TERZO MILLENNIO
…1998-1999-2000…
Noi guardiamo dalla Terra voi
e i vostri – universali – voli
e i vostri – interplanetari – voli
e i vostri – stellari – voli
Banalmente noi e dalla Terra
da sopra le banali terre – Noi
Radicate alla Terra e abbarbicate
alle nostre lavorate terre
e a naso in su con i figli e le figlie
e le messi e gli animali
noi guardiamo voi e i vostri deliranti voli
Banalmente Guardiamo E a naso in su
Stuporite – Noi E angosciate – Noi
Dolenti e spaurite e a testa
in su con i figli e le figlie
e le messi e gli animali
noi guardiamo i vostri mortali
e troppo – intelligenti – voli
Guardiamo Banalmente E a naso in su
Noi così contigue alla Terra – Noi
Poveramente noi guardiamo da terra – Noi
Guardiamo i vostri ricchi e metaforici voli
Povere e trepidanti
sulla materna Terra noi trepidiamo
per noi. E anche per voi
E di terra in terra
di cima in cima di foce in foce
di foresta in foresta di città in città
di casa in casa di capanna in capanna
Ancora Noi Coi piedi per terra – Noi
E a naso in su con i figli e le figlie
Noi Ancora Trepidiamo
E voi sempre più lontani – Voi
E voi sempre più sradicati – Voi
E voi sempre più evanescenti
e computerizzati e virtuali
Sempre più incomprensibili – Voi
E così metaforici ed estraniati
Ma estasiati voi – di Voi
Ma entusiasti voi – di Voi
Ma estasiati ed entusiasti
dei vostri fanatici ed acrobatici voli
Vanamente alti – voi – dentro
una misura dell’alto
che l’Universo non comprende
Vanamente arrampicati
sull’alto di voi stessi – Voi
dentro una misura della vita
che il Largo non comprende
Vanamente alti voi sopra la larga Terra
che vi nutre e più non vi comprende
Vanamente da terra – Noi
Coi piedi per terra – Noi
Vanamente e a naso in su
Con i figli e le figlie
Vanamente e a naso in su
e con le messi e gli animali
E senza più comprendere voi
né i vostri troppo distanziati voli
Angelicamente librati voi in un cielo
che non ha più l’Alto
Angelicamente librati e controcielo – Voi
coi vostri aeroplanati voli
Squadriglie celesti – Voi
affusolati in fusoliere di metalliche
infuocate forme contro sole armate
Squadriglie celesti – Voi
strumentalmente sincronizzate
a figuravi angeliche volontà
a figuravi angeliche voluttà
dentro i vostri divinizzati voli
Metallizzati e cibernetici angeli – Voi
precipitati ad occupare il vuoto del Dio morto
per un cielo che in fauci si spalanca
a vomitare metalli e fuochi
sopra l’abisso terracqueo
dagli inermi viventi abitato
Ma noi angelicamente
e coi piedi per terra – Noi
Ma noi da terra Ma noi angelicamente
e coi piedi per terra – Noi
Ma noi da terra
e di terra in terra – Noi
di palude in palude di risaia in risaia
di altura in altura di focolare in focolare
di culla in culla
Ma noi angelicamente
e coi piedi per terra – Noi
Pensose e coi piedi per terra – Noi
Angelicamente Noi pensavamo
di fermare i vostri oltraggiosi voli
E intanto e ancora annichilate – Noi
E intanto e ancora smarrite – Noi
E intanto e ancora senza parole
noi E senza i nostri necessari voli
E intanto e ancora guardiamo – Noi
dimentiche di noi
E intanto e a bocca aperta – Noi
e a naso in su Noi guardiamo ancora
con occhi di giada guardiamo
con l’ametista ferita
dei nostri feriti occhi
noi guardiamo ancora
L’umana Fumante Incandescenza
dei vostri astratti – Armati – voli
Ma ora noi non guardiamo più voi
Perché ora ricche – Noi
di un corredo d’amore
Perché ora sapienti – Noi – di segreti tesori
accumulati sui fondali marini
dei nostri umani e realistici voli
E noi allora a tessere un segreto – Noi
nel vuoto più segreto di noi
E noi allora a gettare nel vuoto – Noi
un segreto filo come ragni tessitori
E noi tessitrici a tessere – Noi
rade maglie attorno a voi
Invisibili tessitrici a tessere – Noi
e a contenervi materialmente – Noi
dentro le nostre traspiranti tessiture
senza uccidere né voi né noi
E noi tessitrici da sempre filavamo
un’altra Storia – Noi
E in ogni luogo della Terra
noi tessitrici filavamo – Noi
la più reale bava di ragno
E noi tessitrici filiamo noi fili di parole
per legare gemma a gemma
ramo contorto a ramo
foglia a foglia Cerchi di carne viva
a viva carne ed amorose voci a voci amanti
e devote al nostro richiamo
E noi tessitrici come notturni ragni
a tessere e a legare voi con noi
per la fede della perla che è in noi
E noi umanamente a tessere
e a legare – sapientemente – a voi
le radici materiali della vita
Per la fede della perla che è in noi
Sapendo quanto è vivo
il pianeta vivo dell’Universo
Sapendo quanto è largo l’alto
quanto è alto il profondo
quanto è bruno l’azzurro
quanto è carne il respiro
quanto è gola la parola
Sapendo – noi tessitrici – sapendo
tessere l’alto con il largo
il cielo con la terra
Sapendo – noi tessitrici – sapendo
tessere fra mondo e mondo nuovi
mondi Sapendo tessere – noi – la parola
Pace anche per voi
Per la fede della perla che è in noi
Così ancora noi tessitrici a tessere
E a naso in giù. Ora
E a bocca chiusa e a concentrato
sguardo di noi fra noi. Ora
Così ora noi a tessere la tela della vita
sopra il vuoto panorama
dei vostri troppo desolanti voli
Per contenervi vivi e vicini
e insieme a noi e di fronte a noi
e in noi e fra noi e insieme
Per contenervi nella culla di ragno
della Celeste Tessitrice
coi vostri nuovi e ora più umani voli
Aquiloni terrestri – Noi
singolarmente legate
ai fili intrecciati uno a uno nell’azzurro
delle nostre terrestri tessiture
Aquiloni terrestri – Noi
dispiegate sopra i variegati tappeti
delle increspate acque
e delle ondulate terre
Colorati aquiloni noi saliti nell’ alto
per una tessitura intessuta
sopra i vostri voli
attorno ai vostri voli
davanti ai vostri voli
dietro i vostri voli
sotto i vostri voli
(Sotto sopra davanti attorno
ai vostri troppo arroganti e crudeli voli!)
A disegnare il ponte arcuato dell’umana speranza
per legare coi fili materiali e la parola
il canto segreto della Vita.
Di tutte le vite – Noi
ANNOTAZIONE
Questa poesia è stata scritta fra il 1998 e il 1999, per i bombardamenti occidentali sopra l’Iraq: prova generale di terza guerra mondiale? Ci si chiese allora. Sperai di no.
Dopo molti anni è purtroppo ancora di agghiacciante attualità.
Voglio dedicare, oggi come allora, la mia poesia a tre donne americane, tre suore, che per aver compiuto in quegli anni un gesto simbolico di dissenso verso questa guerra e le sue false ragioni, e di amore verso un altro popolo, specie verso i suoi bambini, rischiarono il carcere dai 5 ai trent’anni.
Il loro gesto rivoluzionario – di una rivoluzione non armata perché appunto simbolica, ma certamente di grande efficacia politica – è stato quello di entrare in un complesso militare in Colorado e di prendere a martellate l’enorme silos di cemento armato, che protegge dei missili nucleari.
Non sono state condannate, a mio avviso, per i danni prodotti, inesistenti, né per aver impedito ai militari di difendere la patria, anche se di questi reati sono state accusate.
Sono state condannate perché hanno detto la verità, con un gesto lungimirante, che se fosse stato ascoltato, forse avrebbe potuto evitare l’11 sett. 2001.
Hanno mostrato che il re è nudo, il che vuol dire, che se si vuole, come si diceva allora, smantellare le armi di distruzione di massa, bisognava, bisogna, cominciare da quelle di casa propria. E’ questa la verità che il loro gesto ha mostrato all’America e al mondo: che anche lì ci sono armi di distruzione di massa, e che la pace si costruisce partendo da sé.
Queste tre donne americane hanno avuto l’intelligenza e la forza politica di spostare il simbolico, di spostare il senso comune della lettura delle cose, per far vedere la verità.
Questa forza delle donne di spostare le cose con la presenza, il corpo, il gesto simbolico, la parola, io l’ho imparata da bambina dalle donne del mio paese e dal loro fare politico (con una manifestazione riuscirono a liberare molti giovani del paese, catturati per rappresaglia dai fascisti) durante la seconda guerra mondiale. Ma questa storia non l’ho mai trovata nei libri di scuola.
CANTO DAL DESERTO
Io. che. abito il deserto che. lo
abito e lo scelgo. come mio compimento. dopo
esserci caduta
Io. che abito il deserto con la mansuetudine
della bestia mansueta. o. la familiarità
di un’anima folle e pacificata
Che abito. il nonsenso quotidiano
e il dolore muto. delle cose
che premono sul pensiero di carne. dolore
della mia carne. per l’incarnazione
di una non. parola. Mia
inclinazione verso. di essa. Muta
carne di cosa
Che abito. e non voglio parole qualsiasi
a ripetere il già detto. che rassicura
e consola senza. ascoltare il canto
del deserto. senza
il perturbante e vivo. deserto
Parole. che nascondono. il deserto
e la sua passione-patimento
dietro a quinte squillanti. e
cancellano con la follia. l’amore. e
la vita sorgiva. indistinta dalla morte. e
l’ineffabile divinità che. si incontra
solamente. nel deserto creatore
Io. che. come i folli e i mistici. e. le. mistiche
Io. che
Io che. come una mistica o una folle
cado nel deserto del linguaggio
e patisco i linguaggi di parole. deserte
e. scelgo la caduta. scoprendo la ricchezza
del suo niente e. non ancora
inizio e. non presente e. attesa e. ancora
Io. che. cado e. attendo
che il niente partorisca un inizio
Perché. nulla so. nulla so
Nulla. So
Ma. so. il dolore delle mie. ossa
So. il dolore ossuto della mia. carne
tutta doluta e. dolente. tutta
e. particolarmente doluta
quella al fondo del cuore
dolente e. della mente
ammutolita e. delle viscere. mie. dolenti
di. confuso vivo. Dolore
So. Che sanno. Dolore
Ma. so. l’angoscia dei giorni mono.toni
giorni. che invadono. come nebbia novembrina
ogni lembo di carne e. ogni osso e muscolo
e. smarriscono l’anima e. perdono
per una strada senza. strada
le anime. e ci perdiamo. nell’anima
di dolore. di giorni ammutoliti
Io. che. so il dolore e. gli resto
accanto. e lui a me. per una
sorta di guadagnata reciproca
compassione
Che gli dico. al dolore. gli dico
ti. so. ti. so. ti. so
in un balbettio che. non va. oltre
ma. dà sollievo. un. poco. mi. dà
Anima
Io che scelgo la caduta misteriosa
del dolore e. del deserto. e
non ho case. dove andare
Che. li guardo in faccia e. vedo me
mia profonda radice di me. radicante
nel dolore. che fa spuntare sulla superficie
polloni di luce e speranza. e fa fiorire
in altro verso. il ramoso alto. a grappoli
e. corimbi e. ramure leggere. che
ricamano cieli lontani. inconoscibili
e. sempre qui. su noi. Incombenti cieli
sopra incombente deserto
Che guardo da lontano
come da sopra il Tempo
e. vedo. il dolore evaporare dalle
basse paludose terre e. salire
leggero fra le nebbie. oltre
le nebbie lattee delle non.parole
come riscaldato e liberato da
ridente squarcio o. raggio di sole
Non appariscente. fiorire di parole
che fa rifiorire le cose. come fa
il fiore del mandorlo. pudico e temerario
sui rami risplendenti di appena
bianco.biancore. sotto un cielo
appannato di brina
Non. appariscente fiore. eppure c’è
Eppure è là. è lì. è qua
Che taccio. anche. il deserto
in passiva attesa.io. che la cosa
si mostri reale. a me
che parlo angoscia irreale. A me
che taccio. la reale gioia
del sentire nelle ossa del cuore
l’informe. spaurente deserto
E. nulla so. nulla so. del Reale
e. mio di me. sperato. reale
Accade.esclama sicura la bambina
che abita il deserto. Accade
risponde in fervido tremore
la carne adulta risvegliata. Accade
approva. la Lingua garrula e. corrente
quando all’improvviso si insapora
di un dorato pulviscolo carovaniero
venuto da lontano che. sa di miele
e. latte. lontani. lontani. di
un di più che. lontano
Che taccio. io. perché nulla può essere
detto dell’oltre. altra sponda e. di là
che ho intravisto nel deserto
nemmeno al mio. me. più segreto. ho detto
perché qui. le parole sono tutte. mancate
Tutte. mancanti non.parole
Ma so. della speranza dell’oltre
Sì. io so. che ha parole
Che fisso in silenzio. io. un orizzonte
che non vedo e. che si arrotonda in largo
diffuso sciame allumato. oltre
lo stesso deserto. fino
a. quel punto. invisibile. alto
e profondo. appena
immaginato punto di. sconosciuto
dove. di sconosciuto nulla
Remoto reale di. presente ignoto
Che sento. io. il deserto del. mio
poco capire e. poco amare
e vedo. io. una possibilità
che va. se resto qui nell’irreale
che viene. se io vado. al deserto
Io che nell’oltre della Lingua con fede
vado. lenta e . trascinata come zattera
dalla mia essenza più profonda
ti suggerisco. amica. il volto del deserto
Esso è vuoto fecondo. passione di quel niente
che. ci duole dentro e. ci fa smarrire
le parole. di quel niente. umido e doglioso
che fa partorire. la nostra parola rivelativa
Se vuoi incontrare il familiare
perturbante deserto faccia a faccia. io
ti indico la pista delle nude verità. e
ti invito alla pace. che distende
le sue ali oltre il dolore. e
ti offro la quiete. dei suoi
inesplicabili silenzi. carichi
di futuro. che salgono
dalla nostra essenza più profonda
Ascolta la voce che chiama dal deserto
e guarda. come disfacendosi. le cose
si liberano. dalle pietre funeree del tempo
E mentre la Lingua del deserto
canta la sua intraducibile canzone
ti accade la speranza. che apre
parole di verità se. con grazia
riconosci come familiare luogo
il vivo perturbante Deserto
per gentile concessione dell’autrice, ripubblicato dalla raccolta Sul bordo del silenzio, Società Editrice “Il Ponte Vecchio”, 2015.
Maria Laura della Rosa Antonellini, nata ad Alfonsine nel 1944, vive a Marina di Ravenna. Laureata in Materie Letterarie all’Università degli Studi di Urbino, per molti anni si è dedicata all’insegnamento. E’ tra le fondatrici della “Società poetica, arte della lingua materna” di Ravenna, nata nel 2001. Ha pubblicato i volumi di poesia Sasso su sasso,Il Monogramma, Ravenna (1988) e con Book editore Pietre d’acqua (Castel Maggiore 1994), La fanciulla del miele (1997), La filosofia delle stelle (2000). Con “Il Ponte Vecchio” ha pubblicato In piena mancanza (2006), Paradosso felice (2009), Preziose (2011), Discorso d’amore (2011). Con Miriam Collinelli e Benedetta Davalli ha curato La lingua che ci accade (2009), antologia di poetesse ravennati.
Foto in evidenza di Melina Piccolo
Foto dell’autrice a cura dell’autrice.