Ulivi e poesie della resilienza. “Così che le mie foglie possano accarezzarti” (Florenza Mongelli e Pippo Marzulli)

foto ulivi

ULIVI E POESIE DELLA RESILIENZA.

“Così che le mie foglie possano accarezzarti”

 

 

 

 

 

 

Introduzione di Lucia Cupertino.

Testi di Florenza Mongelli e Pippo Marzulli

Sono trascorse meno di 24 ore da quando è stata resa ufficiale la notizia degli avvisi di garanzia inviati ai grandi promotori e attuatori del piano Silletti il cui nome, in virtù della regola del contrappasso, compare proprio in cima alla lista degli indagati.
Trascino a fatica il mio trolley nella gelida Bologna e ne parlo ad un amico con un fervore creduto sopito ma riacceso a parlare di terra delle origini, un fervore che scaturisce dalla fierezza e compostezza dei volti protagonisti: quelli del Popolo degli Ulivi e quelli degli stessi uliveti, al momento messi a salvo dopo tanti altri ormai ingiustamente eradicati. E per una volta tra questi volti bisogna annoverare anche quelli di una manciata di testate giornalistiche, tra cui
Comune-info, e gruppi Facebook diventati indefesse antenne del movimento. Anche nei momenti più bui, come quello delle denunce per la disobbedienza civile del 10 novembre sui binari di San Pietro Vernotico, giunte a raggelare, ma solo temporaneamente, il sangue dei membri di questo meraviglioso esempio di movimento dal basso dal tocco mediterraneo.

Il Popolo degli ulivi è un movimento sorto in piazza San Oronzo a Lecce il 29 marzo del 2015 per tutelare gli ulivi dalle minacce delle eradicazioni dovute al piano Silletti, mentre le Brigate Poeti Rivoluzionari – sezione Puglia – sono state da subitissimo reattive nel creare readings, performances e incontri informativi sul tema nel territorio anche nel clima di diffidenza generale creatosi o, ancor peggio, di connivente silenzio. Le poesie che qui si riportano sono quelle di due suoi membri, da una parte le poesie di Florenza Mongelli, estratte dall’installazione poetica che ha avuto luogo lo scorso 8 novembre a Grottaglie, nel corso di una giornata promossa dall’associazione Utópia per raccogliere fondi da destinare al contrasto del piano Silletti, dall’altra quelle di Pippo Marzulli, altro baluardo barese delle Brigate.

Quei volti scavati da rughe di pelle e lignee sono gli stessi che hanno accompagnato la mia infanzia e i miei rientri in Puglia, quegli ulivi sono lo scenario sempre accarezzato con lo sguardo nella campagna del nonno come dall’alto di un volo con destinazione Bari Palese. Sono un po’ lo sfondo del mio desktop mentale, di ogni sogno in cerca di un setting immaginario e palpabilmente reale, per fortuna non andato del tutto perduto.
Ma stiamo all’erta, sempre, con un occhio al territorio più che alle tasche e ai presunti risanamenti e crescite promessi da piani e manovre economiche…


di Fiorenza Mongelli

Sul crepaccio

Sali luna dal crepaccio di nubi,

dal mio cuore sali sulla corteccia e scendi dalle lacrime di foglie sul sangue di linfa sparso per il “piano del male”.

I salici stanotte piangono per i loro fratelli ulivi, le loro foglie accarezzano ora la terra ora l’acqua ai loro piedi di radici.

Salici su quell’albero e abbraccialo, sentilo suonare, proteggilo o perirai con lui quando la lama affonderà cinica nel suo alburno fino al midollo e poi gemendo cadrà per terra e sarà tuo fratello che vogliono sacrificare per nuove frontiere occulte.

Salici e non ti frenare, grida il tuo amore alle stelle in cammino

e ai guardiani di luce!

Qualcosa accade alla nostra terra,

la lava dei nostri cuori spinge e proprio su quel crepaccio si spegne.

La luna resta a illuminare i salici, il silenzio è una culla tra i loro rami.

Orfani

Siamo orfani di cultura
Quando non ci insegnano ad amarla,
siamo orfani di terra
se si ostinano a nascondercela
siamo orfani di mare
se chi ci ha preceduto
non l’ha saputo preservare
siamo orfani quando la nostra storia viene cancellata
o manomessa
e non c’è più nessuno che la tramanda
siamo orfani di patria
quando costretti ad andar via
diventiamo migranti ma dentro restiamo orfani
orfani di noi stessi.

Eredità invisibile

Prova a sentire
un angelo addormentato
nato, continuato e distrutto
dal vento, dal mare, dall’uomo
un angelo distrutto e addormentato
senza scheletro con le ali di pino.
L’angelo ha in sé e su di sé
le cicatrici universali dell’odio e dell’amore
ogni onda gli porta un dono e l’uomo non lo vede
ogni soffio di vento si unisce al suo respiro e l’uomo non lo sente
la terra lo inghiotte e l’uomo lo calpesta
ma l’angelo risorge
si incendia e dalle sue ceneri spuntano forti i germogli della Libertà.

Il giardino come testamento

Ho atteso il momento di scriverti
curando il giardino di domani
quello che osserverai crescendo,
quando capirai che un’anima può risiedere
in quel giardino spontaneo
e che un ramo decide esso dove spuntare
imprevedibile come la stessa vita che sboccia
ad ogni primavera del tuo cuore.
Tutto ciò che ho fatto
per diventare ciò che non sono
mi ha fatto capire
che sono e sarò ciò che non ho ancora detto o fatto
e che è arrivato il momento di fare spazio
e concimare nuova terra seminando te.
Fertile e deciso muoverai le corde di una dolce arpa e insieme i tasti di un basso sax dipingendo i colori più audaci che la tua mente può concepire
E respirerai piano nel giardino
dove pianterai quelle amarezze che la terra consumerà.
Finché un giorno tornando a casa troverai piantine dallo stelo eretto, fiero, con giovani e tenere foglie colme di speranza.
Osservale crescere, non eccedere con l’acqua e curane l’esposizione al sole.
Guarirai assieme a loro come io farò vedendo crescere te.

Capire

Capire che son terra
e in me c’è un albero
capire e sentire
le sue radici
in costante richiesta di scambio sotterraneo
a suggere e chiedere nutrimento
per crescere e capire
capire che son tronco
dal midollo alla corteccia
persa talvolta nell’alburno
per sentirmi più protetta
e nel mezzo
indugiar sospesa
nutrita dalla linfa
uscita in superficie a salutare i piccoli ospiti
venuti a farmi visita
e non chieder nulla
ma ricevere spinta e diventar casa
e mentre rifiuto accolgo
e così scoprire i miei rami nodosi
che incedono maestosi verso l’alto e poi di nuovo verso il basso
più incerti
si incontrano e allontanano portando il mio saluto agli abitanti celesti
che partono e tornano e in me trovano rifugio e casa
orgogliosa di capire
e dalle foglie trasformare ciò che non posso capire
per sempre
nutrimento e messaggero di pace
lodando il cielo
lodando le stelle
divenendo creato
essendo fratello verde dell’uomo
ora mi aspetto lui capisca,
aspetto e accolgo.

Accolgo

Accolgo l’esistenza
Che mi è data
Senza che l’avessi chiesta
Mi sorprende il tuo sguardo, la curiosità
La nostra complicità e
Nella fragilità di questo incontro
Stendo i miei rami fino a te
Così che le mie foglie possano accarezzarti
E ogni singolo essere che mi abita vederti
E tu guardarmi insieme ai miei fratelli
Tra qualche giorno non ci saremo più
Al nostro posto sorgerà un’ industria
Sotto le nostre radici il respiro della terra…
Ci colpiranno
Senza pietà ci faranno a pezzi
E i nostri resti accatastati
Dimenticati, venduti
Spediti alle fabbriche del legno
Mi hanno detto ora di dirti che torneremo
Di non piangere per noi
Che l’oro degli stupidi compra e uccide
E inietta veleno nella terra
E nell’aria
Il profitto lega il nostro destino allo sradicamento della civiltà
Ma noi risorgeremo…gridalo
In questi templi naturali colonne altissime e verdi
Intatte da secoli, millenni, esistono nell’eternità
Un esistenza che accompagna le stagioni degli esseri tutti
Come capirlo…
Finiranno
Loro taglieranno
Disboscheranno
Loro incendieranno
Loro faranno a pezzi
Ma noi pianteremo
Insieme di nuovo
Alberi, ghiande, semi di speranza sempre ovunque
E tu resisti piccolo uomo
Venuto a salutare la vita
E respira il mio nome per sempre
Albero.

Donne gravide
Voi uccidete
Donne gravide
le mandate al patibolo
senza poter mettere al mondo il proprio figlio,
Con quanta fretta le colpite a morte
Il loro frutto cade a terra nessuno lo raccoglierà
Ventri rovesciati
Sacrificati
Quanto frutto quest’anno
Mentre raccolgo
Canto
Ma il mio canto è amaro.

Florenza Mongelli_Adotta un ulivo


di Pippo Marzulli

Mediterranea – Mente

La potatura dell’olivo
è a calice di cristallo
ma l’Europa in alta uniforme nera
dopo aver pasteggiato col sangue della terra
nell’aberrazione di un greco matrimonio
l’infrange al suolo.
– reminiscenza di uno stupro già avvenuto –
Di Atene la sacra lancia
che percorse la roccia
per omaggiare l’uomo
con l’albero sapiente,
ma Aristeo giace inerme da millenni
e il capitale è un dio geloso
lesto nel falciare memorie secolari
spezzando con accetta fascista
il simbolo di pace
che ci unisce mediterranea – Mente.

#‎oriaresiste

Per un giorno,
un singolo battito nel cuore di kronos,
sono stato olivo pensato
 
dieci, cento, mille anni prima.

Le mie radici,
in guerra col tempo,
permeavano l’impermeabile
 
terra rossa bruciata e spaccata
 
da un sole che non lo fermi
nemmeno se gli spari addosso.

Il cielo che ghermiva le mie fronde
con azzurri riflessi di luce
donava un perché al verde delle mie gemme
e non un regnante accomodato su di un trono altero
ne ebbe di così preziose
ma il popolo cinse
 
il capo delle giovani spose.

Pure acque sorgive
di fonti insorgenti,
curavano ogni male
con freschezze cristalline
 
anche nell’afa che zittisce le api festose,
per ringraziare il creatore,
non pagar dazio alla coscienza oppressore
diedi all’uomo custode
frutti di oli in cure di eleganza in armonia
da sigillare nel cuore contadino.

Un giorno
di maestosa benevolenza
diedi udienza
 
a un uomo
piccolo, piccolo,
coi trenta danari ben visibili nella saccoccia
che mi baciò e disse:
hai la xylella.

Io non credo
#stoperadicazioni #stopfrodexylella

Io non credo
alle bugie narrate dai media
che sono come il vento
che fa muovere la bandiera
a suo piacimento.

Io non credo
al politico colluso,
ai pesticidi, al genocidio arboreo, all’eradicazione
e nemmeno all’agricoltore illuso.

Io non credo
al decreto che annichilisce il buon senso
con un piano diabolico
senza umanità & sentimento.

Io non credo
alla xylella con cui ci schiaffeggiano nuovamente,
perché l’istituzioni schiave del capitale
sono il vero parassita fastidioso
principio di ogni male,
ma questa volta non rimarrò indifferente.

Io credo
ci siano abbastanza corde, pietre e scale
per salire sugli alberi
e difendere il vero capitale.

Questo è un genocidio!
#stoperadicazioni #stopfrodexylella

I corvi
hanno abbandonato i campi di battaglia,
troppo distanti per grasse ali
nutrite con miliardi di morti
e ossa non più cave
ma traboccanti del midollo
di una società in decomposizione,
per cibarsi di ulivi secolari
serviti su di un vassoio d’argento
al gran galà dello stato
fascista & assassino.
Nella culla del sapere
son riposte le sacre pergamene,
che a morte certa
condannavano chi di un olivo
ne segnava la sorte.
Ora, che la culla è perduta
salvare un olivo,
alla cui ombra si fortifica
un popolo solare,
son condanne meschine & pecuniarie.
La mia unica colpa è l’amore,
lo è sempre stata,
amore per settantamilioni di vite innocenti
sacrificabili al dio denaro,
i cui sacerdoti,
son le multinazionali indecenti.


Foto in evidenza di: Florenza Mongelli

Inserito da: Lucia Cupertino

Riguardo il macchinista

Lucia Cupertino

LUCIA CUPERTINO (1986, Polignano a Mare). Scrittrice, antropologa culturale e traduttrice. Laureata in Antropologia culturale ed etnologia (Università di Bologna), ha conseguito un Master in Antropologia delle Americhe (Università Complutense di Madrid) con tesi sulla traduzione di fonti letterarie nahuatl. Vive da tempo tra America latina e Italia, con soggiorni più brevi in Australia, Germania e Spagna, legati a progetti di ricerca, educativi e di agroecologia. Scrive in italiano e spagnolo e ha pubblicato: Mar di Tasman (Isola, Bologna, 2014); Non ha tetto la mia casa - No tiene techo mi casa (Casa de poesía, San José, 2016, in italiano e spagnolo, Premio comunitarismo di Versante Ripido); il libro-origami Cinco poemas de Lucia Cupertino (Los ablucionistas, Città del Messico, 2017). Suoi lavori poetici e di narrativa sono apparsi in riviste e antologie italiane e internazionali. Parte della sua opera è stata tradotta in inglese, cinese, spagnolo, bengali e albanese. È curatrice di 43 poeti per Ayotzinapa. Voci per il Messico e i suoi desaparecidos (Arcoiris, Salerno, 2016, menzione critica nel Premio di traduzione letteraria Lilec – Università di Bologna); Muovimenti. Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi, Lecce, 2016) e Canodromo di Bárbara Belloc (Fili d’Aquilone, Roma, 2018). Membro della giuria del Premio Trilce 2018, Sydney, in collaborazione con l’Instituto Cervantes. Cofondatrice della web di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com, con la quale promuove iniziative letterarie e culturali in Italia e all’estero.

Pagina archivio del macchinista