MIA MADRE
Di mia madre
è rimasto il suo sorriso,
il canto del mattino,
l’arma bianca della parola
contro l’ingiustizia,
il racconto di maggio:
di un vestito fatto di seta
di paracadute,
il viaggio di nozze
su un carretto,
il tempo lento e lieve
in riva al mare
appeso a un filo
in una cruna d’ago.
Mio padre in mare
mesi giorni ed anni.
Lei madre e padre
all’ombra di un braciere
a tessere i legami
e le memorie.
A cucire col canto
il mio futuro.
IN QUALE LINGUA
In quale lingua
mi accoglierà il tuo sguardo,
scandirai le mie ore
con racconti di fate e di misteri,
al gioco mi aprirai
e alla conoscenza?
In quale lingua
imparerò per te
il canto dell’amore
le parole leggere
spese lungo il cammino
e intorno al fuoco?
In quale lingua
varcherò i confini
del mare e del ricordo,
legherò l’odio
per lasciarlo al vento,
custodirò sapore e senso
di questa libertà,
vedrò i miei figli
crescere e partire,
sentirò che il mio tempo
è tramontato
e ancora chiederò:
“In quale lingua
dovrò dirvi –Addio?”
VENTO DEL SUD
Sa di deserto questo vento
che frusta la mia nuova casa
un’onda di calore inusitata
in questo gelido inverno
inganno di montagne
erose dal tempo e dagli uomini
lamento di indios derubati.
Sa di sabbia, è ricordo
di mare e d’isola.
Bisbiglia e mi chiama.
Mi chiede di tornare.
NULLA MI È ESTRANEO
Non mi è estraneo
il dolore il pianto
l’urlo
il canto il riso
il bacio
e l’avventura.
Conosco la fortuna
e la disdetta
di essere sola
o forse in compagnia.
Mia è la lentezza
e a volte il movimento
l’alba e il tramonto
il tuo sguardo
ed il mio.
Sono uno
e tanti
dentro questo gioco
di guerra e pace
sole pioggia vento
su questa strada
che facciamo
insieme.
E POI VENNE LO SPARO
E poi venne lo sparo.
In quella casa in cui l’amore
sapeva di odio
-una carezza e uno schiaffo-
di parole inascoltate
di grida e richieste
di perdono,
di minacce.
Dove il “no” non ha posto
e solo conta il desiderio
del maschio.
Dove tu, donna,
sei solo carne
da esibire, possedere,
macellare.
Libera solo
di servire l’altro,
oggetto da trastullo
e da possesso.
E poi venne lo sparo.
LASCIATE CHE LE MONTAGNE RESPIRINO
Lasciate che le montagne respirino
sulle onde del mare
che la schiuma risuoni sulle pietre
di un suono liquido e antico
che le nuvole passino
su volti segnati
da guerre e rancori
che memorie di un tempo mescolato
cancellino odi e divisioni
che il melograno e il mandarino
risplendano
su povertà e dignità
di terre e cimiteri indivisi
di fazzoletti bianchi e ceri gialli
di croci scure
su spalle già affaticate.
Anna Fresu – Nata a la Maddalena, in Sardegna, si è laureata in Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza di Roma. È regista, autrice, attrice di teatro, traduttrice e studiosa di letterature africane. Nel 1975 ha lavorato in Portogallo come mediatrice culturale. Dal 1977 al 1988 ha vissuto in Mozambico dove ha insegnato e diretto la Scuola Nazionale di Teatro e creato e codiretto il “Dipartimento di Cinema per l’infanzia e la gioventù” realizzando diversi film che hanno ottenuto riconoscimenti internazionali. Nel 2013, ha pubblicato il libro di racconti “Sguardi altrove”, Vertigo Edizioni e nel 2018 il libro di poesie “Ponti di corda”, Temperino Rosso Edizioni, Brescia. Sue poesie e racconti sono presenti in diverse antologie. Collabora con riviste on line e blog.
In Argentina ha insegnato Lingua e Cultura Italiana e realizzato diversi spettacoli teatrali. Vive attualmente a Forlì.
Immagine in evidenza: Foto di Anna Fresu.