TRE POESIE SU “LA PACCHIA È STRAFINITA”

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Da: Aa. Vv, La pacchia è strafinita. Antologia di scritti poetici e in prosa (2018, a cura di Versante Ripido)

 

 

Paolo Polvani

Rumba della vera pacchia

 

 

La prima vera vera pacchia è ignorare la complessità

le implicazioni le complicazioni la concatenazione delle cause

e si, una grande pacchia l’attraversamento dei deserti quando

l’unica prospettiva è guardare il muro della fame e aspettare

soltanto di finire, ah che pacchia pacchia quando il mare t’inghiotte

e ti risucchia e ti risputa in forma di poltiglia, in placche

di carne e ossa che l’acqua spolpa in sussurri, in gargarismi

e garruli rigurgiti che pacchia pacchia prendere l’umanità

e pestarla, calpestarla, frantumarla che tanto noi c’abbiamo l’acqua

e c’abbiamo filo spinato quanto basta e c’abbiamo il grido

delle truppe e i voti e gli stendardi e i baluardi e i crocifissi

da appendervi voi tutti che invece c’avete soltanto fame e occhi

disperati e che pacchia pacchia non avere neanche un piccolo orto

per piantarci i semi del rimorso che pacchia ignorare

il pianto delle madri che pacchia il pil che sale e il sale

che incrosta le ossa in fondo al mare che pacchia i respingimenti

se te ne stai al sole e sei in vacanza che pacchia dire

ma questi tutti col telefonino e certe pretese e certa fame!

che pacchia affilare le armi e sprofondare dentro sonni tranquilli

che pacchia il buio e la ferocia senza pentimenti che pacchia

questa tremenda notte che c’inghiotte

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Francesca Del Moro

 

Che pacchia

starsene lì a battere la fiacca

a quest’ora del giorno

mentre gli italiani lavorano.

Che pacchia

gli occhi rivolti al cielo

il dorso rilassato in appoggio

un sorrisetto sulle labbra.

Che pacchia

coi pomodori buttati

alla rinfusa tutt’intorno

non li ha nemmeno messi a posto.

Che pacchia

a cinquant’anni ha già finito

beato lui che d’ora in poi

non dovrà muovere un dito.

Che pacchia, che pacchia,

con le braccia aperte a croce

sul volto un volo di mosche,

il sole in fronte l’ha baciato,

lui dorme, dorme nel campo.

(in memoria di Abdullah Muhammed)

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Velia Leporati

 

La pacchia è l’attesa:

del permesso di soggiorno

di un lavoro

della fine della giornata di 12 ore

pagate in nero,

di qualcuno che ti affitti casa,

di qualcun’altro che ti guardi in faccia

e ti riconosca.

La pacchia è l’alloggio della Caritas

dove puoi dormire ma non restare

o il pavimento della stazione

zero gradi di calore

è la panchina col wi-­‐fi gratis

il cellulare col quale chiami i tuoi.

La pacchia è la ragazza che non ti guarda

la città che ti parla dietro

il futuro che non vedi davanti.

La pacchia è chiedere gli spicci

davanti al Conad

andare a lavorare in bicicletta

sotto ogni tipo di cielo

La pacchia è essere fuori da un tunnel

e dentro un altro

non conoscere la lingua degli altri

ma riconoscere le parole che tagliano.

Chi vuol scambiare questa pacchia con la sua?

Riguardo il macchinista

Lucia Cupertino

LUCIA CUPERTINO (1986, Polignano a Mare). Scrittrice, antropologa culturale e traduttrice. Laureata in Antropologia culturale ed etnologia (Università di Bologna), ha conseguito un Master in Antropologia delle Americhe (Università Complutense di Madrid) con tesi sulla traduzione di fonti letterarie nahuatl. Vive da tempo tra America latina e Italia, con soggiorni più brevi in Australia, Germania e Spagna, legati a progetti di ricerca, educativi e di agroecologia. Scrive in italiano e spagnolo e ha pubblicato: Mar di Tasman (Isola, Bologna, 2014); Non ha tetto la mia casa - No tiene techo mi casa (Casa de poesía, San José, 2016, in italiano e spagnolo, Premio comunitarismo di Versante Ripido); il libro-origami Cinco poemas de Lucia Cupertino (Los ablucionistas, Città del Messico, 2017). Suoi lavori poetici e di narrativa sono apparsi in riviste e antologie italiane e internazionali. Parte della sua opera è stata tradotta in inglese, cinese, spagnolo, bengali e albanese. È curatrice di 43 poeti per Ayotzinapa. Voci per il Messico e i suoi desaparecidos (Arcoiris, Salerno, 2016, menzione critica nel Premio di traduzione letteraria Lilec – Università di Bologna); Muovimenti. Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi, Lecce, 2016) e Canodromo di Bárbara Belloc (Fili d’Aquilone, Roma, 2018). Membro della giuria del Premio Trilce 2018, Sydney, in collaborazione con l’Instituto Cervantes. Cofondatrice della web di scritture dal mondo www.lamacchinasognante.com, con la quale promuove iniziative letterarie e culturali in Italia e all’estero.

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