“Terzo millennio” e “Canto dal deserto” (Maria Laura della Rosa Antonellini)

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TERZO MILLENNIO

…1998-1999-2000…

Noi guardiamo dalla Terra  voi

e i vostri – universali – voli

e i vostri – interplanetari – voli

e i vostri – stellari – voli

Banalmente noi e dalla Terra

da sopra le banali terre – Noi

Radicate alla Terra e abbarbicate

alle nostre lavorate terre

e a naso in su con i figli e le figlie

e le  messi e gli animali

noi guardiamo voi e i vostri deliranti voli

Banalmente    Guardiamo   E a naso in su

Stuporite  – Noi    E angosciate – Noi

Dolenti e spaurite e a testa

in su con i figli e le figlie

e le messi e gli animali

noi guardiamo i vostri mortali

e troppo – intelligenti – voli

Guardiamo   Banalmente   E a naso in su

Noi così contigue alla Terra – Noi

Poveramente noi guardiamo da terra – Noi

Guardiamo i vostri ricchi e metaforici voli

Povere e trepidanti

sulla materna Terra  noi trepidiamo

per noi. E anche per voi

E di terra in terra

di cima in cima di foce in foce

di foresta in foresta di città in città

di casa in casa di capanna in capanna

Ancora   Noi    Coi piedi per terra – Noi

E a naso in su con i figli e le figlie

Noi   Ancora   Trepidiamo

E voi sempre più lontani – Voi

E voi sempre  più sradicati – Voi

E voi sempre più evanescenti

e computerizzati  e virtuali

Sempre più incomprensibili – Voi

E così metaforici ed estraniati

Ma estasiati voi – di  Voi

Ma entusiasti  voi – di Voi

Ma estasiati ed entusiasti

dei vostri fanatici ed acrobatici voli

Vanamente alti – voi – dentro

una misura dell’alto

che l’Universo non comprende

Vanamente arrampicati

sull’alto di voi stessi – Voi

dentro una misura della vita

che  il Largo non comprende

Vanamente alti voi sopra la larga Terra

che vi nutre e più  non vi comprende

Vanamente da terra – Noi

Coi piedi per terra – Noi

Vanamente e a naso in su

Con i figli e le figlie

Vanamente e a naso in su

e con le messi e gli animali

E senza più  comprendere voi

né i vostri troppo distanziati  voli

Angelicamente librati voi in un cielo

che non ha più l’Alto

Angelicamente librati e controcielo – Voi

coi vostri aeroplanati voli

Squadriglie celesti – Voi

affusolati in fusoliere di metalliche

infuocate forme contro sole armate

Squadriglie celesti – Voi

strumentalmente sincronizzate

a figuravi angeliche volontà

a figuravi angeliche voluttà

dentro i vostri divinizzati voli

Metallizzati e cibernetici angeli – Voi

precipitati ad occupare il vuoto del Dio morto

per un cielo che in fauci si spalanca

a vomitare metalli e fuochi

sopra l’abisso terracqueo

dagli  inermi viventi abitato

Ma noi  angelicamente

e coi piedi per terra – Noi

Ma noi  da terra    Ma noi  angelicamente

e coi piedi per terra – Noi

Ma noi  da terra

e di terra in terra – Noi

di palude in palude di risaia in risaia

di altura in altura di focolare in focolare

di culla in culla

Ma noi angelicamente

e coi piedi per terra – Noi

Pensose e coi piedi per terra – Noi

Angelicamente   Noi pensavamo

di fermare  i vostri oltraggiosi voli

E intanto e ancora annichilate – Noi

E intanto e ancora smarrite – Noi

E intanto e ancora senza parole

noi   E senza i nostri necessari voli

E intanto e ancora guardiamo – Noi

dimentiche di noi

E intanto e a bocca aperta  – Noi

e a naso in su   Noi guardiamo ancora

con occhi di giada guardiamo

con l’ametista ferita

dei nostri feriti occhi

noi  guardiamo ancora

L’umana   Fumante    Incandescenza

dei vostri astratti – Armati – voli

Ma ora noi non guardiamo  più  voi

Perché ora ricche – Noi

di un corredo d’amore

Perché ora sapienti – Noi – di segreti tesori

accumulati sui fondali marini

dei nostri umani e realistici voli

E noi allora a tessere un segreto – Noi

nel vuoto più segreto di noi

E noi allora a gettare nel vuoto – Noi

un segreto filo come ragni tessitori

E noi tessitrici  a tessere – Noi

rade maglie attorno a voi

Invisibili tessitrici a tessere – Noi

e a contenervi  materialmente – Noi

dentro le nostre  traspiranti tessiture

senza uccidere né voi né noi

E noi tessitrici  da sempre filavamo

un’altra Storia – Noi

E in ogni luogo della Terra

noi tessitrici filavamo – Noi

la più reale bava di ragno

E noi tessitrici filiamo noi  fili di parole

per legare gemma a gemma

ramo contorto a ramo

foglia a foglia    Cerchi di carne viva

a viva carne ed amorose voci  a voci amanti

e devote al nostro richiamo

E noi tessitrici come  notturni ragni

a tessere e a legare voi con noi

per la fede della perla che è in noi

E noi umanamente a tessere

e a legare – sapientemente – a voi

le radici materiali della vita

Per la fede della perla che è in noi

Sapendo quanto è vivo

il pianeta vivo dell’Universo

Sapendo quanto è largo l’alto

quanto è alto il profondo

quanto è bruno l’azzurro

quanto è carne il respiro

quanto è gola la parola

Sapendo – noi tessitrici – sapendo

tessere l’alto con il  largo

il cielo con la terra

Sapendo – noi tessitrici – sapendo

tessere fra mondo e mondo nuovi

mondi   Sapendo tessere – noi – la parola

Pace anche per voi

Per la fede della perla che è in noi

Così ancora  noi  tessitrici a tessere

E a naso in giù.  Ora

E a bocca chiusa e a concentrato

sguardo di noi  fra noi. Ora

Così ora noi a tessere la tela della vita

sopra il vuoto panorama

dei vostri troppo desolanti voli

Per contenervi vivi e  vicini

e insieme a noi e di fronte a noi

e in noi e fra noi e insieme

Per contenervi nella culla di ragno

della Celeste Tessitrice

coi vostri nuovi e ora più umani voli

Aquiloni terrestri – Noi

singolarmente legate

ai fili intrecciati uno a uno nell’azzurro

delle nostre terrestri tessiture

Aquiloni terrestri – Noi

dispiegate sopra i variegati tappeti

delle increspate acque

e delle ondulate  terre

Colorati aquiloni noi  saliti nell’ alto

per una tessitura intessuta

sopra i vostri voli

attorno ai vostri voli

davanti ai vostri voli

dietro i vostri voli

sotto i vostri voli

(Sotto sopra  davanti attorno

ai vostri troppo arroganti e crudeli  voli!)

A disegnare il ponte arcuato dell’umana  speranza

per legare coi fili materiali e la parola

il canto segreto della Vita.

Di tutte le vite – Noi

 

ANNOTAZIONE

Questa poesia è stata scritta fra il 1998 e il 1999, per i bombardamenti occidentali sopra l’Iraq: prova generale di terza guerra mondiale? Ci si chiese allora. Sperai di no.

Dopo molti anni è purtroppo ancora di agghiacciante attualità.

Voglio dedicare, oggi come allora, la mia poesia a tre donne americane, tre suore, che per aver compiuto in quegli anni un gesto simbolico di dissenso verso questa guerra e le sue false ragioni, e di amore verso un altro popolo, specie verso i suoi bambini, rischiarono il carcere dai 5 ai trent’anni.

Il loro gesto rivoluzionario – di una rivoluzione non armata perché appunto simbolica, ma certamente di grande efficacia politica – è stato quello di entrare in un complesso militare in Colorado e di prendere a martellate l’enorme silos di cemento armato, che protegge dei missili nucleari.

Non sono state condannate, a mio avviso, per i danni prodotti, inesistenti, né per aver impedito ai militari di difendere la patria, anche se di questi reati sono state accusate.

Sono state condannate perché hanno detto la verità, con un gesto lungimirante, che se fosse stato ascoltato, forse avrebbe potuto evitare l’11 sett. 2001.

Hanno mostrato che il re è nudo, il che vuol dire, che se si vuole, come si diceva allora, smantellare le armi di distruzione di massa, bisognava, bisogna, cominciare da quelle di casa propria. E’ questa la verità che il loro gesto ha mostrato all’America e al mondo: che anche lì ci sono armi di distruzione di massa, e che la pace si costruisce partendo da sé.

Queste tre donne americane hanno avuto l’intelligenza e la forza politica di spostare il simbolico, di spostare il senso comune della lettura delle cose, per far vedere la verità.

Questa forza delle donne di spostare le cose con la presenza, il corpo, il gesto simbolico, la parola, io l’ho imparata da bambina dalle donne del mio paese e dal loro fare politico (con una manifestazione riuscirono a liberare molti giovani del paese, catturati per rappresaglia dai fascisti) durante la seconda  guerra mondiale. Ma questa storia non l’ho mai trovata nei libri di scuola.

 

CANTO DAL DESERTO

Io. che. abito il deserto che. lo

abito e lo scelgo. come mio compimento. dopo

esserci caduta

Io. che abito il deserto con la mansuetudine

della bestia mansueta. o. la familiarità

di un’anima folle e pacificata

Che abito. il nonsenso quotidiano

e il dolore muto. delle cose

che premono sul pensiero di carne. dolore

della mia carne. per l’incarnazione

di una  non. parola. Mia

inclinazione verso. di essa. Muta

carne di cosa

Che abito. e non voglio parole qualsiasi

a ripetere il già detto. che rassicura

e consola senza. ascoltare il canto

del deserto. senza

il perturbante e vivo. deserto

Parole. che nascondono. il deserto

e la sua passione-patimento

dietro a quinte squillanti. e

cancellano con la follia. l’amore. e

la vita sorgiva. indistinta dalla morte. e

l’ineffabile divinità che. si incontra

solamente. nel deserto creatore

Io. che. come i folli e i mistici. e. le. mistiche

Io. che

Io che. come una mistica o una folle

cado nel deserto del linguaggio

e patisco i linguaggi di parole. deserte

e. scelgo la caduta. scoprendo la ricchezza

del suo niente e. non ancora

inizio e. non presente e. attesa e. ancora

Io. che. cado e. attendo

che il niente partorisca un inizio

Perché. nulla so. nulla so

Nulla. So

Ma. so. il dolore delle  mie. ossa

So. il dolore ossuto della mia. carne

tutta doluta e. dolente. tutta

e. particolarmente doluta

quella al fondo del cuore

dolente e. della mente

ammutolita e. delle viscere. mie. dolenti

di. confuso vivo. Dolore

So. Che sanno. Dolore

Ma. so. l’angoscia dei giorni mono.toni

giorni. che invadono. come nebbia novembrina

ogni lembo di carne e. ogni osso e muscolo

e. smarriscono l’anima e. perdono

per una strada senza. strada

le anime. e ci perdiamo. nell’anima

di dolore. di giorni ammutoliti

Io. che. so il dolore e. gli resto

accanto. e lui a me. per una

sorta di guadagnata reciproca

compassione

Che gli dico. al dolore. gli dico

ti. so. ti. so. ti. so

in un balbettio che. non va. oltre

ma. dà sollievo. un. poco. mi. dà

Anima

Io che scelgo la caduta misteriosa

del dolore e. del deserto. e

non ho case. dove andare

Che. li guardo in faccia e. vedo me

mia profonda radice di me. radicante

nel dolore. che fa spuntare sulla superficie

polloni di luce e speranza. e fa fiorire

in altro verso. il ramoso alto. a grappoli

e. corimbi e. ramure leggere. che

ricamano cieli lontani. inconoscibili

e. sempre qui. su noi. Incombenti cieli

sopra incombente deserto

Che guardo da lontano

come da sopra il Tempo

e. vedo. il dolore evaporare dalle

basse paludose terre e. salire

leggero fra le nebbie. oltre

le nebbie lattee delle non.parole

come riscaldato e liberato  da

ridente squarcio o. raggio di sole

Non appariscente. fiorire di parole

che fa rifiorire le cose. come fa

il fiore del mandorlo. pudico e temerario

sui rami risplendenti di appena

bianco.biancore. sotto un cielo

appannato di brina

Non. appariscente fiore. eppure c’è

Eppure è là. è lì. è qua

Che taccio. anche. il deserto

in passiva attesa.io. che la cosa

si mostri reale. a me

che parlo angoscia irreale. A me

che taccio. la  reale gioia

del sentire nelle ossa del cuore

l’informe. spaurente deserto

E. nulla so. nulla so. del Reale

e. mio di me. sperato. reale

Accade.esclama sicura la bambina

che abita il deserto. Accade

risponde in fervido tremore

la carne adulta risvegliata. Accade

approva. la Lingua garrula e. corrente

quando all’improvviso si insapora

di un dorato pulviscolo carovaniero

venuto da lontano che. sa di miele

e. latte. lontani. lontani. di

un di più che. lontano

Che taccio. io. perché nulla può essere

detto dell’oltre. altra sponda e. di là

che ho intravisto nel deserto

nemmeno al mio. me. più segreto. ho detto

perché qui. le parole sono tutte. mancate

Tutte. mancanti non.parole

Ma so. della speranza dell’oltre

Sì. io so. che ha parole

Che fisso in silenzio. io. un orizzonte

che non vedo e. che si arrotonda in largo

diffuso sciame allumato. oltre

lo stesso deserto. fino

a. quel punto. invisibile. alto

e profondo. appena

immaginato punto di. sconosciuto

dove. di sconosciuto nulla

Remoto reale di. presente ignoto

Che sento. io. il deserto del. mio

poco capire e. poco amare

e vedo. io. una possibilità

che va. se resto qui nell’irreale

che viene. se io vado. al deserto

Io che nell’oltre della Lingua con fede

vado. lenta e . trascinata come zattera

dalla mia essenza più profonda

ti suggerisco. amica. il volto del deserto

Esso è vuoto fecondo. passione di quel niente

che. ci duole dentro e. ci fa smarrire

le parole. di quel niente. umido e doglioso

che fa partorire. la nostra parola rivelativa

Se vuoi incontrare il familiare

perturbante deserto faccia a faccia. io

ti indico la pista delle nude verità. e

ti invito alla pace. che distende

le sue ali oltre il dolore. e

ti offro la quiete. dei suoi

inesplicabili silenzi. carichi

di futuro. che salgono

dalla nostra essenza più profonda

Ascolta la voce che chiama dal deserto

e guarda. come disfacendosi. le cose

si liberano. dalle pietre funeree del tempo

E mentre la Lingua del deserto

canta la sua intraducibile canzone

ti accade la speranza. che apre

parole di verità se. con grazia

riconosci  come familiare luogo

il vivo perturbante Deserto

per gentile concessione dell’autrice, ripubblicato dalla raccolta Sul bordo del silenzio, Società Editrice “Il Ponte Vecchio”, 2015.

 

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Maria Laura della Rosa Antonellini, nata ad Alfonsine nel 1944, vive a Marina di Ravenna. Laureata in Materie Letterarie  all’Università degli Studi di Urbino, per molti anni si è dedicata all’insegnamento. E’ tra le fondatrici della “Società poetica, arte della lingua materna” di Ravenna, nata nel 2001.  Ha pubblicato i volumi di poesia Sasso su sasso,Il Monogramma, Ravenna (1988) e con Book editore Pietre d’acqua (Castel Maggiore 1994), La fanciulla del miele (1997), La filosofia delle stelle (2000). Con “Il Ponte Vecchio” ha pubblicato In piena mancanza (2006), Paradosso felice (2009), Preziose (2011), Discorso d’amore (2011). Con Miriam Collinelli e Benedetta Davalli ha curato La lingua che ci accade (2009), antologia di poetesse ravennati.

Foto in evidenza di Melina Piccolo

Foto dell’autrice a cura dell’autrice.

 

 

Riguardo il macchinista

Benedetta Davalli

Benedetta Davalli Leoncini (Budrio 1944 - 2017), è stata cofondatrice de lamacchinasognante.com. Laureata a Bologna, ha esercitato la professione di psicologa e psicoterapeuta. Ha pubblicato "La penna ferita" (1992) "Luci e colori "(1997) "Voca voce" (2006). Ha fatto parte della Società poetica, arte della lingua materna di Ravenna ed ha curato il volume collettaneo "La lingua che accade "assieme a M.L. Antonellini e M. Collinelli. E' presente in diverse antologie della poesia italiana compreso le diverse edizioni di Poeti romagnoli d'oggi a cura di F. Pollini. Interessata allo studio della parola poetica ha sperimentato nei suoi testi una ricerca appassionata di significati, timbri vocali e immagini. ha fatto parte di multiVERSI.

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