L’assedio
Le mie lacrime sono blu
tanto ho guardato il cielo e pianto,
le mie lacrime sono gialle
tanto ho sognato spighe d’oro
e pianto.
Che i leader vadano alle guerre,
gli amanti alle foreste
e gli scienziati ai laboratori.
Quanto a me
cercherò un rosario e una sedia antica
per tornar quel che ero:
un ciambellano sulle porte della tristezza
poiché tutti i libri, costituzioni e religioni
affermano che non morirò
che affamato o prigioniero.
Traduzione dall’arabo di Sana Darghmouni
DOPO LUNGA RIFLESSIONE
Staccate pure l’asfalto
Tanto non ho più destinazioni
Ho vagato per tutte le strade d’Europa
dal mio letto.
Ho fatto l’amore con le più belle donne della storia
mentre me ne sto seduto a contemplare
in un café dell’angolo
Dite alla mia piccola nazione, feroce come una tigre
che alzo un dito come uno studente
che chiede il permesso di uscire o morire.
Ma ora ho bisogno di quelle poche vecchie canzoni
che avevo custodito sin dall’infanzia.
Non prenderò commiato
né salirò su alcun treno fin quando il mio paese
non me le avrà restituite, parola per parola, verso per verso.
Se non vuole più vedermi,
se si rifiuta di litigare davanti ai passanti
fate che mi parli da dietro un muro
o che abbandoni le canzoni in un fagotto annodato sulla soglia.
Anche se me le lascia dietro a un albero,
mi affretterò ad agguantarle come un cane
fin tanto che la parola “libertà” nella mia lingua
prende la forma di una sedia elettrica.
Dite a questa bara che si allunga fino all’Oceano Atlantico
che non possiedo nemmeno il prezzo di un fazzoletto
per piangerla.
Dalle piazze di pietra della Mecca
alle sale da ballo di Granada
ci sono ferite con impigliati dentro peli del petto
e medaglie sulle quali rimane solo la spilla
Ora i deserti sono privi di corvi
e i giardini spogli di fiori.
Le prigioni sono vuote di sospiri di sollievo
e i vicoli vuoti di persone.
Non c’è altro che polvere
che s’alza e ricade come il petto di un lottatore ansimante
Traduzione di Pina Piccolo, dalla traduzione inglese dall’arabo di May Jayyusi e Naomi Shihab Nye
Muhammad al-Maghut è nato nel 1934 ad al-Salamiyaa, in Siria. Autore di numerosi raccolte di poesia, opere teatrali e articoli satirici, con la sua vivida visione poetica ha ispirato molti poeti negli anni 60 e 70. Con il poeta Unsi al-Haj ha ulteriormente modernizzato la poetica araba proponendo nuove espressioni metriche, nuovi ritmi e forme compreso il verso libero.. È morto a Damasco nel 2006.
Foto in evidenza di Teri Allen-Piccolo.