Ultimo benchmark (Tullio Bugari)

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Ultimo benchmark

 

Mancano pochi giorni al congedo finale. Anzi, tecnicamente si chiama “esubero”, perché il potere s’è trasferito altrove e così l’azienda, come ovunque oramai nel settore finanziario, dopo anni di bulimia è diventata anoressica e vomita tutto. Tutto, tranne i nuovi dirigenti venuti a salvarla: oh prodi salvatori, che ne farete di noi? Per avviarmi al congedo in modo gentile e darmi il tempo di rendermi conto che la mia ora è giunta, mi hanno piazzato in un ufficio periferico a fare nulla tutto il giorno. Mi pagano pure la trasferta. In cambio, come con le clausole del silenzio assenso, non devo farlo vedere troppo che non sto facendo nulla, qualcosa devo pur simulare, che decida io il come, e il come io l’ho trovato. Leggo libri l’intero giorno, me li porto da casa, qualche volta vado apposta in libreria per procurarmene di nuovi a metà mattina. Il mio cervello è in perenne overdose di cultura, mi formicola il cuoio capelluto.

Solo alla pausa del caffè i colleghi mi distraggono, è come un riflesso condizionato. Due passi al bar e qualche aneddoto. Per scaricarsi un po’, mi dicono. O per simulare di scaricarsi, credo. Ho un’idea vaga delle loro strategie per sbarcare il resto della giornata, quali siano le loro clausole del silenzio assenso ma non ne sono incuriosito. Non ho mai creduto nell’azienda, c’è stato però un tempo in un’era precedente a questa, me la ricordo talvolta, in cui anch’io un pochino in fondo in fondo riuscivo quasi a crederci, lo facevo come se giocassi a un business game a imitazione della realtà, rispettoso addirittura dell’equità sociale come un’azienda vera dovrebbe fare. Con il tempo, quelle equità non sono state più sbandierate nemmeno come specchietto per le allodole. E con i nuovi dirigenti il lavoro è cambiato ancora, e la consulenza al servizio dei clienti, dissolta. Solo qualche collega isolato insiste ancora, come l’ultimo dei mohicani, ma anche lui è prossimo al congedo. Ora vanno di moda nuovi prodotti che assicurano tutto, proprio tutto ci manca solo il gatto, e li affibbiano a chiunque si avvicini per chiedere un finanziamento, o anche soltanto un’innocente informazione. Per ogni pezzo che un collega vende, l’azienda assegna punti e a fine mese elogia l’ufficio più bravo. I clienti temono che di questo passo gli toccherà comprare pure il gratta e vinci. Nessuno dei colleghi ci crede veramente ma tutti stanno al gioco, non hanno via d’uscita, questo gli tocca fare e s’industriano a farlo con chiunque, il parente, l’amico, il cliente che ahimè non può rifiutarsi. Durante il giorno i colleghi seguono compulsivamente le statistiche di vendita e l’allineamento con gli altri uffici, il famoso benchmark. Ma è come la corsa delle lumache, le quali poco avvezze allo scatto partono lente, procedono storte, caracollano, una sale sull’altra, tornano indietro. È questo che fanno i colleghi durante il giorno, ed esultano euforici quando riescono a piazzare qualcosa, da quel momento non spostano più nulla attorno, affinché al riparo dell’equilibrio scaramantico, chissà come raggiunto, l’evento possa ripetersi ancora. Io continuo a leggere, mi sono persuaso che sia questo il mio ruolo scaramantico.

Suonano alla porta. Andiamo ad aprire io e un altro collega nella mia stessa condizione, siamo da soli nei rispettivi e nascosti angoli di questo ufficio dagli stanzoni vuoti, gli altri colleghi sono fuori per una battuta di vendita. C’è una signora del condominio che si lamenta della cacca dei piccioni in fila sulla tettoia aziendale per metà sfondata, con i culi allineati a perpendicolo sulla soglia del suo negozio di sanitari. Ci esorta a fare qualcosa. Noi due l’ascoltiamo comprensivi e la seguiamo, ci mostriamo gentili come si conviene e anche attrezzati di una certa nostra aria da esperienza navigata, che rassicura. Giunti sul posto osserviamo e fotografiamo tutto ma davvero tutto con il telefono cellulare, scegliendo con cura le prospettive più pertinenti. È davvero pieno di merda. La signora è compiaciuta, dopo giorni di tentennamenti è stata proprio lei che ha suonato il campanello e attivato il pronto intervento di noi due paludati esponenti aziendali.

Torniamo in ufficio scambiandoci la battuta più ovvia, come se anche questa rientrasse nel protocollo del pronto intervento: che lavoro di merda! Ma poi eccediamo dal protocollo, ci sta anche divertendo questa insperata chiosa finale della nostra carriera. Ancora di buon umore ci siediamo al computer, scarichiamo le foto e le spediamo via email agli uffici competenti. Competenti di che? rispondono quelli a stretto giro: noi mica spaliamo la merda, sottolineano. Dovete seguire la procedura automatizzata. Non azzardatevi a toccare nulla. Noi due ci scambiamo uno sguardo e solleviamo le mani in segno di resa. Ci siediamo di nuovo davanti allo schermo, cerchiamo il portale e lo apriamo, leggiamo le istruzioni, trascriviamo il codice progetto per attivare la pianificazione e definire la tempistica, registriamo i nostri nomi come proprietari di questo ‘intervento di merda’, è proprio così che scriviamo a scanso di equivoci, compiliamo tutto il modulario fino alla fine, alleghiamo di nuovo le foto e spediamo via il tutto, soddisfatti della nostra professionalità. Da questo momento non ci interessa più nulla. Rientrano i colleghi dal giro di vendite, sono scuri in volto, hanno il carniere vuoto, una giornata di merda: che ciascuno torni subito al suo posto, intimano secchi, e nessuno si azzardi a toccare nulla! Noi due ci rintaniamo silenziosi nei rispettivi angoli nascosti.

Arriva il giorno del congedo, vado via in punta di piedi come se non ci fossi mai stato, senza toccare nulla: i piccioni sono sempre al loro posto che cagano in perfetto benchmark, il rating è stabile, persino lo spread si è un po’ depresso e ha smesso di muoversi, e i colleghi a intervalli più o meno regolari ogni tanto esultano. Ma è davvero così che si salvano le aziende?

Tullio Bugari, inedito, per gentile concessione dell’autore

 

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Tullio Bugari è nato a Jesi nel 1952, in una casa di campagna che oggi non c’è più: tolta di mezzo per far posto ad una strada. Laureato in filosofia a Roma a metà degli anni Settanta, nella sua vita reale si è occupato per molti anni di ricerca sociale, formazione, intercultura e raccolta di storie; negli ultimi anni ha pubblicato: nel 1999, insieme a Giacomo Scattolini, “Izbjeglice/Rifugiati, storie di gente della ex-Jugoslavia”, con un racconto di Predrag Matvejevic (ed. Pequod, Ancona); nel 2000, “Itinerari, storie di viaggio dentro al mondo”, racconti di migranti raccolti nelle Marche, in Catalogna, in Svezia e in Germania (programma europeo Comenius); nel 2004, “Parole condivise” (Franco Angeli, collana La Melagrana), il racconto a più voci di un’esperienza di accoglienza scolastica dei minori stranieri nelle scuole di Ancona; nel 2007 e nel 2008 le due antologie Alfabetica, dedicate ai poeti e scrittori migranti che hanno partecipato a Jesi ad “Alfabetica, incontri letterari con i nuovi autori in lingua italiana”; nel 2011, il romanzo “La ragazza che corre” (affinità elettive, Ancona); nel 2011, insieme a Giacomo Scattolini, “Jugoschegge, storie e scatti di guerre e di pace” (Infinito edizioni); nel 2013, “In bicicletta lungo la Linea Gotica”, in viaggio con la Staffetta della Memoria dal Tirreno all’Adriatico (Infinito edizioni). Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati sulla rivista on line Sagarana diretta da Julio Monteiro Martins.

 

Foto in evidenza di Melina Piccolo.

Foto dell’autore a cura di Tullio Bugari.

 

 

Riguardo il macchinista

Loretta Emiri

La scrittrice Loretta Emiri è una delle macchiniste fondatrici e ha collaborato particolarmente al numero zero della rivista. Si è ritirata dal gruppo operativo a ottobre del 2016. È nata in Umbria nel 1947. Nel 1977 si è stabilita in Roraima (Brasile) dove ha vissuto per anni con gli indios Yanomami. In seguito, organizzando corsi e incontri per maestri indigeni, ha avuto contatti con varie etnie e i loro leader. Ha pubblicato il "Dicionário Yãnomamè-Português", il libro etno-fotografico "Yanomami para brasileiro ver", la raccolta poetica "Mulher entre três culturas". In italiano ha pubblicato i libri di racconti "Amazzonia portatile" (Manni, 2003), "Amazzone in tempo reale" (Livi, 2013) – che ha ricevuto il premio speciale della giuria del Premio Franz Kafka Italia 2013, “A passo di tartaruga – Storie di una latinoamericana per scelta” (Arcoiris, 2016), il romanzo breve "Quando le amazzoni diventano nonne" (CPI/RR, 2011). È anche autrice dell’inedito "Romanzo indigenista", mentre del libro "Se si riesce a sopravvivere a questa guerra non si muore più", anch’esso inedito, è la curatrice.

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