Conosco da diversi anni Alessandra Piccolo, alta, bionda e filiforme, ha un viso da elfo ed una voce che esprime insieme orgasmo e struggimento. L’ho sempre osservata con grande ammirazione ma con la distanza che la vita, in paesi diversi, regioni, nazioni e a volte persino continenti ci ha dato, fino a che non siamo tornati a vivere in due paesi vicini e qualche occasione di bar, di casa o di piazza ci ha visto osservarci con interesse e, da parte mia, profonda ammirazione. L’ho conosciuta come poeta nel 2015 quando, tornando da Expo, dove lavoravo in bicicletta, e metropolita la raggiunsi in una piazza di una sagra dove, con voce forte e struggente, accompagnata da una ballerina, in una piazza ammutolita quanto stranita, declamava i versi veraci di Tutti li ad applaudire le vacche in fiera e la rividi circa due anni dopo nella casa, diventata circolo associativo, di Alda Merini, nei navigli a presentare un’altra raccolta. Oggi l’occasione di alcuni suoi versi mi permette di introdurla al pubblico di lamacchinasognante, come un fiore raro e metropolitano, dei sobborghi metropolitani, che crescono insaputi, forti e rigogliosi con i tratti ruggenti della selvatichezza e la poetica bellezza di luci improvvise, elettriche. Questa raccolta di sette componimenti mi ha stupito per la grazia, per la forza del reale e dell’incantamento poetico. Si sente la vita, si sente il respiro, si sente la mente estesa al possibile umano e la denuncia civile. A voi la offro con orgoglio ed ammirazione.
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Oggi vedo coriandoli di te.
Bambini in fondo al mare giocano a pallone,
vedo le bolle risalire in superficie, galleggiano ancora.
Mentre il peccato originale germoglia dentro arancini di riso,
bocche cariate li tritano, spurgando parole in sorrisi ciechi.
Le mie orecchie sanguinano.
La morte e la sua falce: l’unica cosa che rappresentate.
Essa spinge su di voi mentre fate comizi, mentre scatarrate slogan vi soffia addosso.
L’odore è ovunque.
Mi sento vendicata nel sognarvi annegare.
E non abbiamo scampo.
Oggi vedo coriandoli di te.
Mi sento crudele nel sognarvi combattere,
un esercito di marionette che una ad una salterà per aria.
La festa sarà immensa,
prevedo colori nel cielo – la primavera sboccia in anticipo – e un girotondo feroce vi farà saltare le braccia.
Nemmeno una lacrima cadrà per voi.
Solo coriandoli e bambini in fondo al mare, che ci additano dagli abissi.
Le porte sono state spalancate,
non servirà guardare altrove, le loro dita sono fisse sopra di noi, sotto di noi.
Come già è stato, non esiste redenzione.
La Storia non perdona.
Le dita non annegano.
La mia anima nera canta ancora nei campi di cotone.
La mia anima rossa tira ancora frecce.
La mia anima bianca ancora muore.
*
Devo fare una telefonata diretta all’altro mondo.
Conosco il numero a memoria, ma non so dove digitarlo.
Di una voce avrei bisogno, che raggiunga l’Universo e si oda oltre il tempo.
Padiglioni auricolari divini, per sentire oltre lo spazio conosciuto.
Devo fare una telefonata diretta all’altro mondo.
Ho bisogno di una voce soltanto, che voce non è più.
Ti direi che vengo a trovarti a casa e tu saresti seduta in giardino,
all’ombra delle piante di kiwi, ad aspettarmi.
Mi daresti un sacchetto di zucchine dell’orto
e aggrappata al tuo braccio, confronterei la tua abbronzatura con il mio pallore.
Sorrideresti, con le tue rughe che conosco a memoria
e staremmo in silenzio a goderci il pomeriggio,
fino a che non mi diresti di andare a casa
perché non vuoi che guidi con il buio.
Ti saluterei rilassata,
perché tanto ci vediamo domani l’altro,
e i tuoi passi sulla ghiaia
sarebbero la musica del mio ritorno.
Devo fare una telefonata diretta all’altro mondo.
C’è un pomeriggio intero da superare,
e l’estate è una stagione crudele.
22 luglio 2018
*
Sui miei fianchi
Ci trovi pergamene egiziane e catacombe
Sul mio sesso Eva mentre addenta la sua mela
Sulle spalle ho canyon e pellerossa
E bufali e praterie.
Sono la donna delle cose perse.
Fra le dita porto i coralli dei Mari del Sud
Sul naso ghiacciai sciolti
E le labbra come fiumi
Fin sul mento dove trovi deserti
Lungo il collo porto i viaggi di Marco Polo
E sui seni le lacrime di Cleopatra.
Sono la donna delle cose perse.
Appendo galassie sul mio ombelico
E arabeschi giù per le cosce
Ho liane sui polpacci e radici nei piedi.
Dentro agli occhi
I tuoi occhi
Che restano aggrappati alle pupille
Impressi come specchi
Dai quali non riesco a smettere di riflettermi
Sono la donna delle cose perse.
Ma i miei capelli sono edere che si legano a te
E gli inverni non fanno che sbocciare nuovi fiori
Non fanno che stupire ogni anno
Coi più bei germogli.
*
I tuoi capelli di un rame sciupato
sono equivochi
tra secoli battuti come materassi fuori dai balconi.
Mi stupisce il tuo lento morire,
tra bachi di seta e artigli.
Non vuoi salvarti
questa la tua colpa,
la mia è che ti salverei per molto meno.
La tua voce è un decennale lamento
che io, ora, non posso più ascoltare.
La tua malattia è la tua fede,
l’adori come una madonna nera
le doni brevi giorni informi
aborti d’esistenza
che non desideri più.
Condannata a te stessa,
digrigni i denti.
Il sole è soltanto un’accecante distrazione.
*
MANIFESTO PRIVATO
Prenditi cura di te.
Non avrai altro al mondo di così caro.
Massaggia le tue gambe stanche, la sera
sorprenditi sorridere tra le vetrine dei negozi nel via vai del giorno
e saluta le tue mani, mentre lavorano nel dolore.
Abbraccia le tue spalle
almeno una volta al giorno,
e tocca i tuoi capelli con l’affetto dell’unico padre.
Ama il tuo collo nascosto.
Adora i tuoi polsi agili.
Rispetta i tuoi piedi.
Prenditi cura di te.
Non avrai altro al mondo di così caro.
Nutri la tua mente,
lasciale molta corda per spiccare voli infiniti
e poi riprendila per le quotidiane faccende sociali.
Non dimenticare il suo enorme potenziale: onoralo.
Fai molta esperienza
ma fermati un momento prima del diventare superbo.
Sii audace
senza metterti in pericolo.
Non avrai altro al mondo di così caro.
Stai da solo
ma conosci gli altri.
Non pensare di essere il migliore
ma non crederti mai ultimo, anche quando lo sei.
Non giudicarti, analizzati.
Non odiare nessuno, rende frustrati.
Non disprezzare nessuno, rende ottusi.
Ogni cosa e persona e animale e pianta è un miracolo nell’universo caotico.
Pensa in grande.
Domanda perché.
Prenditi il tempo per piangere
e poi prenditi il tempo per fartela passare, ma fattela passare bene.
Non dimenticare.
E poi, cerca di amare il maggior numero di cose
almeno quanto ami te stesso.
Rende liberi.
*
Mentre le bombe esplodono a Bangkok,
tuorli d’uovo piovono dal cielo
e gusci sotto le scarpe crocchiano come noci.
Siamo sterili e fornichiamo come conigli.
Alleviamo carne morta
e la gustiamo come vita.
Mentre le bombe cadono sul Kashmir,
il debito pubblico
vibra le vene nei polsi.
Sterminiamo stelle marine
in nome della Grande Barriera,
ma i fertilizzanti restano sempre la nostra Bibbia migliore.
Scortichiamo la terra
per letteratura tascabile,
deprediamo i mari
immolati sull’altare della prova costume.
Mentre le bombe brillano in Nigeria,
addestriamo lupi
per raccogliere feci in sacchetti biodegradabili.
Asfaltiamo fiumi e disossiamo montagne,
per maledire con più veemenza la cattiva sorte nelle alluvioni.
Vomitiamo bambini e adottiamo animali.
Ci struggiamo alla fine di viaggi ALL INCLUSIVE.
Barattiamo il nostro tempo per un bonifico mensile,
quel tempo indeterminato da cui depenniamo i minuti
che ci separano al suo termine.
Mentre le bombe planano in Afghanistan,
costruiamo case che non finiremo di pagare.
Facciamo i duri
cavandoci le nostre piccole vendette come tumori necessari.
Non stiamo mai zitti perché ci han detto di non sembrare stupidi.
Abbiamo molti interessi
quasi mai interessati a noi.
Estimatori di buchi neri
esistiamo per ingordigia.
Mentre le bombe dominano su Duma e Mariupol e Aleppo
Sfavillano in Congo
Regnano in Cecenia
Soltanto 33 come gli anni di un Cristo in croce: potremmo fare di più.
Il mondo s’azzoppa
e moribondo annaspa,
rotolando nella materia oscura
attorno a un sole che divora se stesso
in un cosmo che spinge dritto verso l’ecatombe.
Basterebbe solo imparare di nuovo a piangere.
*
Nelle lunghe ore in cui ho scelto di restare.
Nei pomeriggi scossi da attese folli
in cui ogni pensiero ne rincorreva un altro
ed eravamo tutti così giovani e forti
e alla fine c’era sempre tempo per tutto.
Nell’affaccendarsi di ogni misera vittoria,
quando sono rimasti in pochi a congratularsi
perché negli inutili successi hai sempre perduto un amico.
Al calare della sera
che è come dire alla fine della vita,
ho spesso udito la tristezza
che cavalca dentro le ossa.
Per gentile concessione dell’autrice
Alessandra Piccolo Nasce il 3 marzo 1984 a Milano, giorno di Carnevale e anno bisestile. Sin da bambina mostra una spiccata propensione per le arti, inventando e scrivendo storie o creando improbabili fumetti dove la grafica lascia molto a desiderare. Ha da subito un cattivo rapporto con tutte le figure autoritarie, con le regole e la disciplina, con l’orientamento, la matematica, gli spigoli, il sole e le api.
Nel 2017 pubblica il romanzo Lacrimante, edito da Il Gattaccio. Dal 2012 al 2015 fa parte di Carrascosa Project, collettivo di scrittori, e con il racconto lungo “EsseriUmani” ha partecipato al libro collettivo “Latinamerica”, del 2013. Nel 2015 l’avventura continua con Ilbestiario.org. Collabora anche con molte riviste letterarie indipendenti. Finalista lombarda del premio letterario nazionale “La Giara” nel 2013, con il romanzo inedito “Lacrimante cielo”. Frequenta la scuola di recitazione TeatriPossibili, è soggetta a forti sbalzi d’umore. Ha un cane, lavora per vivere, da grande suonerà la batteria.
Ha scritto, scrive, scriverà sempre.
Immagine di copertina: Foto di Teri Allen Piccolo.