha spesso la sensazione che non stia accadendo nulla, ma questa impressione è parzialmente falsa. In realtà, si assiste a un quadro che è tipico di molti romanzi ispanoamericani contemporanei, ossia il ritorno in patria di uno scrittore, di un intellettuale o comunque di qualcuno che per diverse ragioni ha vissuto all’estero. Non casualmente, il ritorno è dovuto a dinamiche di famiglia: in questo caso, si tratta della necessità, che per il personaggio di Santiago è particolarmente gravosa, di prendersi cura del padre schizofrenico.

Tuttavia, questa linea narrativa dal forte peso simbolico passa presto in secondo piano, perché Santiago si trova costretto anche a far ritorno a quella capitale del Cile che porta il suo stesso nome, dovendosi riadattare a un contesto dal quale è fuggito e che ora gli si presenta come straniante, se non anche nuovo. L’esito di questo processo di riavvicinamento avrà un carattere tutt’altro che consolatorio, traducendosi in un epilogo che conferma la qualità leggermente distopica, di una distopia a portata di mano, della narrazione”. (Edoardo Balletta, docente di Letterature Ispanoamericane dell’Università di Bologna, durante la presentazione di “Chroma” svoltasi il 6 marzo 2019 presso la libreria La Confraternita dell’Uva di Bologna).

 

Mezz’ora dopo sta pagando dodici ingressi in piscina. Spende altri ventimila. Gira per i corridoi del complesso sportivo finché non trova gli spogliatoi. Sono vuoti. Si spoglia di fronte allo specchio e si guarda quei segni che ormai, verso i trent’anni, non si possono dissimulare: alcune striature sottili intorno alla vita, la lieve massa adiposa che si accumula sul ventre. Il resto del corpo è quello di un ragazzo di vent’anni. Nemmeno il viso – in cui si adagia una ruga tenue quando ride troppo, e che a quarant’anni sembrerà il viso di un uomo di trenta e ai cinquanta quello di uno di quaranta, e così via, finché arriverà ciò che da quando ha messo piede su questa terra ha visto posarsi su tutte le cose del mondo e di questa città di Santiago che è semplicemente così sua, è così tanto il luogo del suo ritorno–; solo quei pochi chili di grasso e quelle striature bianchicce possono dare, per ora, testimonianza della sua decomposizione.

A un uomo giovane e bello si può perdonare tutto, eccetto che invecchi.

Si ricorda di una canzone dei Los Tres. Santiago pensa che la vera storia degli ultimi vent’anni si nasconde, nel bene o nel male, nelle canzoni dei Los Tres. La canzone che ricorda dice così: a ventinove anni chi non è fragile, dolente, cinico e coraggioso.

Si mette la cuffia e il costume da bagno, porta con sé gli occhialini ed esce dal tunnel. Dentro la cupola di plastica, una nube di vapore lo avvolge e lo mimetizza con gli anziani che si allenano e i bambini che scalciano. Si chiede se con la cuffia di plastica sembrerà strano come i vecchi e cammina verso il bordo della piscina, dove si siede; i suoi piedi si immergono nel colore azzurro dell’acqua.

Si tuffa. Sotto l’acqua una sonorità distinta. Piena di silenzi abitati. Nuota ottocento metri a stile libero da un lato all’altro, senza fermarsi, mentre s’immagina come sarebbe il suo corpo visto dall’alto. Gli piacerebbe che avesse la forma di un verso millimetricamente scandito dal ritmo dell’immersione, quattro bracciate per ogni volta che va sott’acqua. La respirazione perfetta è regolata dall’affogare metodico, soprattutto se la vita somiglia alla letteratura, nuotare, leggere o vivere, non è molto più che camuffare una preghiera.

 

Nato in Cile, Emilio Gordillo è scrittore e docente. Ha vinto il “Premio Municipal Juegos Literarios Gabriela GordilloMistral” (2008) per la raccolta di racconti Los juegos mudados (ed. Contraluz, 2010) e il premio “Consejo Nacional de la Cultura y las Artes”, uno dei più prestigiosi in Cile, per Chroma, il suo primo romanzo, pubblicato dalle edizioni Alquimia nel 2013. Successivamente, ha pubblicato Indios verdes per la casa editrice messicana Malaletra (2015), poi in una edizione ampliata e corretta per Librosampleados (Messico, 2017) e Narrativa Punto Aparte (Cile, 2017). Ha fondato la rivista “Contrafuerte”, oggi non più attiva, e in Messico ha impartito vari corsi di letteratura tra il 2010 e il 2014. È stato anche direttore della collana di narrativa “Foja Cero” per Alquimia (2010-2015) e curatore dell’antologia in due volumi CHL: Antología de escritores chilenos per Malaletra, nonché del numero speciale sulla narrativa cilena della rivista “Punto de Partida” della Universidad Nacional Autónoma de México, in occasione della Fiera internazionale del libro di Guadalajara. Vive a Città del Messico.

Immagine in evidenza: Opere di ceramica realizzate dall’artista Hu Huiming, recensita in questo numero.

Riguardo il macchinista

Maria Rossi

Sono dottore di ricerca in Culture dei Paesi di Lingue Iberiche e Iberoamericane, ho conseguito il titolo nel 2009 presso L’Università degli Studi di Napoli l’Orientale. Le migrazioni internazionali latinoamericane sono state, per lungo tempo, l’asse centrale della mia ricerca. Sul tema ho scritto vari articoli comparsi in riviste nazionali e internazionali e il libro Napoli barrio latino del 2011. Al taglio sociologico della ricerca ho affiancato quello culturale e letterario, approfondendo gli studi sulla produzione di autori latinoamericani che vivono “altrove”, ovvero gli Sconfinanti, come noi macchinisti li definiamo. Studio l’America latina, le sue culture, le sue identità e i suoi scrittori, con particolare interesse per l’Ecuador, il paese della metà del mondo.

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