Nass El Ghiwane ( letteralmente “la gente della trance” o “dell’estasi” per indicare un momento di assoluta astrazione dalla realtà circostante) a volte chiamati anche “i Rolling Stones dell’Africa”, sono un gruppo musicale storico del Marocco, nato ufficialmente nel 1971 a Casablanca nel quartiere Hay el Muhammadi. Sono ricordati anche come awlad al hay, “i figli del quartiere” per questa loro appartenenza e per questo legame con il loro quartiere. Ed è proprio qui, in questo quartiere dei poveri, che i Nass El Ghiwane hanno maturato e sviluppato un senso critico verso la società e i suoi mali, scaturito da rabbia, frustrazione e abbandono, che continuano ad esprimere con la loro musica, usando strumenti tradizionali e componendo canzoni in versi in dialetto marocchino. I testi contengono molti proverbi, detti e rinvii alla saggezza popolare, attingono alla tradizione marocchina e al ricco patrimonio nazionale. Negli anni Settanta la loro musica veicolava messaggi di ribellione, esprimeva la frustrazione della gioventù di quegli anni e denunciava i mali sociali.
O Siniya (vassoio del tè) (1973)
Dove sono
coloro che si radunavano attorno a te
coloro che ti facevano compagnia
uomini di buona fede
uomini generosi e benedetti?
O Siniya!
Dov’è la mia vita
Dov’è la mia dimora
Dove sono i miei?
O Siniya!
Dura è l’abitudine
l’amore del bicchiere lo è ancora di più.
O redentore lo spirito non ti ha affatto dimenticato.
Dura è l’abitudine
l’attaccamento lo è ancora di più.
O redentore vieni al mio soccorso.
Dura è l’abitudine senza i miei
Ambra, menta e assenzio sono amari
O Siniya!
Triste è il mio bicchiere tra tutti
solitario e lamentoso
aumentando le mie pene,
cosa ha da piangere da solo
cosa ha da piangere il proprio destino
e subire i tormenti di un destino poco comune?
O Siniya!
Cosa dire della mia teiera
solitaria
fredda
indecisa
esitante tra braci e ceneri?
Cosa ha il mio zucchero
amaro come la mia vita?
Cosa ha la mia menta?
seccata, nera come la mia vita?
O Siniya!
Perché tutto è di traverso
perché sono lasciato
marginalizzato
eternamente sotto il giogo
cuore marchiato al ferro dall’esilio?
O Siniya!
Cari miei
beneditemi all’ora della partenza
i tormenti mi chiamano da lontano.
Cari miei
amatemi teneramente
non per mia scelta
ho intrapreso la via dei Ghiwane.
…
Non mi biasimate dunque
la mia sorte e il mio stato sono quelli
che fanno piangere i miei nemici.
Cari miei
beneditemi
l’oceano del Ghiwane è la mia unica via.
Tormentato questo mondo
Tormentato questo mondo, o fratello
tormentato,
oppresse le anime
e i figli di Adamo venerano il biasimo,
sommerso nelle angosce
l’indigente lamenta i suoi tormenti,
altri adorano il denaro con superbia
e lo spendono in locali proibiti
tra serate e divertimenti
pecore sgozzate e ragazze offerte.
Non vi è più pudore né fede né pietà
la shahada (professione di fede) è uscita dai cuori preconcetti,
calici versati e liquori prelibati
ahimè perché siamo arrivati a fatti così depravati,
le carceri sono piene di bambini tormentati
e gli uomini uccisi da epistole sigillate
i mercati pieni di prodotti condannati
e le dimore costruite da oscenità avvelenate.
Grida o corvo questo mondo è decaduto
da tempo lo hanno dichiarato morto,
tutte le bocche sono chiuse
o fratello è la mano del tiranno
che sulle facce si è dipinta.
Immagine di copertina: Dipinto di Giacomo Cuttone.