III.
Si dilata la geografia del cuore.
Scopro luoghi interminabili;
vaste lande desolate, spasmodiche città.
Li scruto dalle persiane semichiuse
mentre tu
mi sfiori le spalle nude e lenta
scendi la mano fino a cingermi i fianchi.
Ascolto il tuo seno addormentarsi su me.
Caldo. Arreso.
Perché andare?
Sei un mondo nel mondo.
Nei tuoi occhi petali di rosa diamante.
Tra le tue parole poesie d’amore scomparse.
Il tuo sesso: piuma tripudio d’estasi.
Non ho interesse ad uscire vivo
da questa stanza.
Tu:
ossigeno,
sabbia,
clessidra
dove riempire
il futuro.
Vena e sangue.
Ferita e cicatrice.
Geografia del cuore: Tu.
.XII.
Mi hai chiesto di fermare ogni cosa,
immobilizzare i riflessi alle vetrate,
frenare il tamburellio delle fabbriche.
Vuoi comprendere la grandezza del-
l’universo attraverso i miei occhi.
(Dico:
dal primo giorno ch’i’ vidi il suo viso
in questa vita, infino a questa vista,
non m’è il seguir al mio cantar preciso.)*
Ho girato la chiave. Tutto adesso è pietra.
(Così mi circonfulse luce viva,
e lasciommi fasciato di tal velo
del suo fulgor, che nulla m’appariva)*
T’avvicini – lo vedi? Mi fissi – lo vedi?
Una tua lacrima esplode su questa terra
marmorea e la ruota riprende ad andare.
(L’altro disio che mo t’infiamma e urge
d’aver notizia di ciò che tu vei,
tanto mi piace quanto più turge)*
È solo per lei.
Hai visto l’universo nei miei occhi.
Hai visto la nostra casa,
il nostro giardino.
Un paradiso che avvolge la terra
e inonda.
*dal Canto XXX° del Paradiso (Divina Commedia) di Dante
I
Sarà l’infrangere del moto continuo. Niente più
alba e la sua divinazione. La luna ha solo
destreggiato il sogno di riscatto promesso.
Ho lasciato un po’ della mia ombra nei tuoi capelli nudi.
II
Sarei dovuto nascere mare; sentire
il tuo richiamo. Andare,
ricoprendo il mondo – andandoti
incontro. Senza via di fuga.
III
Nel tradimento del corpo rovinato,
unguento il tuo vivere.
Dappertutto vita che strattona.
Cosa sei per me e gl’alberi per noi?
IV
È stata la pioggia. Ieri il freddo, oggi
pozzanghere nelle quali
assenza.
Bastardo sguardo pesca ricordi.
Io l’esca. Io il pesce. Io mi mangio.
V
Nel tuo inverno, presso di esso,
la deriva del ghiaccio;
tutto ciò che posseggo.
Soffermati:
in nessuna bufera si esibisce l’eternità.
Strozzami il corpo.
Stringimi.
Carezze da rondine.
VI
Sono cicatrici i passi tra gli oggetti
che non dimenticano.
I tuoi piedi calpestano.
Voglio comunque provarci.
Per sotterrare. Dirtelo ancora –
rosso minerale generalizzato.
Apprendere il volo –
le rose: piccoli canti monocolore.
Sconvolto. Dirtelo ancora. Grido.
VII
Non ho retorica: ho grandi capacità tecniche.
(Costruisco un campo sulla tua pelle.
Costruisco un’orchestra nell’intreccio
delle nostre lingue. Sospiro.)
Scoprirti ossigeno ogni volta che arranco.
VIII
Forse perdiamo troppo tempo nei nostri perché.
Annaffiamo i contorni di rovi e deserto.
Siamo fermi.
Nel nostro recinto.
Soli.
E ti cerco.
IX
Se la notte mi sazia di sogni,
il giorno pulisce ogni speranza.
Cosa pervade oltre?
Sale apnea dal cuore, sinapsi cieche.
Intraprendo errori nel timore del comando.
Come un’idiota rigo il tempo.
Avanza, avanza, avanza.
Ci sarà, da qualche parte, un linguaggio
che spazzerà l’ingegneria dell’abbandono?
Cercando di sconfiggerlo,
cercando d’acchiappare il vento,
stai lì a miscelare i colori
del mondo.
Vengo lì a colorare un po’ anch’io.
Riusciremo, senza rimpianti?
X
Dovrei svegliarmi, perso nella tua nebbia,
così sempre, barricato nel tuo aprirti sole,
ad un medesimo punto a punto, ogni momento,
modellare l’aurora, leggendo l’ultimo libro
di Séamus Heaney, trovando ancora altro
spazio per contare stelle e matite e
grandezze, the skin peel drawing down
like silk
at a practised touch,
la natura dei tuoi occhi che sbocciano.
XI
Al di là di ogni comparsa,
c’è un distacco che non posso coprire;
c’è un distacco che non puoi coprire.
Ma c’è un treno che percorre le arterie:
sali tu ad ogni ripida fermata.
XII
Guardarti persa, lacrime dentro, un
fiume che s’arrampica.
Nascere vita, fuggire dalla ferita.
Guardami:
ricompormi e aspettare l’incendio.
XIII
Così placido Plutone.
Così ancestrale il suono.
Ora silenzio nelle nostre membra cellulari.
Arriva un vento triste
a scoprire il buio nascente.
Solo Cristo può permettersi di rinascere.
Benny Nonasky (1987) è calabrese, ma da alcuni anni risiede a Torino. È finalista e vincitore di diversi premi (come il primo premio nel “Premio Internazionale di Poesia, Poseidonia-Paestum”). Presente in diverse antologie in Italia (Fili di Parole, G. Perrone Editore; Chorus, Ibiskos Edizioni) e all’estero (finalista al 50esimo Festival d’Atene). Attore e scrittore di teatro (AIRBALAC, Sindrome di Crono, ecc.). Presente con performance di letture poetiche in diverse manifestazioni in Italia come il Festival Internazionale di Poesia a Genova o Poesia a Strappo a Crema, Bolzano, Verona o Paratissima a Torino. È stato cofondatore della rivista online “Trasumanar” e gestisce un blog dedicato alla poesia, con video- letture e recensioni (venerdidipoesia.blogspot.com). Ha pubblicato: 2016: l’ebook gratuito “CACO PETALI DI ROSA” (http://www.bennynonasky.it/caco-petali-di-rosa-13-poesie-inedite-ebook-gratuito/)2013: l’antologia poetica “The tears of things”, a Berkeley (California), tradotta da Jack Hirschman 2012: la silloge poetica “Imàgenes Trasmundo” per Albeggi Editore 2010: un quaderno poetico intitolato “Vestito a nozze, carne e trenta lamette”, GDS Edizioni 2009: la silloge poetica “Nelle trasparenze caotiche di nuvola perpetua”, Ed. Montag. Sul suo sito internet, oltre a un blog di articoli, racconti, recensioni e poesie, troverete tutti i libri scaricabili gratuitamente. Questo è l’indirizzo web: www.bennynonasky.it
Foto in evidenza: quadro “A woman” di Barbara Gabriella Renzi
Foto dell’autore ma cura di Benny Nonasky.