Trasferimenti evoca immediatamente viaggi di lavoro o studio, percorsi di vita e di ricerca di sé come quello che ha portato Viviana da Palermo al Nord Irlanda.
Nella raccolta entra la Terra della prima Sezione, terra fatta di incontri, di fughe da altre terre, quelle devastate da guerre e fame che Viviana rappresenta con una grandissima umanità, senza scadere mai nel déjà-vu o nel tono enfatico. Umanità che tiene incollati alla sedia verso dopo verso, quando entrano in campo il cielo, contraltare della terra con i suoi storni migranti, le beccacce, i gabbiani, la cinciarella. La natura è un richiamo forte per la nostra autrice, riflette pensieri e storie con la sua brughiera, gli anemoni e le rose.
La silloge si snoda attraverso la seconda sezione Discostamenti, legata alla precedente in quanto allontanamenti e deviazioni della propria vita e di quelle di chi incontriamo sui nostri passi, a cui seguono le successive sezioni dedicate al rapporto con la madre e con il padre lontani e a ricordi vivi d’infanzia, ai quali è dedicata la silloge: a mio padre e a mia madre prima maestri di ogni separazione. In testi come la catena del respiro Viviana annulla le distanze di un oceano di mezzo tra Italia e Irlanda con versi che scandiscono l’ordinario tempo di un giorno qualsiasi vissuto contemporaneamente da lei e dalla madre.
L’ultima sezione si presenta molto diversa dalle precedenti: l’autrice intesse un dialogo intimo sull’amore e il desiderio ispirandosi nella versificazione e nella scelta delle parole ai frammenti e agli aforismi di Saffo.
Una raccolta ricca di stimoli diversi, emozioni e sfaccettature che Viviana offre al lettore come un dono nel quale entrare da molteplici direzioni e da percorrere con i tempi distesi dei grandi spazi, di terra e di cielo.
La poeta usa lo strumento del parlato, dei dialoghi e delle riflessioni su di sé e sugli altri, meticcia i linguaggi, come il linguaggio burocratico insieme a quello poetico, riesce a scrivere un testo poetico utilizzando la terminologia fredda e distaccata del Settlement Status, il modulo di domanda richiesto dal governo britannico a tutti i cittadini europei a seguito del referendum sulla Brexit.
Le pagine bianche sono utilizzate come tavolozze di cielo, dove far volare i versi che non accettano le costrizioni dei corpi, delle leggi e della stupidità umana.
Il verso è breve, libero, a volte parcellizzato, cambia luogo, si trasferisce, si scosta e cerca di dar rappresentanza alla voce della poeta attraverso la forma grafica.
I Sezione TERRA
I -Approdo
i
Cielo, tu sei troppo grande;
blu di Persia –
non ti conosco
ii
io ti chiamo, Terra;
dammi un suolo per questi piedi
una casa alle mie incertezze
un rifugio per dubitare.
iii
Un posto per vivere.
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III- Tra i denti
Io ti racconto e ti racconto
così il tempo passa,
e ti piace, perché poi c’è voglia
anche di questo,
di lasciarsi come squagliare
del gelo, come qualcosa di dolce
rappreso lì tra i denti.
Io lo so che il vento
le spore e altro e poi altro ancora trasporta.
Perché sono le possibilità
di terre, altre, e speranze
come funghi tra muschi
e sfagni e altro, altro, ancora.
Come quella luce che è bianca in te,
che è venuta lei fuori dal seme
di quel dolore che avevi sepolto
nel tuo cuore fatto latente
occulto come pietra.
==
V – Un incontro
Oggi troppo strana la coincidenza
e le tue mani lontane
e le mie immobili
alla tavola degli eventi.
Sotto la luce a neon,
c’è anche questo
l’orrore delle cose,
e il sentirsi sbagliati.
E non tremiamo perché siamo
corde slacciate o spezzate dal caso.
Mi avevi detto il cielo
perché poi era compatto
per sterne e cigni
ma non più per noi,
mi avevi detto che pure stranieri
attraversano confini e l’aria
la respirano tutta,
come fosse ossigeno.
E senza differenza.
Allora io ero uscita
e dopo il cancello
avevo cercato dov’era il punto
che tu indicavi,
quella crepa del cielo
dove per noi le cose si spezzano.
==
Litorale II
Prima di voltarci e tornare,
dammi la mano.
Tu sai gli scogli che girano
a nord
indovini case
imbiancate e tetti scuri oltre
la bruma immagini la Scozia
oltre l’azzurro tra nuvole
di grecale.
E nel tuo palmo
pesi pensieri
sono linee tra le dita.
Da noi stessi proviene anche il tempo,
alture
dalle quali emergiamo.
Se prima di dare le spalle al mare
rimango in questo sfiorare
non ha altro da aggiungere l’amare.
==
Successivo
Aprire gli occhi
è la legge del corpo.
La nuova terra
prova della mente.
So che posso vedere
in ogni separazione
il mondo
in ogni fallimento
la scelta
in ogni silenzio
sé stessi
per la ricchezza del buio.
Poiché se riemergo, seguo
una luce
fessura / interstizio / varco.
Un respiro e il suo successivo.
==
Analfabeta
L’avevamo conosciuto per caso
un giorno di tanti anni fa sull’isola.
Il traghetto ci aveva lasciati al molo
e l’acqua era azzurra anche al porto.
Avevamo risalito il sentiero
che dal molo portava tra le case.
Lui tra le mani aveva del pane.
La mattina aspettò al panificio
portava la camicia bianca, aperta,
e un cappello di paglia.
Spiegò che un tempo faceva il formaggio
e aveva due capre,
l’acqua veniva dalle altre isole
ma c’erano le sorgenti nascoste
tra le rocce e le grotte.
La fattoria e le capre in collina,
ci indicò un punto alto tra le rupi.
Lui e suo padre si erano rannicchiati lì sopra,
ci disse di tre cacciabombardieri
tra l’albero e la casa.
I tempi della guerra, lui disse.
Pescavano verso occidente
si erano spinti fino in Tunisia
bloccati dalla tempesta per giorni
a giocare con pentole e parole,
e raccontare gesta di paladini.
Ci disse, che si faceva così
per non morire per mare.
Aveva i denti marci.
Quando una mattina arrivò sua figlia
l’auto traballò lungo la salita,
sul sedile sedeva una bambina
di pochi anni,
l’uomo tirò su la bambina in braccio
e tra la camicia e il cappello
gli diede del pane.
Era bianco.
Ci sono cose che non si dicono,
lui disse.
Se ti chiedono da dove vieni, dici il tuo nome.
Non era nato qui, c’era arrivato,
Pina e Dado anche – no, non erano nati sull’isola.
Se un pescatore trova un uomo in mare
lo salva.
I decreti non li conosceva
disse
e comunque non sapeva leggere.
Gli esseri umani, ripeté, vengono da dio.
Indicò tra occhi e mare.
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II Sezione: Discostamenti
Resistenza non binaria
snodo
vestiti e croci di pensieri
la gabbia
e il suo uccellino
che dentro canta
il suo trillo
timoroso
snodo
perché è la pratica
di liberare
perché siamo nati
e
già allacciati
a
cause
e costumi
stili
e desideri
aspettare di essere
amati nella propria promozione
dichiarare senza ragionare
rimanere sulla linea
dritta
sigillare e impermeabilizzare
la mente
sentirsi bene
sorridere
credere nel padre
hai nella borsa
il mutuo
il lavoro i bambini
non pensare di cambiare
l’ordine
non hai il permesso di sporgerti senza margine
verso il disordine
snodo
in segreto
perché ci sono ali nel cielo
e le libellule nel sole
possono essere forme
lasciate andare
liberare
dalle mani
ogni giorno
per la gioia
di amare
diversamente
tra le tasche e le dita
snodo
l’imprevedibile
segreto
di alzarsi
come fa il pulviscolo
di fare il sentiero
come l’erba schiacciata
ma non più legata
io
poiché oggi io
le mani
giungo
e giuro
di slegare
me stessa
nonostante il costante allineamento
delle posate
previste al tavolo
nonostante
mi senta incapace
e anche deviante
nell’uso dei pronomi
per la mia persona
allarmante
nonostante
io vada all’altare non accompagnata
e reciti il silenzio il salmo
di snodare
e preparare il salto
ogni giorno
chiudere il vuoto
dove le linee si intersecano
i confini si mescolano
io tengo il codice segreto
per rompere la terra
con la penna.
==
III
–
Nord geografico
Ai piedi della brughiera a Nord
Le parole viaggiano con la luce.
A Cavehill la primavera è lama.
L’erica taglia i bordi dove crescono rocce.
Ti immagino. Tu mi ami tra sussurri
E domande seminate sparse dalla luce crescente.
Il bocciolo di biancospino è pronto a rivelare il segreto
Sul Lough beccacce nebbia e gabbiani azzurri.
Cielo di aprile
Tutto sotto la tua pellicola trasparente sigillato.
==
III Sezione MADRE
Catena del respiro
Mi desta il tuo dormire
distante miglia oltre il mare
inspiro quando espiri
e sogno di legare
le vite
nel tuo utero
cicatrizzare solo cicatrizzare.
Emergere
a te
madre
da acqua
==
Arco del tempo
[4:30] Ti alzi insonne, frammenti di foglie consumate e la pioggia d’autunno [4:30] Probabilmente dormo, chiusa nel fuso orario
forzata sui confini dei paesi.
[6:00] L’ora legale annullata, la tua stanza ancora scurale ore più buie sono prima dell’alba
come il giorno che ti ho lasciata, tu sul letto un ramo piegato.
[6:00] Mi rigiro e ti aspetto in sognola forma di compassione, la boa affondata nel fiume di luce.
[8:00] Mi chiami al telefono da un vuoto leggiadroracconti la tua colazione
io ti chiedo dei dottori, medicine e tutto il resto, e la mia voce scappa dal buio.
Qualsiasi cosa si pensi del tempo
rimane che la vita si muove in una direzione.
Il sistema immunitario al desiderio fallisce.
[mezzogiorno] Vado a fare la spesa, nonostante gli appuntamenti sull’agendatra le corsie del negozio
alle ore 0 pomeridiane all’allineamento di fasci LED
luminosi infiniti
imparo i pesi
e le prove delle conseguenze
prima che accadano.
Del resto il tempo si schiude ancora
la luce perisce
Attenzione allo spazio tra treno e banchina
di nuovo nel mio appartamento
tu al telefono
sulla voce la televisione accesa
il tuo respiro
nel flusso ancora.
IV Sezione: Poi, Domestica
Mio padre e io
Vivevamo per scavare.
Tu nel giardino scavavi aiuole, io mettevo piante.
Ho chiamato infanzia quella memoria verde.
Abbiamo scavato
buchi muti
per le radici nel cervello
per le memorie
i tremolii nel cuore
lo scolo degli eventi
le strade che non sono fatte per tornare.
Eppure, abbiamo scavato
le fosse
nel giardino
per gelsomini e mandarini.
Una volta tu avevi scavato un fosso,
mi avevi chiamato, la tua voce urgente,
per una famiglia di conigli
che era venuta ad abitare
nel nostro giardino
sotto l’ulivo.
Ricordo il tuo limone sradicato
aveva radici nell’aria
mentre la tua schiena
guardava piegata
cercava
la fragranza
la terra la sua mescolanza
il posto appropriato.
Il mio futuro.
Anni dopo perdemmo il giardino e tutti i suoi verdi.
Ti chiesi dove stavi andando
al portone
avevi aspettato due ore
i tuoi occhi bambini
sbarrati
gelati
in un’aria innocua d’autunno
– Andiamo?
– Dove? – Ti guardai perplessa.
– In Africa e in America – eri certo.
Scavavamo tunnel tra i continenti
gli altri non sapevano che quando
dicevamo strada
intendevamo
un passaggio segreto per i nostri due cuori.
V Sezione
Desiderare
Non oso o un seme di miglio
(diario)
κῶµα †καταιριον·
Il sonno scende come pioggia.
Una lama
divide la luce.
Colma te. Io mi riempio del pensare.
===
[Δ]ωρίχα, τὸ δεύ[τ]ερον ὠς πόθε[
] ἔρον ἦλθε
Vai, e noi vivremo,
e vieni ancora
a cercare il desiderio d’amore.
Aspettarti all’altare della carne
nostra Cattedrale
===
]ερος οὐδάµα πίλναται·
ἆς θέλετ’ ὔµµες
Giura nel nome della terra. Chiamala ma non nominarla.
Il desiderio non ha traiettoria.
Gira attorno a te.
Vi sarà un risarcimento per i mortali. Ma purché tu lo voglia.
===
µ]εριµνα[
β]αςιλη . [
Ansietà proviene dal basso.
Osa il cielo,
ma non toccarlo.
Regina di te stessa
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Viviana Fiorentino nasce a Palermo e vive in Irlanda.
Autrice di: in giardino (Controluna Edizioni) e Tra mostri ci si ama (Transeuropa Edizioni); in antologia per due delle principali case editrici irlandesi di poesia (Dedalus Press e Salmon Poetry). Una sua silloge è pubblicata da Arcipelago Itaca nel 2018. Sue poesie, racconti e traduzioni compaiono in diverse riviste internazionali di letteratura.