Ora ci chiamano,
prima di iniziare a sganciare le loro bombe.
Il telefono squilla
e uno che mi chiama per nome
mi dice in un arabo perfetto
“Sono David”.
Ed io, in questo stato confusionale
immersa fra sinfonie di boati e di vetri frantumati
la cui eco ancora si infrange nella mia testa
penso, conosco forse qualche David a Gaza?
Ora ci chiamano per dirci
Tutti fuori, di corsa!
Avete 58 secondi a partire dalla fine di questo messaggio.
La vostra casa è la prossima.
Loro vedono questo gesto come una sorta di
“cortesia di guerra”.
Non importa che per noi
non vi sia alcun posto verso cui correre.
Poco importa che ogni confine sia bloccato
che i nostri documenti non abbiano alcun valore
se non quello di sancire la nostra condanna
in questa prigione affacciata sul mare
O che i vicoli siano stretti
e vi siano in essi vite umane
-quasi accartocciate l’una sull’altra-
ammassate più che in qualsiasi altro posto del mondo
Via di corsa e basta.
Non stiamo cercando di uccidervi.
Non importa che
non possiate poi richiamarci per dirci
che le persone che sosteniamo di volere non sono nelle vostre case
che anzi non c’è proprio nessuno lì
se non voi e i vostri figli
che in quell’attimo stavano tifando per l’Argentina
condividendo l’ultima pagnotta a disposizione per la settimana
contando le candele rimaste in caso di un imminente blackout.
Non importa se avete dei bambini.
Vivete nel posto sbagliato
e questa è la vostra opportunità di correre
verso il nulla.
Non importa
che quei 58 secondi non siano abbastanza
per riuscire a trovare l’album del vostro matrimonio
o la coperta preferita di vostro figlio
o l’iscrizione al college che vostra figlia aveva quasi completato
o le vostre scarpe
o per riuscire a radunare tutti coloro che stanno in casa.
Non importa ciò che avevate pianificato.
Non importa ciò che ognuno di voi era diventato.
Dimostrate di essere umani.
Dimostrate di saper stare in posizione eretta su due gambe.
Correte.
Traduzione di Camilla Brazzale dall’inglese. Originale inglese “Running orders” dal sito della Poetry Foundation https://www.poetryfoundation.org/poems/143255/running-orders
Lena Khalaf Tuffaha con il suo retaggio palestinese, giordano e siriano ha vissuto l’esperienza delle prime generazioni di emigrazione ed espatrio, e parla correntemente in arabo ed inglese. Ha vissuto e viaggiato in molti paesi del mondo arabo e le sue poesie si ispirano all’esperienza dell’attraversamento dei confini culturali, geografici, tra lingue, il presente e il passato. La sua prima raccolta di poesie Water and salt (Red Hen Press) ha vinto nel 2018 il premio Washington State Book Award per la poesia e la sua plaquette Arab in Newsland ha vinto nel 2016 il premio Two Sylvias Prize.
Suoi saggi sono stati pubblicati nel Seattle Times, Al-Ahram Weekly, e nel Kenyon Review Online. Ha tradotto le sceneggiature di film come When I saw you di Annemarie Jacirc he hanno vinto premi importanti. Ha tradotto dall’arabo il libro I Am A Guest on This Earth del poeta iracheno Faiza Sultan pubblicato da Dar Safi Press.
Camilla Brazzale, studentessa di Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Bologna. Appassionata di cultura, lingua e letteratura araba (focus del suo indirizzo di studi universitari) e attivista per la causa palestinese. Collabora con i Giovani Palestinesi d’Italia, nello specifico nei contenuti letterari.