Sanghamitra Halder
Luce – Tenebre
Mi sento di dire, cresci
cresci ancora, oltrepassa questa spalla
come insetto insignificante che va oltre
Vedo l’insetto camminare proprio così
Innocente
come se nessuno sia mai stato segnato presente su questa terra
come se questa terra iniziasse solo ora la sua gravidanza
Mi scopro tra le ciglia di quel desiderio
Appare la sirena del cervello, con le gambe bagnate
Nah
Nah, questo non è quel tipo di emozione
di cui fare tesoro in uno scrigno
So solo
di non avere i requisiti per unirmi alla folla
né ho mai avuto quelli della solitudine
Oggi mi sento una gemella
Fuoriesce da me un virgulto
Quel viaggio non finisce negli occhi
Dovrebbero passeggiare a loro piacere le pupille
Casa perduta
Andrei a casa – vi è in queste parole un ricordo
La guarigione dalle depressioni e
vi è pure intrecciata una casa antica
un uccello selvatico nascosto nel petto di un gentiluomo
Come se non appena possibile volessi separarmi
dai tuoi assembramenti e starmene sola
Come volessi essere l’arbitro del bosco di sandalo
divenuto leggenda a furia di voci
Hey…
Chi altro ipnotizza tutto il giorno
Dimmelo, chi altro c’è se non tu
Questo viaggio da soggetto a oggetto
L’acqua sorpassa le vene
Distruggi questi nervi in via di guarigione se puoi
O a tua insaputa, portami alla tua meravigliosa sconoscenza
Portami faccia a faccia alle tue passioni
Sanghamitra Halder è una poeta bengalese e prosatrice nata a Kolkata nel 1984. Ha conseguito la laurea di Master in Lingua e Letteratura Bengalese. La sua prima poesia è stata pubblicata nel 2004 e finora ha pubblicato quattro raccolte di poesia in bengalese — NAAMAANO RUCKSACK (2010), DEERGHO-EE (2014), HEY EKTI SAMBODHAN (2016), ANUPOSTHITIR SHABDO (2017) e una raccolta di scritti in prosa – RANDHANSHALAR SHIS (2017).
Indranil Ghosh
Pegaso, animaletto da compagnia
Mi guadagno la miriade della luce
Il suo attardarsi, il verde che dorme…
Tutti i miei improvvisi balzi dentro il mondo
non sono che suture di Pegaso che mai cessano
Solo la nobiltà dei fili
affumica
soddisfa i bozzoli in crescita
Con delicatezza mi adeguo all’ondeggiare
del percorso da bozzolo a farfalla
Traduzione dal bengalese all’inglese Debadrita Bose
Limite del passo
Nazione che gioca d’azzardo attorno al davanzale il giorno tutti
i discorsi di fiumi tremanti in fili colorati…
Shrinivas sente la strada
Ascolta i piedi con il suo stetoscopio
La strada è seduta con la vulva frammentata
dopo aver espulso un’inondazione –
Non posso proprio sopportare la vivida vertigine
Il battito cardiaco invernale
Shrinivas a suo padre
A un padre più grande
Questo intero albero è un’ombra che si scioglie
sulla terra
Traduzione dal bengalese all’inglese: Kaushik Chakrabarty
La Città
La Regina costruisce un piano sopra la Regina
Lunghe canzoni di rematori
Lungo il faro
Su carri galleggianti la carezza del crollo
L’oceano ci ha fatto invecchiare, Shravanti
Allee favole di molte principesse è cresciuta la pelle
Vederle incarnate mi spinge a cospargerle
di latte e miele
O corpo mio
O corpo della mina
Navighiamo le Mille e Una Notte
La traduzione di una lunga fila di occhi
ha fatto aprire le acque…
Nessuna pioggia. Non piove
Penso a perché non scrosci l’acqua
Che ne sarà del raccolto
Piedi mezzo aperti come foglie mezze aperte
Che ne sarà di loro?
I nostri viaggi
diventerebbero più luminescenti
La luna s’appienerebbe di luglio
La moglie si nutrirebbe
Le mucche muggiranno nelle stalle
Questa è la strada
La casa è piena
Le nostre nascite sono bisbigliate nelle orecchie dell’utero
Oh Oh Utero!
Non sembra che
Sua Altezza abbia aperto la porta?
Credo che il palmo di Shravanti sia una bella barca
quando ritorna
mi metto a cercare il pesce
pesce fresco pesce nuovo
che salta fuori e Shravanti si sposa
Luce muta
La città disabile è bloccata nel sonno
Riempiamo d’acqua dal tubo del pozzo
Costruiamo mulini
Cuciamo la libertà sulle bandiere
L’inno nazionali dei Muti
Miglia di tenebre a bollire in una pentola
La città sente il mare…
Traduzione dal bengalese all’inglese: Nabendu Bikash Roy e Debadrita Bose
Indranil Ghosh è autore di tre volumi di poesia (Ratre Deko Na Please, Julywala, Lokta Pakhi Ora Niye Bolche) e affermato poeta dai primi anni del duemila. Dottorando all’Istituto Indiano di Tecnologia di Kharagpur, Indranil ha lasciato il suo lavoro e la sua azienda per potersi dedicare interamente alle attività letterarie. Oltre ad essere poeta è un prolifico scrittore di prosa. Il suo romanzo ”Alla ricerca di Korchen Debanjan” pubblicato nel 2015, tratta principalmente di teorie di ricezione letteraria. L’ultima opera di Indranil Ghosh ‘Nulor prithibi o onyanyo galpo’ (Il mondo di Nulo e altre storie) è una raccolta di racconti pubblicata nel 2016. È stato redattore associato delle riviste bengalesi ‘Boikhori Bhaashyo’ e ‘Natun Kabita’. È fondatore ed editore della rivista digitale multilingue “Indiaree”.
Anupam Mukhopadhyay
La mia religione
Questa gabbia toracica. Senza prati. Senza erba non vi è poesia. Amore. Acqua. Induismo. Quelle tre parole o un osso fratturato nei miei sogni. I miei sogni cambiano quando mi giro. Una ferrovia e un filo d’erba mi ipnotizzano. Adesso la parola è “laico” ed è più terrificante di “Jihad”. Cerco di crearmi un ritmo, in perfetta sintonia con l’universo. Mi lavo il viso. Mi lavo le mani. Analizzo la situazione. Sono un flauto che esegue un assolo. Un flauto resistente e curioso. Il disappunto è la mia scuderia. Chiunque mi abbia dato una goccia d’acqua la chiamo madre. Non me ne andrò mai da qui. Chiederò l’elemosina per moda non per necessità. Ho dato fuoco alla riva del fiume e ascoltato l’onda della risata della iena. Né la parola “No”. Né la parola “Sì”. Ho ascoltato attraverso il fumo. Tutti quegli affidabili villaggi dei pigmei. Mi sento alto ed è la mia religione.
(Tradotto dal bengalese all’inglese da Shanu Chowdhury)
Non preoccuparti Syed Karim
Fagli il saluto militare. La pietra appiccherà il fuoco. Se vuoi spezzare la pietra punta il fucile al suo cuore. Questo testo è la mia arte del governare e una guerra. Non tentare di trovare il tasto giusto. Il mio testo scoppierà come un sole lurido & si disperderà su una frontiera caotica. Più che nella morte, è nel nucleo del cuore che si ripristinano le tenebre. Il potere incoerente del gusto. Miglioralo con una mentina. I sentimenti slavati potrebbero piegare la tua baionetta. Le letterature bandite sono più pericolose di un negro in cattività. Il redattore si lava le corde vocali. La saliva viene risciacquata dai portici della vita. Le colonne si sentono sopraffatte. Inchinalo. Il redattore ha mantenuto il controllo. Prova più forte. La superficie si frantuma. L’aria è sradicata. Piastrelle rosse. La pace di una parete bianca. Una finestra verde. La casa sotto la collina. Il mio freddo o è rimasto in quella casa o in un caldo sogno. Quella casa. Quella terra. Non per tutti. Syed Karim. Due parole provengono dal cimitero adiacente o da un antico villaggio persiano. Il nome Syed Karim. O. Nell’epoca britannica conosceva il negozio di Thacker & Spink. Non ha importanza. Un gallo triste lo sveglia nella notte sbagliata. Ecco. Prendilo dalla collottola & costringilo a dire “Wow!”. Proprio come una tigre domata.
Tradotto dal bengalese all’inglese da Shanu Chowdhury
Anupam Mukhopadhya è nato nel 1979 e vive a Ghatal, un piccolo paese del Bengala occidentale. Ha iniziato a pubblicare le sue poesie nel 2000 e ha al suo attivo sette raccolte di poesia.
Paulami Sengupta
Maximum love a Patel Nagar
Amore, non dirmi che dobbiamo partecipare al reality “Maximum Love”!!!
Come potranno i nostri amori
essere un serial
per l’ora di massimo ascolto
Quando tutta Patel Nagar si darà battaglia a sangue col telecomando?
Hanno mandato le telecamere?
Va bene, allora.
Alle 19
mi tolgo il salario e l’entusiasmo come una cintura
e ci aggiungo una mezza maratona e del sale
quel poco di spesa che facciamo
per stare a galla
Tanto amore per il lavoro
che scricchiola nel rickshaw malandato
ed esamina quel dal
che ti cucino tardi la sera
Sì, cucino, io cucino
improvviso manicaretti
dubbi senza zucchero per te
ogni sera
Maximum
Emozioni extra large che ruminano, amore!
Ciomp ciomp
Segno
Brillano le braccia come la sabbia
Si distoglie lo sguardo dai volti
Le ginocchia fuori controllo
I talloni pronti per le frecce
Questo venerdì
frullo spiriti spumeggianti e mi metto in posa come turista, emancipata.
Il mio desiderio di Maughm
isolamento, lentezza, penisola
è secco e salato.
Se mi ricordi
delle due guerre
e di una prigione
finisco il pamphlet
in cinque minuti.
Assaporo le spiagge
come pezzi di cocco
fisso i bunker
e i traghetti dall’altra parte della riva come fossero i miei.
Poi condivido foto di nuovi inizi, ma proprio nuovi
Puoi vedere il segno sul mio braccio sinistro
Un’isola in quest’isola?
Affamata
L’aria profuma di origano e fango.
Gli opposti si scovano e chiacchierano – di qualsiasi cosa tranne i monsoni.
Distolgo lo sguardo dalla simmetria di questi negozi lungo la strada e addento delle fette perfette mentre ingoio parole all’olio.
I miei spigoli vengono massaggiati.
Dopo il bagno
Dopo il bagno
i miei arti erano tranquilli.
Mi sono messa ad esaminare le vecchie mattine- con competenza
Sono ritornata.
Vedendo una piscina tranquilla e una porta chiusa
mi sono fermata a pensare e poi mi sono cosparsa di borotalco il collo
Tradotte dal bengalese in inglese dall’autrice.
Paulami Sengupta è una scrittrice di professione con base a Delhi. Le sue poesie (in inglese e bengalese) e traduzioni sono state pubblicate nelle riviste Muse India, Nether, Kritya, Indian Literature, Parabas, The Sunflower Collective and Cold Noon.La sua raccolta di poesie in bengalese si intitola Jiwhai Barbar Fire Ashe Laban (2007).
Arnab Roy
Composta per il bambino – 1
Dopo aver raccolto l’ombra del suo bambino, l’uomo
a testa bassa, lascia ora la casa.
Viaggia verso l’altra parte dei suoi sensi.
Ha sentito per caso che suo figlio ha imparato
“Papà. Da nessuna parte”
Dopo il conio di tali parole,
non può più proiettare la sua ombra,
Non c’è più nessuno che lo chiami per nome.
La sua casa è inghiottita dalla rabbia.
Non c’è nessuno là che gli possa dare uno schiaffo
per restituirlo ai sensi.
Una volta ebbe la visione, un bambino, come una nuova foglia. Oddio…
Quella foglia ora è trasportata sul vento di un altro.
Ha cercato intensamente una metafora a cui
Compararlo…
una volta la foglia si è posata sulla sua spalla… ma solo un attimo.
Che altro serve per avvolgersi dentro?
Ora, camminando raccoglie anche le proprie orme.
Se mai avesse potuto mettere dei colori da qualche parte
l’eco di quel “Da nessuna parte” li sta cancellando tutti.
Composta per il bambino – 2
Passeggiando da un nulla all’altro,
il bambino, ora lo si può vedere in piedi,
nel pieno del sangue, ciclo della vita., nel suo verde lussureggiante,
il mondo si dondola, la sua casa delle bambole è sparsa
da questo all’angolo più remoto di questo universo.
Muovendo i passi, i suoi nuovi passi sulle stelle
si ferma un momento, inconsciamente,
chiama, “PAPÀ”
poi si corregge. “non c’è, non è qui.”
Il cielo si ferma,
pensa, nella sua vastità azzurra, a che serve?
Ma perché cercare di avere la mente aperta, o fingere di averla?
Piuttosto meglio cadere con tutte le emozioni
dentro al petto, come fragile parete di cristallo.
Meglio precipitare e frantumarsi.
Composta per il bambino – 3
Composta solo per i bambini.
Composta solo per i bambini.
Ha perso il suo fanciullino interiore dentro al padre.
Ha dimenticato il suo fanciullino interiore da qualche parte nella pila dei giocattoli,
da qualche parte nella distrazione, il bambino
si è trasformato da un bambino in un altro e
infine in tutta una serie di bambini.
In una lingua più comune, questo lo chiameremmo essersi persi,
queste sono le parole che fanno sospirare
le alte cime degli alberi,
mentre le ragazze fanno il picnic sulle rive accoglienti,
per divenire di nuovo immacolate –
Quindi, questo è l’avviso
“PAPÀ SUL SERIO (PUNTO) RITORNA”,
e appenderlo
come venticello su solitarie buchette delle lettere,
o inchiodarlo come volantino sulle corna dei bufali che ruminano all’alba,
o piantarlo come semi dei frutti preferiti degli uccelli.
Così, un giorno, ricoprendo il cielo e la terra,
sui semi e sulle cortecce,
sulle lumache e sulle galassie, tutte insieme,
appariranno parole.
Spero che allora saprà leggerle.
Arnab Roy è nato nel 1982 in una città provinciale chiamata maida al nord fdel Bengala occidentale. Poi è stato allevato in varie altre città del bengala. Si è laureato all’università di Kolkata e ha poi ottenuto il Master’s a varanasi. Ora insegna in un’altra città del bengala occidentale, Raghunathgannj. Ha al suo attivo due raccolte di poesia, Rwju Chilon Bismito Sorol (tradotto sarebbe all’incirca “Diritto in piedi Levigato Sorpreso Semplice”) e Korunasomogro (L’omnibus del compianto forse). Ha anche pubblicato una raccolta di racconti.
Souva Chattopadhyay
Passandoci in silenzio
1.
La casa era chiusa a chiave. Tempo fa,
siamo tornati, dopo una settimana passata
in montagna. Appena entrati
in casa, sembrava ci fosse stato un temporale,
forse era piovuto. Forse avevamo dimenticato di chiudere
la finestra della camera da letto, e ora il pavimento era fradicio
di acqua sporca, polvere e detriti.
Rimasi scosso, dall’ombra di una calamità
tanto remota, che mi aggrediva così
a casa mia. Muniya, invece, era calma
e paziente. Si mise subito a pulire.
Più tardi fu Muniya a scoprire sul suo balcone
il nido d’uccello, tutto rovinato ora. C’erano
anche frammenti di guscio, rimasugli di tuorlo,
gialli e appiccicosi, sparsi dappertutto.
2.
Conosci tutti i miei segreti. Sebbene,
adesso dubito, avessi saputo
spiegarti tutto per bene.
Altrimenti, come potresti ridere con tanta leggerezza,
mentre ascolti cose tanto serie?
Come puoi spegnere le luci e tornare
a dormire così tranquillamente, accanto a Ruba’i?
Adesso ho paura. Ora non posso smettere di parlare.
In questo buio la mia stessa voce
è l’unica identità che possiedo.
Naturalmente, sai, che attraverso il suono
possiamo anche misurare le distanze.
3.
Dalla balaustra di questa fortezza, posso vedere
quelle casette, le vite
disordinate della gente. C’è anche dell’altro
in tutto questo? Nel freddo nulla, nella luce pallida del cielo,
i piccioni, che svolazzano in tondo da un po’,
ora iniziano a sistemarsi, sul tetto quadrato,
che sembra una grande piscina di polvere di rame.
Ora sento una musica lontana, un canto
in una lingua sconosciuta, commovente.
Forse, tutti questi sforzi, queste robuste
attività umane, non sono vane.
Sembrano però pallide e malaticce,
sotto questa strana luce serale.
4.
Una volta, guardando da lontano, ho trovato che la terra
mi era in un certo modo familiare. Quasi fosse mia nonna –
calma, un po’ disordinata con il vestito
che le scivolava sempre dalle spalle.
Sotto quegli occhi opachi, potevo vedere baluginare
le ombre di una sera infinita, le dita dei piedi screpolate
che si riempivano di terra e radici contorte.
Più mi avvicinavo alla terra, più potevo sentire l’odore
dei suoi vestiti morbidi e lavati raramente. Dalla mia finestra,
potevo vedere la sua faccia, come un ritratto dimenticato
scuro, fuligginoso e consumato dalle tarme.
Souva Chattopadhyay è nato nel 1983 ed è l’autore di tre libri Anantar GharBari, Hatighora O Onyanyo, Muniya O Anjaan Byuha and Mayakanan. Attualmente abita a Delhi.
Pushpanjana Karmakar
Armadio dell’estasi
Non ci sono vestiti
chiusi nell’armadio.
Un vulcano dormiente
di sagome di argilla, muschio, fiori di shuli, libri di Woolf con le orecchie alle pagine,
foto di insopportabili di rifugiati e un dialetto d’amore redatto in cactus.
C’è l’amore patologico di Kant
che bussa come un pazzo alle cerniere della mia porta
Da esso si eleva:
il Gange a Dakshineshwar di notte,
lingua d’estasi di Calcutta.
Il bambino nudo e zelante
pronto a immergere le mie preghiere arrotolate,
dove non trovo mai me stessa
tranne che in presentimenti stesi dalla mia famiglia
sulle pareti di casa nostra.
Le sue mani piene di cotone
che drappeggiano la mia assenza in un rosso sogno di ibisco.
Il mio corpo che cade su di lui come una rete gettata sul mare.
Il bambino dai capelli infeltriti
s’infradicia alle prime piogge alla stazione di Sealdah
danzando senza corpo.
I suoi piedi: corrono attraversando le costole fedeli del mio cuore
precipitando come fiore di frangipane che cade
Mi sento libera, sostenuta
in quell’armadio
come mi importasse più del fumo che del fuoco.
Rimangono in quell’armadio
come un sogno che emerge
l’amore trattenuto da un catenaccio.
Il muro oltre
In questo silenzio estenuante
l’idraulico non deve riparare
il rubinetto che perde.
Che permetta il tic tac
nel nucleo del mio cervello.
Il tonfo dell’ansia da predatore
I morti alla porta
tossiscono espettorando il piccione
tutto pronto a sbattere
e allentare i fili dei cuori persi
a pesare i guai per trasformarli in ilarità.
Il sole serpentino scava un tunnel
nella mia stanza in un pomeriggio d’inverno
nutrendomi del veleno del calore
E’ un silenzio profondo, baritonale
che mi richiama alla reclusione
di
amore appassito
rabbia indurita come guscio di noce
perdita sepolta in profondità
e un oblio
una condotta di vita tanto ordinaria.
II
In questo silenzio
le lamiere vengono forgiate
ad assumere la forma
del mio cuore
Quando dalle ascelle mi penetra la paura
un danzatore smemorato e confuso va all’assalto del nocciolo del mio cuore
Io distaccata, deplorante.
L’occhio dietro l’occhio – una lucertola smagrita –
Appostati
per il prossimo passo di danza della farfalla
lungo le acque torbide del Gange a Dakshineshwar
trascinandomi nelle
correnti,
dove il tempo è un turbinio
di arrivi e ritiri senza il mio assenso.
E in questo silenzio invernale
È il dolore: il tempo si costruisce la carcassa prima del corpo
L’amore è un rudere in armonia.
Memoria
La memoria è guardiana del fuoco
che scala le facciate
salva gli aneddoti, i capricci, una visione, un amore, un tradimento duro come osso
dalla fiammata dell’ippocampo.
Perché ci ricordiamo i capricci?
La memoria è un gorgoglio dentro la bocca
che ti risciacqua l’agonia del passato.
Ogni vita dentro il cavo orale
è un uccello al crepuscolo
che ritorna al nido, che frena l’irrequietezza volando.
La memoria è una schiuma
La bolla più nuova schiaccia la vecchia
mentre il barista scuote
i sentimenti.
La memoria è una strada tinta di pioggia
Le falangi di foglie bagnate
ci conducono verso
l’abituale disperazione della vita.
Pushpanjana Karmakar è nata e cresciuta a Kolkata. Le sue poesie sono presenti in riviste come The Harvest Millennium, Kritya, and Poetry India: Enchanting Echoes (All India Poetry Competition), Coldnoon Poeticse un racconto nella Indian Review e enlal |Bombay review. . sattualmente abita a Delhi dove è avvocato. Un suo articolo sulla corruzione ha vinto un concorso indetto dal quotidiano nazionale Times of India. Fa parte del gruppo di poesia Moonweavers di Delhi. I suoi autori preferiti sono Rabindranath Tagore, Amitav Ghosh, Anita Desai, Dom Moraes,Virginia Woolf, Italo Calvino, Haruki Murakami, Fyodor Dostoyevsky. Alla ricerca di scoprire il nucleo del cuore umano, le piace rappresentare le anime degli esseri umani in preda ad indicibili angosce. Esamina anche fenomeni come il riso e la sua mancanza.
Rangit Mitra
Suono –
La mia gola è intessuta di alberi
mentre mi stendo
su un letto secco come un deserto.
Sono sconcertato
dall’assenza di suono
Sono rosicchiato
dall’assenza di luce.
La morte
fa capolino tra gli schiamazzi dell’esterno,
attraverso le ombre
spinate dell’oscurità.
Signori
Istruiti sono, i Signori,
appartengono a un mondo diverso.
Il loro trucco cascante,
il loro circolo di colletti bianchi
non fanno parte della mia identità.
Eppure sono diventato uno di loro
mentre cercavo di nuotare controcorrente.
Signore, è il mio nome della vergogna.
Blu
Corpo nudo steso come una vallata
secca e spoglia di natura
che allarga i suoi strati di eccitazione.
Impavida l’età siede accanto alla nudità,
mentre le intenzioni Carnali aiutano
il coraggio a crescere, sfidando Mercurio.
Non permetto mai all’altro uomo di crescere
mentre lo brucio durante la nostra sfida
cosparso del veleno della sfiducia
il suo corpo si è adesso trasformato in blu
Infine
Nessuno sopporta la bontà.
Perché preferisci sempre quelli
che non sono buoni.
Sfidando balbuzie e parole di etica
quella famiglia del Gujarat si riplasmata
in un verso di poesia
Tradotto dal bengalese all’inglese da Mriganka Majumder
Rangit Mitra è nato nel 1985 ed è l’autore di tre raccolte di poesia Rumale Beer’er Gondho, Bhalo Pagoler Astana, Columbuser Loading Stone.
Foto dei poeti a cura degli stessi.
Immagine in evidenza: Foto di Aritra Sanyal.
La prima parte di questo progetto a cura di Aritra sanyal, si trova al seguente link Sulle ali di giovani poeti bengalesi. Parte II, a cura di Aritra Sanyal, traduzioni dall’inglese di Pina Piccolo e contiene le traduzioni italiane di poesie di Animikh Patra, Anuradha Biswas, Himalaya Jana, Anindita Gupta Roy, Ritam Sen, Swagata Dasgupta e Raka dDsgupta.