SEVEN… OR SHOTGUN!, di Reginaldo Cerolini

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SEVEN… OR SHOTGUN!

 

Did I see a shot (or shots)!?

 

Perhaps a bell hitting the sky like slaps

Or a starving siren of cities

 

Did I see a shot (or shots)!?

 

Words such as downfall

or the same cop’s bloodspill drop by drop

 

Did I see a shot (or shots)!?

 

No more dreams, songs, hopes and smiling kids

in a Country daily out of love

 

Did I see a shot (or shots)!?

 

Slow gesture ending thoughts

is a coma –oh! or a human’s last stop

 

Did I see a shot (or shots)!?

 

The News and its foul cruising

for stupid politicians’ quotes

 

Did I see a shot (or shots)!?

 

You must listen to the desperate screams of loneliness

-on the streets- or the disillusion of broken knees

 

Did you –at least- feel something!? (of course!)

 

Even if dying is just a Black/Negro

and not a white chest

 

‘cause I see, I hear shots (we must!)

and now I feel rage whenever you kill

whenever you kill yet another black man.

R.C.  27 Agosto 2020

 

SETTE O Il FUCILE

 

Ho visto lo sparo (gli spari)!?

 

Forse una campana che urtava il cielo come schiaffi

O l’affamata sirena delle città

 

Ho visto lo sparo (gli spari)!?

 

Parole come tracollo

O il poliziotto e lo stesso gocciolante

spargimento di sangue

 

Ho visto lo sparo (gli spari)!?

 

Niente più sogni, canzoni e sorrisi di bambini

In un Paese che giorno dopo giorno si disamora

 

Ho visto lo sparo (gli spari)!?

 

Gesto lento che pone fine al pensiero

È il coma – o l’ultima fermata dell’umano

 

 

Ho visto lo sparo (gli spari)!?

 

I telegiornali e le scellerate imboscate

Tese al commento di politici sciocchi

 

Ho visto lo sparo (gli spari)!?

 

Dovete ascoltare le urla disperate di solitudine

-nelle strade- o il disincanto di ginocchi spezzati

 

Ma – almeno- hai sentito qualcosa (certo!)

 

Anche se a morire non è che il torace

Di un nero/Negro e non di un bianco

 

Perché vedo, sento spari (dobbiamo tutti!)

E ora sento rabbia ogni volta che uccidete

Ogni volta che uccidete ancora un nero.

 

Nota della redattrice: Abbiamo ricevuto questa poesia da Reginaldo Cerolini, scritta sulla scia delle poche notizie che era riuscito a racimolare all’interno della comunità terapeutica in cui si trova attualmente. L’ha scritta in inglese, i versi sono nati in quella lingua sia per rispecchiare quella che si parla nei luoghi della vicenda di Jacob Blake sia perchè Reginaldo ha trascorso un periodo della sua vita a stretto contatto con comunità afroamericane durante un lungo soggiorno alcuni anni fa a New York.  La traduzione italiana è di Pina Piccolo.]

 

Immagine di copertina: Foto di murales ispirati al movimento Black Lives Matter realizzati nello stato del Milwaukee.

 

 

Riguardo il macchinista

Reginaldo Cerolini

Nato in Brasile 1981, Reginaldo Cerolini si trasferisce in Italia (con famiglia italiana) divenendo ‘italico’. Laureato in Antropologia (tesi sull’antropologia razzista italiana), Specializzazione in Antropologia delle Religioni (Cristianesimo e Spiritismo,Vipassena). Ha collaborato per le riviste Luce e Ombra, Religoni e Società, Il Foglio (AiBi), Sagarana, El Ghibli . Fondatore dell’Associazione culturale Bolognese Beija Flor, e Regista dei documentari Una voce da Bologna (2010) e Gregorio delle Moline. Master in Sceneggiatura alla New York Film Academy e produttore teatrale presso il National Black Theatre. Fondatore della CineQuartiere Società di Produzione Cinematografica e Teatrale di cui è (udite, udite) direttore artistico. Ha fatto il traduttore, il lettore per case editrice, il cameriere, scritto un libro comico con pseudonimo, l’aiuto cuoco, conferenziere, il commesso e viaggiato in Africa, Asia, Americhe ed Europa.

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