UN MONDO SENZA CONFINI: SANTIAGO, ITALIA DI NANNI MORETTI, recensione di Reginaldo Cerolini

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                                                                                                                                                                                           “Ho cercato la loro umanità

 e la loro emozione”

  1. Nanni Moretti

 

L’occasione di una visita a Modena mi permette di rivedere, dopo anni – allora era stato a Bologna- Nanni Moretti. Al Cinema Teatro Astra, segna un evento, la prima delle sale – delle tre- per grandezza è gremita, i cinquecento posti sono pieni, ed alcuni sono addirittura in piedi. Abbiamo fatto pure una fila di un quarto d’ora bloccando il passaggio del vicolo, insomma una piccola onesta rivoluzione!

Il pubblico ha un’età media di circa 60 anni, 70% donne, io, con la mia amica, rappresento il piccolo gruppo di Under40 – e l’eccezione negra- ma ci sono pure due, tre famiglie con l’orgoglio di portare ed iniziare al rito laico della storia e dei diritti civili i loro figli: propriamente bambini.

Alle mie spalle una signora di mezz’età, a nome della sua associazione, in modo concitato dice al gruppo di soci che ha scritto una lettera a Moretti, ha una voce squillante ed una ripetitività da prova di nervi, ma mi fa simpatia il suo accento emiliano “Io gli ho scritto una lettera, oh bheè! Del resto dice di interessarsi all’accoglienza, e anche noi insomma…, noi siamo invisibili magari luhui ci darà visibilità”.  Sono tentato di dirle che la su associazione non avrà visibilità ma che noi, attorno a lei, non siamo sordi per cui se abbassasse un poco la voce… Prima che la mia verve capoteiana possa colpire, lei, misteriosamente è scomparsa dietro alle mie spalle.  Io mi sistemo sulla poltrona e tiro fuori il mio quaderno da reporter, rosa punk, con Gatto Silvestro e Titti. La mia amica ride, senza ritegno. Perché?

Nanni Moretti arriva in un bello scroscio di applausi – di quelli che forse il PD si sogna da anni-, c’è nell’aria un sentimento strano di gioia, di cordialità ed attesa. Nanni appare emozionato: [1]Grazie di essere qui e grazie per il sostegno. Sapete io sono ateo, ma non per mancanza di dubbi, io sono un ateo incazzato perché davvero vorrei credere, e ciò che dico non è una premessa ad una crisi di coscienza che volge verso la conversione. No. Eppure devo riconoscere che ho fatto questo film, dove bella figura, umana, la fanno un vescovo ed una suora. C’è un’altra cosa, mentre lo facevo mi domandavo perché perdessi tempo a fare questo documentario, quando volevo dedicarmi al mio film che insomma, finalmente comincerò a girare, fra pochi giorni, ma poi ho capito che raccontare le storie di questi eroi del quotidiano aveva senso, ha senso, ma soprattutto ho capito che era una risposta -senza volerlo- al fatto che Salvini sia Ministro dell’Interno, perché questo è un film che parla dell’accoglienza. Ho voluto impostarlo senza l’uso di studiosi e storici, ma con la gente che in Cile visse quell’11 settembre 1973.”

Dalla platea nelle prime file si alza una elegante donna che dice emozionata e forte “Io sono figlia di esuli del Cile”,  Nanni ripete al microfono quello che lei dice, parte un timido applauso, educato. La donna si siede.

Un tempo, l’Italia guardava al Cile con interesse perché si scoprì l’importanza dei voti, della vittoria popolare di Salvador Allende, ma anche perché molte istituzioni e assetti politici nei due stati si assomigliavano. C’è poi un altro aspetto, ovvero che la destra cilena a Pinochet ha perdonato tutto ma quando si scoprì che aveva soldi all’estero fece un timido segno d’opposizione… si vede che i tempi sono diversi, oggi. Io poi non volevo un documentario schematicamente militante, ed ho voluto dentro anche i cattivi, i malos. Ho intervistato un militare in pensione a casa sua, ed uno in carcere, mentre ho tolto, la terza intervista perché si è trattato di un’intervista priva di emozioni. Era piatta.

Quello che ho voluto dire e scoperto con Santiago, Italia è che a volte nella vita sono importanti le lotte di massa, ma a volte sono le persone singole a fare la differenza… si tratta di situazioni eccezionali, come gli Italiani Piero de Masis e Roberto Toscani che vedrete. Buona visione”.

Come un’onda un applauso da tutte le parti della platea lo sommerge e lo avvolge in questo vivo abbraccio in claps. Nanni sostiene per un poco lo sguardo, poi va via. Teme forse le domande del pubblico?

Due minuti dopo, ritorna la signora del club degli invisibili che fa accoglienza, fiera dice “Ho dato la lettera al Nannnni … oh bheè … ma certo che ha gradito zè , ha detto graazzihé!”. Colpito e affondato Moretti!

 

COMMENTO A COLORI

La pellicola Santiago, Italia, ha una linea semplice. Nanni parte dall’ elezione di Allende, usa anche frammenti di pellicole di registi collusi con Pinochet e così ai colori di una folla commemorativa dei nostri giorni, frappone in grigio (il punto di vista ?!) la folla felice di quel giorno. È una scelta registica di spessore laddove l’ottusità di una visione e di una prospettiva non sono in grado di riconoscere sentimenti di vita, di gioia e di bellezza se non come pericolo. Spiega il ruolo di Allende in una nazione estasiata da un sentimento collettivo di libertà e splendore. Sempre nei toni del grigio, documenta la triste prospettiva del giorno macabro in cui quel sogno inverato, quell’utopia con piedi smette di esistere, ma non si dimentica di ricordare le parole di speranza di Allende, poco prima della morte-suicidio (ancora oggi in mancanza di dati i pareri sono contrastanti). Vengono descritti i mutamenti repentini, le sparizioni casuali ed a raggera di cileni, le violenze, le uccisioni, con una forza che è un pugno nello stomaco, ma senza indulgere. Le emozioni di chi parla o l’asciuttezza sono esempi di pura empatia con lo spettatore. Sento i respiri della platea, la sospensione tesa, gli scioglimenti improvvisi, gli applausi ed i singulti quando si sentono frasi importanti sul resistere, e non cedere alle atrocità. Soprattutto viene menzionato il ruolo importante delle ambasciate e dell’ambasciata italiana -con i loro muri salvifici da attraversare e da cui essere accuditi- che più a lungo e con i numeri più significativi ha protetto e trasferito in un Italia, attenta ed accogliente centinaia di esuli, che sono diventati anche italiani[2].

Si tratta di un documentario che usa la storia per raccontare la grandezza e la bassezza, con un taglio diretto e privo di orpelli. Difficile non emozionarsi quando al militare imprigionato che furbescamente fa della demagogia sullo scusarsi reciproco fra popolazione cilena e violenze dei militari, e dunque subodorando l’assurdità delle sue pretese, non volendo dichiarare le sue responsabilità, decide di finire l’intervista che considera troppo di parte, ed un fermo Nanni dice “Io sono di parte!” con un secco gesto della testa. Ecco quell’io sono di parte significa io sono per la vita, per la verità, per la democrazia, per il diritto alla libertà, e in quella frase il teatro intero si trasforma da pubblico a viva umanità. La commozione è palpabile.

Il documentario è un segno di speranza chiaro, un avviso perché giorni di buio non ci rendano secchi e duri, perché il calore della vita in senso universali vinca sulla negazione.  Non so ma alla mia amica dico, preso da un sentimento di intimità con ciò che ho visto che quasi mi soffoca “Carino”, ed Arianna, la mia amica, più istintiva, immediata, dice la pura verità, “Non è carino Regi, è bellissimo!”. Grazie Nanni.

Reginaldo Cerolini

[1]                     Sintetizzo gli appunti presi durante il suo discorso durato una ventina di minuti.

[2] Nelle nostre pagine di Lamacchinasognante, L’intervista di Lina Scarpati Manotas, in tempi non sospetti, aveva già fatto notare l’importanza che quel muro ebbe per molti cittadini cileni:

http://www.lamacchinasognante.com/saltando-il-muro-dellambasciata-italiana-fuggire-dalla-dittatura-cilena/ .

 

Foto di copertina da quelle disponibili in rete per il film.

Riguardo il macchinista

Reginaldo Cerolini

Nato in Brasile 1981, Reginaldo Cerolini si trasferisce in Italia (con famiglia italiana) divenendo ‘italico’. Laureato in Antropologia (tesi sull’antropologia razzista italiana), Specializzazione in Antropologia delle Religioni (Cristianesimo e Spiritismo,Vipassena). Ha collaborato per le riviste Luce e Ombra, Religoni e Società, Il Foglio (AiBi), Sagarana, El Ghibli . Fondatore dell’Associazione culturale Bolognese Beija Flor, e Regista dei documentari Una voce da Bologna (2010) e Gregorio delle Moline. Master in Sceneggiatura alla New York Film Academy e produttore teatrale presso il National Black Theatre. Fondatore della CineQuartiere Società di Produzione Cinematografica e Teatrale di cui è (udite, udite) direttore artistico. Ha fatto il traduttore, il lettore per case editrice, il cameriere, scritto un libro comico con pseudonimo, l’aiuto cuoco, conferenziere, il commesso e viaggiato in Africa, Asia, Americhe ed Europa.

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