Un corvo… che vola su due stampelle
Non si addice alle convenzioni per ora dominanti
la piuma nera
né si addice ai cavi elettrici
o a cadaveri
ricomposti per non marcire.
Iddìo era sul trono
ascoltava la contro-lode
e ti puniva tutto il tempo…
per il tuo sospetto svolazzare sopra i cadaveri profumati.
Iddìo sul trono…
ha creato gli uccelli… e gli ha insegnato a volare,
gli ha insegnato a procurarsi il cibo
e a cadere… tutte le cadute sia le proibite che le concesse.
Iddìo sul trono
e tu adesso provi a riparare le tue ali.
Tu qua
impari un’altra lezione
da ciò che hai perso
da ciò che l’uccello ha fatto
e dall’utilità di una piuma spoglia
per breve tempo dall’acqua contaminata.
Iddìo sul trono
ti priva del volo per impedirti di rubare lo sguardo
a tetti di città poco usi al tuo svolazzare
e per impedirti di sporcare dei tuoi escrementi i fili da stendere.
Si dice che nutri una speranza di riuscire a volare
e sfidare il trono
infrangere le abluzioni delle nuvole
trasgredire le disposizioni della creazione
e ciò che Iddìo ha dato in sorte agli altri uccelli di fare …
Iddìo sul trono
nutre tutti i pennuti
che tornano saziati
mentre tu provi a passare
da una fame per raccattare quel che puoi
degli scarti della gente
affinché ti profumi dallo schizzo di carogne scaraventate a pèrdita
[d’occhio.Hanno tacciato la tua stirpe di malaugurio
venduto la tua nerezza a favore di tutte le vittime della fame.
Iddìo sul trono
e tu su due stampelle
provi a rinsaldare la tua nerezza nel buio
per non smarrire la via.
E tu… come te
fai estirpare le pustole del sole
e sogni nuovamente di volare.
Tra gli oggetti smarriti nella lista della notte
vi è il tuo gracchiare
e si diletterà la tua delusione ad adornare
le tue logore stampelle
e a affrescare nell’acqua della tua fantasia…
per farla sembrare più bella di prima
e tu sotto la protezione del mare
resisti all’inabissare delle tue ali.
Iddìo sul trono
e tu con il tuo gracchiare danno procuri
alle quieti della notte,
cercando una luce che esalti il tuo nero
per vantarti del malaugùrio
e restituire l’orgoglio perduto
alle divinità della sventura.
Qual pezzo di carbone bagnato
inetto al volo.
Esiliato dal tuo stormo
derubato della tua nerezza
e dal barcollare delle tue gambe marchiato
come antenna che afferra il tuono per non cadere.
Iddìo sul trono
getta le tue ali
alle bocche della gente
affinché ti chiamino loro uccello
e si proteggano da te con le sue parole perfette
e i suoi versetti… di cui sei parte.
E tu come prediligessi
il vano esplodere della sacca della tua bile,
per vendicarti
e recitare ciò che puoi del gracchiare
sui cavi dell’alta tensione.
Combattevi qualcosa che il nero dichiarava
nella tua piuma… nella tua nerezza
nella lode che innalzi in nome della notte,
in nome di versetti dal libro banditi,
in nome dell’indeclinabile malaugurio
e in nome del trono supremo
per confermare che la notte ti proteggerà
dall’ingannevole fulgore quando lo cercherai
tra quel che si nasconde dietro l’oscurità dei vicoli
e i cumuli dei rifiuti… e un po’ di quanto facilmente
cade delle delizie degli amanti dietro i balconi.
E tu… come sempre sei… come
eri
come desideri,
sui cavi elettrici … cerchi un brutto presagio
la cui infezione trasmettere, e raccogli una manciata di gracchiamenti
per ammazzare il tempo che ti rimane dinanzi
per riparare le tue stampelle
e proseguire.
Dove il tuo posto sarà il color consueto tra i venditori di spezie
e gli amanti della chiromanzia… e i praticanti di lingue sospette.
Laddove tu possa essere… come sempre sei
Come… eri…
volteggiare nel cielo di Dio
e salmodiare lodi ambigue
tra le mani del Trono.
Traduzione italiana del testo originale arabo di Ashraf Fayad a cura di Sana Darghmouni.
La foto in evidenza è della nostra webmaster, Micaela Contoli, di OpenMultimedia