Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Roberto Roversi. Un poeta che ci ha lasciato il 14 settembre 2012. Poco di lui s’è parlato in questi anni. Certamente meno di quanto meriti la sua opera, la sua consistente testimonianza sempre attenta e sensibile. caratterizzata da un’ interpretazione critica degli eventi storici e culturali sempre attento e sensibile. Una presenza preziosa la sua che, per molti versi, ci sembra esemplare. Partigiano appena ventenne ha partecipato attivamente alla Resistenza in Piemonte. Poi dal 1948 al 2006 ha lavorato quotidianamente come libraio antiquario nella Libreria Palmaverde di Bologna con la moglie Elena: luogo di incontri, riflessioni e accesi dibattiti. Assieme a Pier Paolo Pasolini e Francesco Leonetti ha diretto, coordinato e pubblicato nel 1955 l’importante rivista autogestita dal titolo “Officina”. Successivamente nel 1961 ha fondato e diretto per anni con eguale impegno e passione “Rendiconti”. Verso la metà degli anni sessanta ha polemicamente sospeso ogni rapporto con le grandi case editrici e di distribuzione, pubblicando unicamente tramite modesti ciclostilati distribuiti gratuitamente; oppure collaborando con piccole riviste autogestite. Anche per questo abbiamo deciso di dedicare a lui e ospitare vari interventi con poesie e testi poco conosciuti durante i tre numeri della nostra rivista di quest’anno:. Per tener vivo il nome e la memoria di uno scrittore a nostro avviso emblematico e importante, benché schivo e appartato.
IL DOLORE E’ GRANDE
Boston, settembre 2012. Oggi apprendo dall’amica Pina Piccolo che Roberto Roversi è morto. Il dolore è grande. Non posso reagire che rileggendo la sua poesia Prendere o Lasciare. Mi fu inviata da Roberto come contributo al primo numero di un quaderno di letteratura, teatro e politica Il Taccuino di Cary. Una rivistina autofinanziata, indipendente e stampata a Londra a meta’ degli anni ’80. Era il prodotto di una micro-redazione che immeritatamente dirigevo. Quella rivista stampata in 300 copie svolgeva un’umile funzione di coordinamento per scambi di idee, diffusione di materiali cartacei realizzati grazie a un po’ di fondi messi assieme con sottoscrizioni e abbonamenti sulla fiducia. Quei denari li avevamo impiegati per acquistare un computer Epson, di seconda mano e per affittare un piccolo magazzino in disuso collocato presso i docks di Commercial Road. Era stata la tipografia del Sindacato degli operai della Ford; poi messo a disposizione dei minatori scesi dalle miniere del nord per l’ultima grande serrata . L’unico scopo di quelle pagine stampate nottetempo era quello di resistere, di continuare ad ardere sotto la cenere di quello che veniva chiamato ‘riflusso’ della sinistra europea e al tacherismo dilagante. Volevamo perlomeno traslocare e diffondere messaggi urgenti e un lavoro culturale militante, in inglese e in italiano; collegare corrispondenti disposti a dare il loro tempo gratuitamente, scrittori e poeti isolati, gruppi di lavoro sparsi al di qua e al di là dell’Oceano; per far conoscere testi, idee, esperienze e cronache della realtà per lettori attenti. Una rivista la cui vita è durata dodici mesi (non pochi, se si pensa alle condizioni e al periodo) ma con il conforto, l’esempio nobile ed emblematico di poeti, scrittori e intellettuali quali: Roberto Roversi, Eugenio Barba, Dario Fo, Franco Fortini, James Fenton, Stuart Hood, Ken Loach, Toni Morrison, Saadi Yousef, June Jordan, Ahmed Sadeq Saad, Jorghe Goldenberg, Fawzi Al Delmi, Alfonso Gatto e altri ancora. Oggi, con la morte di Roberto Roversi il nostro paese perde non solo il poeta stimato da tutti, che ha scritto l’indimenticabile Dopo Campoformio; l’intellettuale che nell’immediato dopo Guerra ha contribuito significativamente all’esperienza e alla nascita della rivista Officina e Rendiconti ma anche l’ uomo umile e tenerissimo che dalla Libreria Palma Verde ha continuato per anni a dialogare con Antonioni, con Tonino Guerra, con Franco Fortini e Pier Paolo Pasolini; cosi come con tanti giovani ragazzi e ragazze per lui altrettanto importanti. Ha insegnato a tutti noi, a un’intera generazione di intellettuali e scrittori come comportarsi per contrapporsi all’ipocrisia, al servilismo e all’opportunismo; fosse esso editoriale, ideologico o religioso. Ci ha ricordato e ancora ricorda come non basta ‘il belato che strazia la lama dei coltelli in mano ai giovani carnefici’. Non basta. ‘È oggi che dobbiamo contrastare’ con la voce e la nostra persistente presenza: grazie Roberto, grazie per i tuoi versi, grazie per essere stato da Bologna poeta civile umile e coraggioso, cittadino del mondo che si fa storia di tutti noi. (W.V.)
“Prendere o lasciare”
di
Roberto Roversi
- Corre l’indice sull’ultima mappa rimasta.
L’indice (il dito della sapienza, dell’orgoglio)
striscia
alla ricerca del suo oggi e del suo domani fugge dal suo
passato
alle volte è incerto
cerca il suo
sonno il suo trionfo il suo percorso e
poi fu notte
si alzò un vento agro
le città intorno ai monti spensero i lumi
si accese un’alba verde gialla
promise sorprese.
Il dito sulla mappa continua a cercare cercare cercare
indica fiumi foreste frontiere.
- Oggi si promette speranza nello spaccio di birra vicino al porto
la speranza sarà mantenuta
poiché il mio indice (dito del viaggio, della saggezza)
finalmente si è fermato
sopra un luogo
-lì suona non una parola spagnola o italiana ma una parola inglese
che ancora non conosco.
Negli altri paesi del mondo è domenica.
Lasciato libero di decidere l’indice
(il dito più scontroso, freddo, il
dito imprevedibile) è fermo sulla mappa che indica le montagne
QUESTO È IL CUORE DEI DISTRETTI MINERARI
GROSSETO O BARNSLEY?
Siamo come la ciurma di una nave diceva calmo Davide Lazzaretti
cento anni fa
il contadino il minatore l’operaio il povero mentre
le frecce degli indiani lo trapassavano fra gli alberi
sui monti della Toscana – la terra sembrava un velo nel
mare.
PECCATO SE DEVO MORIRE dice oggi Davide Lazzaretti respirando a
fatica IO AMO LA MIA BARCA
COME FACCIO A SBARCARE
SAREBBE UN NAUFRAGIO poi ho conosciuto in miniera vestita da uomo
Sara Ogan
o Molly Jackson
o Florence Reese
il mio indice verga sulle pareti di carbone la parola ATTESA
la parola DOMANI la parola PAZIENZA la parola MAI
e se c’è bisogno di soldi nessuno si nasconde
le caverne sull’Amiata assomigliano alle finestre dell’Olimpo
spalancate per le pulizie d’agosto.
Questa è la zona del marasma totale.
- Cresce una generazione che sa leggere bene perfino la
poesia ma cento anni fa
un giornale era una giornale non una cosa da poco. Sul giornale
c’è tutto anche oggi che indica
negli ultimi mesi del 1984 a Torino a Milano molti operai
suicidi (per disoccupazione).
Alle 5 della sera
la gente non esce più
le strade vuote se non c’è il sole
i vecchi aspettano con gli occhi aperti
ascoltano
qualche volta aprono la televisione.
OH QUANDO SI SCIOGLIE LA NEVE
OH QUANDO LE NUBI CHE CAMMINANO RITORNANO ROSSE
OH QUANDO POSSO FARE IL BAGNO ALL’APERTO
FRA I RANOCCHI mentre sulle montagne
astri strani sibilando astri
esplodendo errando sulle montagne andando
anch’io vedo quel cielo scuro.
È AFFASCINANTE IPOTIZZARE IL FUTURO
SPECIALMENTE QUANDO SEMBRA PURA FANTASIA
Sheffield Barnsley Cortondown Pontefract sono oro colato
mentre i pesci nuotano nell’inchiostro
NON SI PUÒ ESSERE NEUTRALI
- HAI PASSATO LA VITA A INCOMINCIARE
il mio pozzo è la mia vita
DODICI BAMBINI SONO VOLATI DA WAKEFIELD
SUL MONTE AMIATA IN TOSCANA
lì Davide Lorenzetti raccoglie le ombre della sera sulla mano
e le porta nei boschi.
QUESTO È IL CUORE DEI DISTRETTI
MINERARI
si assomigliano tutti
dice il mio dito fermo sulla mappa
qua e là ci sono cieli senza nuvole
o sono punti e sembrano zero.
L’ULTIMATUM È PRENDERE O LASCIARE.
Un libro aperto sopra un muro incide le ore del giorno
fotografa il volo degli uccelli.
Le patate cuociono sotto la cenere.
Il carbone è gomma da masticare.
Andrò a teatro quando tutto sarà finito.
- Il mio dito si ferma.
LA GRANDE MISERIA CREA DI NUOVO LE GRANDI NECESSITÀ.
Non è possible rendere credibili le cose
possibili?
La risata di un bambino
tac tac tac cade si spezza per terra.
RICOMINCIAMO DA ZERO dato che
sono uno che vede l’oro anche dove c’è il buio.
ADDIO, ESTATE SENZA AUTUNNO.
NOTA DELL’AUTORE: Davide (Lazzaretti), nato nel novembre 1834, fu ucciso il 18 agosto 1878 sul monte Labbro in Toscana dalla polizia, mentre coi suoi discepoli (erano operai, pastori, contadini, minatori della montagna Toscana) compiva una processione in maschera piena di canti, di suoni, di preghiere. La processione era stata proibita dal Governo.
Onesto, tenero, umanissimo; eppure intransigente e duro sino al sacrificio; coraggioso fino alla morte; Davide Lazzaretti prometteva a tutti un mondo di verità, di bene e di giustizia.
Sempre ignorato (anche adesso) dalla cultura ufficiale, egli continua a darci una testimonianza vigorosa del valore morale che hanno le scelte di vita legate ai sentimenti e alle speranze vere dell’uomo. Perseguitato e braccato, Davide Lazzaretti non si è mai lasciato piegare o rassegnare.
Per questo mi sembra un naturale compagno e amico – da tempi lontani – dei minatori inglesi di oggi. O degli operai napoletani.
(dalla rivista autofinanziata)
Il Taccuino di Cary, n. 1 – Londra, aprile 1985