Questa non è una poesia amico
né un testamento
né una preghiera
forse solo uno sproloquio
del padre insonne
della cameriera che finisce il turno
dello spazzino che saluta la notte
del contadino che si accarezza le ossa
dell’insegnante che rammenda le speranze
dell’ubriaco che barcolla verso un nessun-dove
delle paure mai confessate di un orfano ormai uomo.
E’ il sapore di tanti mattini che ti sono così familiari
e forse, sapresti raccontarmeli meglio
se solo io ti conoscessi amico
e tu riconoscessi me
mentre attendiamo di attraversare
ai lati opposti della stessa strada.
Questa non è una poesia
ma il silenzio di certi mattini
quando tu pensi alla tua Lisa (andata)
ed io penso alla tua Lisa
e Lisa, Lisa forse sogna
sotto una coperta colorata, contornata
– nell’insonnia di qualche altro sconosciuto-
di speranze ciglia tocchi e baci.
Siamo, in fondo, tutti così vicini
in questa misteriosa danza che ci sfinisce
tramutandoci in temporali
ci risvegliamo
cristallini e soli
bagnato sul parabrezza del primo autobus
bagnato sulla pianta da balcone
bagnato sui ciottoli di un cimitero di campagna
bagnato sulle vetrate dei Cafè affollati delle metropoli
bagnato sulle spalle del vecchio macchinista
che finito il turno di notte, torna a casa in bici
e sa che non chiuderà occhio
finché- seduto in cucina
non avrà masticato fino all’ultimo morso
pane bianco e nostalgia
che hanno il sapore di questa poesia
che non è una poesia
ma il volto delle stanze certe mattine
quando gli oggetti
ti fanno tremare
le loro smorfie crude
la casa così nuda
così banalmente casa, né più né meno.
Allora ti strofini la faccia
davanti allo specchio del bagno
pensando che dovresti darti tregua
concentrarti sull’odore del caffè
ecco,
ma poi sul tappeto
proprio all’angolo del divano, lo vedi
lei lo ha gettato senza farsi notare,
quel fiorellino che tu avevi colto
fuori dal cancello di una villetta di periferia.
Non hai mai saputo ingannare il tempo
né hai voluto
come fanno loro
come sono bravi loro e Lisa
ad annusarlo
nasconderlo
dividerlo
vestirlo a festa quando conviene
metterlo a tacere
smettere di guardarlo in faccia
smettere di pensarci
consumarlo alla svelta
consumare l’amore
poi smettere ancora
senza avere fretta di ricominciare
mentre tu seduto a quel tavolo da cucina
ti senti come uno scolaretto
che deve ancora cominciare con quella A
e speri che qualcuno ti chieda di ripeterla
mille volte e altre cento A, A come Amore.
Non hai mai saputo ingannarlo il tempo
né onda
né torre
non ti sei mai nascosto
né lo hai mai lottato.
Al diavolo!
Forse non sai davvero dirlo cosa sia
ma sai che ti svegli
prendi l’autobus
qualche volta parli agli sconosciuti
qualche volta invii cartoline
ti picchia il sole a volte
e certi pomeriggi ti fai ancora servire
una birra calda da Gerry
poi i mercatini dei libri usati
la beneficienza
le telefonate di auguri a Natale
la fila alle poste
contratti firmati
appuntamenti trappola
tempie pulsanti
l’impronta di una testa sul cuscino
che prima o poi sparirà.
Se il tempo fosse un album di fotografie
vorrei solo non lasciarlo vuoto,
dicesti quella sera in quel locale
tu che le parole non le hai mai cercate
ti sono scappate dagli occhi, dalle mani:
cuccioli che non hai mai saputo ammaestrare.
Sbattendo contro la distrazione gioiosa degli amici
ottenuta una carezza impietosita da Lisa
quella sera le parole tornarono da te
e lì sono rimaste,
come il silenzio di questa mattina
che non è una poesia.
Rina Xhihani nasce in Albania nel luglio del ’86. S’invaghisce di Rimbaud precocemente; poi la lista diventa infinita… Studia legge a Milano. Migra spesso da una parte all’altra dell’Europa per poi fare rientro a Reggio Emilia, dove intraprende la strada dell’avvocatura. Predilige la forma poetica, ma scrive segretamente ed assiduamente molta prosa. Pubblica all’età di 15 anni il primo libro di poesie “Cuore d’amore”. A 16 anni esce il secondo volumetto “Sono”. Segue “Fotogrammi” edito da Aletti Editore nel 2008. Nel 2015, dopo quasi 7 anni, vede la luce “Questo non è un attentato” che racchiude e forse archivia -pur se con fatica- gli scritti degli anni dell’Università; il libro non può essere definito una raccolta di poesie, ma il diario di un’epoca. Rina Xhihani è ancora in attesa (come molti) del coraggio di sconfiggere la smania creativa, ma pensa che tutto arriverà a tempo debito. Intanto percepisce già i benefici dell’età adulta: non sopravvalutare la felicità, apprezzare il silenzio, perdere il cellulare senza andare nel panico, imparare a scrivere della natura. L’unico vizio invincibile rimane la poesia.
Foto in evidenza di Melina Piccolo.
Foto dell’autrice di Sara Ceresoli.