SUL CALESSE DI ANDREA
Il titolo viene da un’immagine che mi ha colpito nell’intervista video di Marco Paolini a Andrea Zanzotto (“Ritratti” di Carlo Mazzacurati e Marco Paolini, 2010). La parola “delizia” l’avevamo già in comune .
“… ricordo… a un anno, un anno e mezzo… il senso di delizia che mi proveniva andando in calesse con mio padre e mia madre, che mi teneva ancora al seno… ricordo perfettamente
(…) le foglie che cadevano d’autunno, così… e il trin trin… questo andare verso (…)
… nel paesaggio (…) il respiro stesso della presenza della psiche…”
“…se devo credere in qualcosa che non si vede preferisco i miracoli piuttosto che i virus”
(Karl Kraus)
caro
lobo sinistro
dalla tua posizione congelata
nello spazio-tempo tu credi
di conoscere tutto
caro mondo
ologramma
di forze di contatto
caro
etere
caro vuoto
cara polarizzazione
non c’è differenza tra luce e suono
procedono per onde vibrano
nella bodhicitta
delle quattro equazioni vettoriali
punto di congiunzione
delle lunghezze d’onda
dalla materia
all’energia
che degrada progressivamente
fino a quando
non c’è più evoluzione
caro kali yuga
limitazione alla conoscenza
onda
corpo
dio
sesso
fato
forza velocità
costanza
visione karmica
osservazione
natura
namo
namo
metalli
odi bizantine
incantatori di materie
namo
corpo astrale
ben al sicuro
nel braccio destro
nel fegato
(sta il corpo psichico)
namo
impazienza
luciferina
fiamma
namo
ruscello
cuore
custode
testimone
catena dei simboli
namo
namo
smaltimento rituale di rifiuti psicologici
ogni notte tornare
sfiancata dal cavallo
dai confini della mitica tule
scarpini consumati dalla danza
vestire i panni dell’insegnante e della madre
appena in tempo
per immergerti nel quotidiano
bagno di giovani maya
circuiti
uva fragola
fichi funghi
da questo pianeta malato
elisir di spazio
scorre di bocca in bocca
nel nettare
che viene dall’acqua
le dakini mi hanno cambiato
il sistema nei polsi
il battito
è diverso
da allora
il samsara
oggi
mi appare
nella sua
disarmante
ovvietà
non so se può bastare
ma credo che
per oggi
sia questa la poesia
nelle valli di Comacchio
la mamma lasciava i bambini
alle prime ore dell’alba
per uscire con gli uomini
a pescare di frodo
era gente poverissima
la pesca era proibita
nelle acque di proprietà della chiesa di roma
la mamma si portava dietro il pane
già raffermo da giorni
unico cibo
e lo bagnava in laguna
i bambini felici
di mangiare
al suo ritorno
pane salato
d’acqua di mare
che lo ammorbidiva
ho sempre pensato a “pane” e “mare” come legati da qualche
misteriosa analogia
le quattro lettere e le vocali a, e nella stessa posizione
l’archetipo universale mare terrestre
cartoline dal sud
1)
lucertola ti spunta tra i piedi, dalla sabbia
spiaggia spiaggia, dice anna
geko passeggia sotto la lampada
muro muro, dice anna
gatti rognosi randagi tra piante grasse in fiore e avanzi disossati di volatile
mare smeraldo sullo sfondo
in eterna affermazione del nulla
2)
girasoli sfiniti
a perdita d’occhio
tre quattro galli si sgolano all’alba
tra l’inerzia dei tetti
giardino zen naturale in riva al mare
concrezioni abbarbicate di case
abitazioni per uomini come
escrescenze organiche o crostacei
cartoline dal sud
3)
portano rami secchi di oleandro, ancora pieni di fiori,
per il forno della pizzeria dove mangiamo
pita pizza
è odore di aneto, dico
è fico, dice lara
è capperi eucalipto agave
è gregge di capre al discount di pizzo
4)
libellula sbatte a ripetizione
contro la portiera del furgone bianco
non lo vuoi capire che di lì non si passa
come sottofondo “quelle che dormono nelle querce” (cicale, per gli antichi greci)
e il misterioso
è ui è ui è ui del mattino madreperla
corte dei miracoli matina bonora
ci sono anch’io
incartata in un cappotto che non mi corrisponde
larva di brividi e compiti
poi si apre una stanza
allora prende il via
il pilota automatico del discorso
weekend
usa la ragazza come accessorio moda
vecchie troie truccate la reclamano
nella provincia imperiale di confine secondario
narcotizzata distrazione di massa
befane intermittenti ancora convinte
di essere in gara
assistono alla rivincita
della cozza maligna
per l’agenda di dadi
dopo il lavoro e le spese
torno a casa e guardo le notizie alla tele
le formiche non ce la fanno quasi più
snidate dalle ultime farine
vivono di briciole di dentifricio rimaste in bagno
revisioniamo la storia osservando
il passato in diretta
sotto i nostri occhi
un cane bastonato sotto la grandine
il controllo sferra la sua migliore offensiva
da qualche parte
da un uovo azzurro
esce un essere diverso
ho sempre amato i titoli
questo è un elenco di titoli per libri a venire
pronti a spiegare perchè
occhi di aragosta
tipota
tremella nostoc
pescinfaccia gratis
la posizione della preda
a fuoco lento
su dremi dremi
yasamatsu
estinzione
i spasemi
sokushinbutsu
another tower
barca da squero
sa matafaua
doppio sguardo
joseph beuys i hear your voice
prima della rinuncia
lieviti
dreamboat
stargazer
mbarambara
scarecrow
saldature
al momento
per il verso giusto
né segni né sogni
effimero bazaar
fox weather
tarma d’ordine
essere manovale e ricevente
essere cut up
chi esser tu?
il chicco di riso del tuo cuore sbattuto dai flutti
il fuori si affanna nella sua corsa lotta altalena scimmiesca
la rosa alchemica a metter ordine ai pensieri
passa anche l’ultimo arrotino
dà una sbirciatina nelle case
il dentro ha deserti di sale e piante grasse
ha luci e deja vu
interrotti
capovolti
ripetuti
indigesti
ha una domanda, adesso
e lady murasaki resta fuori
accovacciata nella nebbia, vladimir
manda deboli segni
la lasciassero entrare
la lasciassero uscire
una signora e il suo figlio mostruoso
una signora che non può camminare
cammina sulle acque
intravvedo il corpo astrale
mi spavento
la velocità l’agilità
senti? sta arrivando
passa ponti e calli
stavolta vestita
stavolta senza
con un cappello calato sugli occhi
capelli in eterno disordine
da dove viene il suono
mente anima cuore
oppure
ferro legno ottone
eccoti, eccoti qua
ti aspettavo, ti cercavo
non ho niente da dire
parla tu adesso
rovescia regola/eccezione
tutto resta uguale
ma la velocità elevata in un luogo resta “peculiar !”
e viceversa
l’anima scrive “non in casa”
sopra la carne e si avvia
con passo leggero
dove non c’è
speranza di toccarla
sacro
quando bevi
quando ti lavi
sacro
scoprire i nomi
il dono dell’assenza
la sorpresa dell’ordine
la dimensione del fondo
raccogli tipo settecento grilli all’alba
e mangiali
per curare il mal di schiena
sospendi il dialogo interno
confusione totale sotto il mio cielo
sputacchi gioielli microsoft culi gazose
mai stato così pieno il vuoto
nel new world order
anche la poesia si fa mettendo uno strato sull’altro, pam
e il risultato sembra frutto di un unico movimento
a few words for franco, again
(10 pensierini per 10 anni)
1) “un battito di ciglia e guardo su e tutti hanno i capelli bianchi”
2) ho visto il cappello di gampopa, lo portava ontul rinpoce
3) stavi appoggiato al muro del gompa con la tua aria nervosa, tenevi il giubbotto con la mano e il maestro ha detto “fai compagnia al poeta” e in alto le dakini e il nettare dello spirito zafferano ragazzo giallo e non c’era soffitto e questo non è un sogno
4) sto seduta sotto l’albero dei desideri. sto seduta o anche cammino sul pavimento giuncato di fresco e ascolto la pioggia sull’erba con gli altri troubadours & trobairitz
5) una sconosciuta , dopo la presentazione del tuo “perché A” alla querini a venezia mi ha detto che c’è una divinità giapponese che tiene insieme cose e persone e che pensava che questa divinità ti somigliasse, è vero, ho detto, è vero
6) franco franco franco, il faut beaucoup de temps pour devenir jeune
7) steve, neno, gregory, bob creeley, e tu, avete lasciato in eredità la bellezza residua del mondo
8) la dea bianca è stata lontana per un po’ adesso vuol tornare e si avvicina timida, come un animale che accetta cibo dalla tua mano. comunque stai tranquillo: è sempre dello stesso colore
9) hanno fatto una fondazione con il tuo nome, e stampano libri e fanno un mucchio di altre cose
10) le tue ceneri erano inquiete, ha detto judy quando ha appoggiato il tadrol adesso va meglio, vero?
l’ultimo oggi
ti corro incontro
lenta e senza suono
sei fermo nella curva del prato
eterno nel silenzio del campo
presente
dove la luce chiama le cose per nome
leggero vaso etrusco
clavicembalo
terra secca, orizzonte di cipressi
profumo di erbe cotte, carne e zuppa
spartito di scarlatti
la noncurante grazia dell’argento
polvere e silenzio
il minimo indispensabile
frequentazione della bellezza, nuda
… atque in perpetuum, frater, ave atque vale
per george schneeman
risveglio freddo
fiducia nell’inatteso
scatta il dolore
nella scatolina cuore/cervello
negli organi vitali sanguisuga
un cervo circondato dai cani
la sconfitta brucia e ride di te
‘cos you’ve always always been wrong
e quando ti sarai abituata
con la massima disciplina
al tormento dell’ape nel vaso
della scimmia che sbatte la testa
contro le pareti di osso della stanza
di colpo tutto cambierà
e ti troverai
nell’infinito
aperto
vuoto
nulla
il difetto dei bilanci
brucio i tuoi doni insinceri
ho perso ogni battaglia
calpestato tutto l’orgoglio
provinciali goffamente euforici
applaudono
già pensando ad altro
Rita degli Esposti, Sul calesse di Andrea, Lato Selvatico “Libraria”, serie TerraPoesia, 2012, per gentile concessione dell’autrice.
Rita degli Esposti è nata a Bologna e vive a Venezia. Ha sempre scritto poesia. La sua scrittura è stata influenzata dal buddhismo tibetano. Dopo alcuni anni come attrice di teatro ha incominciato a frequentare la “tribù” dei poeti e a fare letture e performances di poesia in giro per il mondo (migliori ricordi: Amsterdam, One World Poetry; Budapest, Polypoesis; Veneziapoesia; Locarno, La rada; Biennale Venezia 1999, PX3 Pavia, COX Milano…) Libri recenti: “Dal margine del ciclone”, Porto dei santi, Bologna; “Amrita”, Supernova, Venezia; “Specchio convesso”, ANA, Svizzera; “Tiger in the mirror”, Coyote books, USA…. Ha tradotto Kathy Acker, Cid Corman, Allen Ginsberg, Louise Landes Levi, James Koller, Joanne Kyger, Gary Snyder, Tom Raworth, Anne Waldman e altri poeti americani.
Foto in evidenza di Melina Piccolo.
Fodell’autrice a cura di Rita degli Esposti.