Introduzione (a cura di Maged Zaher)
La poesia qui contenuta è opera di scrittori tra i 25 e i 33 anni di età. Questo lavoro è stato scritto dopo che la maggior parte delle guerre estetiche/generazionali erano state risolte o erano divenute irrilevanti Per molti versi questi poeti hanno e non hanno antenati e lo riconoscono. Non per renderli oggetto di mitologia, ma fondamentalmente sono arrivati dopo Internet, il ché implica che i testi erano dappertutto, specialmente le poesie dei poeti che li hanno preceduti. Sono anche cresciuti all’epoca di Mubarak in un momento in cui non rivestivano grande grande importanza né per il governo né per l’opposizione islamista. Si trattava di un contesto che li liberava, ma molti hanno dovuto fare sforzi enormi per non cadere nel nichilismo.
Per quanto riguarda l’estetica, la prosa poetica (o meglio il verso libero, come viene chiamato in occidente) si era già affermato, ed erano liberi di portarlo a un livello superiore o no. Questi sono i poeti della generazione della rivoluzione. E questa è poesia rivoluzionaria, che significa precisamente che questa poesia non ha nulla a che vedere con slogan. La maggior parte di questi poeti ha partecipato alle manifestazioni e sit-in di piazza Tahrir contro Mubarak nel 2011 ma avevano anche combattuto una propria rivoluzione estetica contro l’aridità della vita culturale sotto Mubarak. Tale vuoto era la conseguenza del disinteresse del mondo per loro che li ha condotti a dover sviluppare un interesse per la poesia dei loro coetanei per ovviare al disinteresse generale.
E’ qui che devo ammettere una ovvietà, cioè che qualsiasi tentativo di raggruppare più di un poeta è nel migliore dei casi un atto di imprecisione. Alcuni di questi poeti si riuniscono, si parlano, possono anche partecipare insieme a laboratori, ma le loro fonti poetiche, personalità ed estetica sono radicalmente diverse.
Ultima cosa, tutte queste poesie sono state scritte originariamente in arabo tranne che per le poesie di Amira Hanafi, le quali sono state scritte in inglese.
Maged Zaher, Seattle 2014
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Ibrahim El Sayed
Sulla via di casa
Non avevamo abbastanza coraggio per tornare a casa
La mia strana ragazza guidava la macchina e parlava di occasioni perse
e dei suoi ambiziosi progetti di studio del dolore
Il nuovo millennio non era pieno di cose cattive
I graffiti invadevano le strade e la rivoluzione accadeva senza riunioni segrete
La codeina spariva dalle farmacie
E i nostri sensi si acuivano per il tabacco che mischiavamo all’erba tagliata
Quindi non condividevamo la stessa ideologia
Parlo lucidamente mentre penso al dolore
Sulla forma di viscide alghe verdi che crescono sulla sua tiepida lingua bagnata
Raggiungemmo una piccola spiaggia piena di scheletri di decine di navi in costruzione
Nessuna delle navi era pronta a salpare
Solo parti disparate di tronchi di eucalipto e di gelso segati
Il più saggio di noi propose una partita di calcio con la guardia costiera
Ci accordammo implicitamente
Di perdere
Per poter scappare
Questo più saggio tra noi tutti
Combatteva lunghe battaglie
Contro mostri immaginari
Non sapevamo mai come sarebbero finite
Sulla via di casa
Cerco di contare i barattoli arrugginiti di gas lacrimogeno buttati per strada
mentre un gusto verde metallico mi si accumula sulla lingua
Verde e un po’ fresco
Il nuovo millennio non è stato pieno di cose brutte
Il nuovo millennio non è stato pieno
Il nuovo millennio non è stato
Malaka Badr
Andare
Un giorno me ne scapperò a bordo
Di una di quelle navi infinitamente piccole
Che costruisco con i biglietti di autobus
Che poi ogni volta butto
Nel buio della mia borsa
Una volta che le mie scarpe
Hanno toccato la strada.
Queste navi
Che distribuisco ai miei amici
Sono il mio caro modo segreto
Di lasciar loro
Una parte di me
Che è più completa di me
Tamer Fathi
La vetrina
(Magnifici sono quelli che liberano gli abiti
Quelli che vanno nei negozi a comprarli)
Oh! Chi la sente la tristezza degli abiti quando sono soli
Crocifissi da spilli
Mentre entrano nelle diverse fasi della stiratura,
Della piegatura
e nelle luci brillanti e colorate
Agli abiti non piacciono i manichini
O le stampelle
Amano uscire
Odiano le vetrine
E invidiano gli abiti emancipati
Perché è da quando erano in fabbrica
Che sognano di scappare
Capi difettosi
Gli abiti che hanno perso un bottone
O che hanno difetti di stoffa
Sentono un dolore tutto loro
Sulla faccia un’espressione tesa
Il loro isolamento
Il loro desiderio bloccato di essere infilati nella borsa di plastica,
E il loro completo arrendersi all’essere inviati in magazzino
O al discount
Da Quando gli abiti sono nel negozio
Dalla sezione “Ieri ho perso un bottone. La storia dei vestiti”
Amira Hanafi
1. Se mio padre è per un’ottava parte alieno e mia madre un formulario, se io sono attaccata con una graffetta e ho successo nelle leghe di serie D, mio padre consegna le sue cicatrici ed acquista la sua bianchezza mentre passa dalla dogana. Potrei voler concepire ma scopro di aver testicoli dove si trovano le sue ovaie. Ho le braccia corte e le gambe lunghe, quindi ho problemi a raccogliere le cose da terra. La mia limitata intelligenza non fa da complemento alla mia enorme ambizione, e mi trovo il cuore sulla destra. Prima che arrivino i risultati degli esami, una equipe di dottori mi tiene aperti gli occhi per diverse settimane. Positiva per suicidio. Seguo il consiglio del cancelliere e mi taglio quattro organi, poi li dispongo a due a due. Basta solo un po’ di sale e sono sorprendentemente teneri. Non sono mai più riuscita ad arrivare all’orgasmo come ci sono riuscita quel giorno. Se sono fortunata un uomo proverà pietà per me e mi rilascerà senza sterilizzarmi.
- Mia nipote con ce la fa nella traversata, la perdiamo nella corrente. Io non muoio. Ho letto Radici di Alex Haley in Tagalog. Scrivo una poesia d’amore in arabo. La leggo in francese. Poi arrivano gli olandesi e sono africana. Parto dall’Australia per Mosca e finisco a Rio. Una volta arrivata in Croazia, amo il profondo sud. In Yemen mangio le noci brasiliane. Bevo Scotch e mi innamoro dell’India. Parlo come un inglese che parla giapponese.
- Se sono visibile, riesco a passare. Mio fratello non è di questo mondo, è troppo bello. Vivo in un burrone, spesso osservo attraverso il mio telescopio o sego in due un indigeno mentre il pubblico applaude. Metà la rimando in Africa e l’altra metà la metto in mostra. Tutto è descritto nei minimi dettagli. Occupa migliaia di pagine. Il latte che verso sui miei capelli fluisce sul mio bindi color zaffiro. Amministro sotto il mio velo così nessuno lo nota. Per quanto forte mio fratello possa bussare alla porta, non lo faccio entrare alla mostra.
Da Furto d’identità
Hermes
Silenzioso e molteplice
Ho visto parecchie marce militari cinesi
Ho visto Foucault e Chomsky e Derrida con un retino in mano che circondavano una parola
Anche loro sono confusi
Un pacchetto di sigarette locali si ingiallisce
Ieri ho deciso di cadere in un sonno artificiale
Ho preso diverse pasticche colorate
Ho dormito a lungo e senza sogni
Mi sento molto meglio
Avverto appena il catrame che mi riempie i polmoni
Perfino i miei amici immaginari hanno abbassato la voce
Non sono miei amici
Dico che sono miei amici per darmi un tono
Sono osceni e romantici
Sanno che ho dentro uno spaventapasseri vestito da soldato e la testa è una zucca un po’ ammaccata
me la trascino dietro e la rimprovero se parla
Quello che voglio davvero è andarmene lontano
O imparare una nuova lingua
Così non verrò assediato da astratte catene temporali
E neppure da incatenati tempi di astrazione
Vedo tra voi quelli che mi capiscono bene
Quelli che tengono la pagaia
Di barche che galleggiano in un posto che non è completamente ghiacciato
In un fiume ghiacciato e remoto
Ah!
Il momento di appoggiarsi alla città è arrivato
Camminerò e parlerò
Ignorerò le cadenze più aperte e mi sintonizzerò sulla cadenza dei miei compagni
Sarò silenzioso e molteplice
Cioè felice
Anche se fossi molteplice non sono affari tuoi
E’ solo quello a tormentarmi.
Per gentile concessione del curatore, Maged Zaher Alice Blue Books 2014. Traduzione di Pina Piccolo dalla traduzione inglese di Maged Zaher.
Maged Zaher è nato a il Cairo e risiede attualmente a Seattle, negli Stati Uniti. E’ l’autore delle raccolte di poesia, tra cui l’ultima del 2016 The Consequences of My Body (Nightboat books), Thank You for the Window Office (Ugly Duckling Press, 2012), The Revolution Happened and You Didn’t Call Me (Tinfish Press, 2012), e Portrait of the Poet as an Engineer (Pressed Wafer, 2009). La sua opera collaborativa con l’artista australiana Pam Brown, Farout Library Software è stata pubblicata da Tinfish Press nel 2007. Le sue traduzioni di poesia contemporanea egiziana sono apparse nelle riviste Jacket magazine, Banipal e Denver Quarterly. Ha fatto performance di poesia a Subtext, Bumbershoot, the Kootenay School of Writing e in numerose università. Nel 2013 il settimanale di Seattle The Stranger gli ha conferito il Genius Award.
Per ulteriori informazioni sul libro e sui poeti che compongono l’antologia, vedere l’intervista realizzata da Marcia Lynx Qualey https://arablit.org/2015/02/02/tahrir-poems/
Foto in evidenza e foto dell’autore a cura di Maged Zaher.