Recensione al libro Sul filo della speranza di Abdellatif Laâbi (a cura di Sana Darghmouni)

libro del mese (3) (1)

Dichiaro che non esiste altro Essere umano

All’infuori di Colui che combatte senza tregua l’Odio

In lui e intorno a lui

Colui che fin dal momento in cui apre gli occhi al mattino

Si pone la domanda:

cosa farò oggi per non perdere

la mia qualità e la mia fierezza

di essere uomo?

(Dichiaro)

 

Sul filo della speranza è una raccolta poetica, dal titolo francese L’Espoir à l’arraché, tradotta da Carolina Paolicchi e pubblicata da Astarte edizioni nel 2020. In quest’opera, divisa in cinque sezioni armoniose, emerge la maturità del poeta con una scrittura in continuo rinnovamento e apertura alle questioni umane e universali. Si denotano in tutte le sezioni della raccolta la partecipazione attiva ai fenomeni contemporanei della società e lo sguardo dell’intellettuale militante che abbraccia l’esperienza dell’attualità. Lo sguardo è quello di un osservatore, non passivo, che freme dinanzi alle ingiustizie e che non smette di denunciare assumendo toni placati, calmi e quasi a bassa voce. Lo sguardo è teso verso la contemporaneità e verso l’epoca in cui viviamo. La tragedia siriana, ad esempio, è presente in tantissime poesie, come ad esempio “Aleppo”:

 

non una parola su Aleppo

non puoi

non sei che uno spettatore

impotente

morto di vergogna

intrappolato in questo sordido lupanare

che è diventata la lingua

Testimoniare

Denunciare

Continuerai a riempirtici la bocca?

Ti dico

non una parola su Aleppo

Non puoi

 

o ancora, “Aylan di Siria”:

 

non ho scritto niente

quando bisognava

su Aylan

Confesso che fino ad oggi

Questa mancanza

Mi ha perseguitato

Come se io fossi Caino

 

Nell’opera non manca la contestazione del fanatismo e delle ideologie religiose manipolate. Così come non manca la condanna dell’oppressione intellettuale e della libertà di pensiero.

Nei versi sopra citati (“Dichiaro”) si legge sin da subito l’esigenza che il poeta ha di definirsi nell’umano e di appartenere semplicemente e con fierezza all’Uomo. Abdellatif Laâbi dichiara e attesta di identificarsi con l’uomo e le sue tragedie, e questo è un tema molto sentito in tutta la sua opera impegnata.

La dimensione universale si intreccia armoniosamente con un secondo piano in cui emerge anche l’esperienza individuale del poeta il cui io è molto presente. Infatti in alcuni testi il poeta evoca la propria storia e l’esperienza della prigionia. Laâbi viene arrestato nel 1972 accusato di sovversione e di aver complottato contro il regime e nel 1973 viene condannato a 10 anni di prigione, poi viene liberato dopo 8 anni e mezzo grazie ad una campagna internazionale a suo favore. Ma questa spietata esperienza non gli fa perdere lo slancio verso l’umanità e il continuo interrogarsi sulle questioni esistenziali. La prigione è una lezione di trasparenza e di consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti. Il carceriere non riuscirà mai ad umiliarlo né a spegnere la sua capacità di rivolta e di libertà come si legge in “Mi ricordo”, parlando proprio del torturatore:

e malgrado la follia del dolore

in cui mi aveva sprofondato

continuavo a leggere

nei suoi occhi spalancati

lo stesso stupore

 

ciò detto

mai

in nessun momento

mi ha umiliato

 

anche il ruolo della poesia è centrale nella raccolta. La poesia è testimonianza, è portavoce dei fenomeni che ci circondano. La poesia dà parole alle cose che non hanno voce, evoca i dettagli del quotidiano e delle piccole faccende. La poesia è totalità, solo lei conta come recitano i versi di “A lei appartengo”:

E ora

Solo la poesia conta

A lei appartengo

E a lei

ritorno

 

Sul filo della speranza è anche un inno alla poesia.

 

Carolina Paolicchi è nata a Pisa nel 1993. Ha conseguito con lode la laurea magistrale in Linguistica e Traduzione, con un doppio diploma con l’università di Aix-Marseille, con una tesi dal titolo: “Abdellatif Laâbi, L’Espoir à l’arraché. Traduction et commentaire entre poétique et éthique”. Nel 2019 ha fondato Astarte Edizioni assieme ad Anita Paolicchi e a Francesca Mannocci. Mentre continua il suo lavoro di editrice e traduttrice, prosegue la sua formazione focalizzandosi sull’area MENA e sul tema delle migrazioni.

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Abdellatif Laâbi  è un poeta marocchino, nato a Fez nel 1942. Nel 1966, nel suo paese, dove era insegnante di francese, ha fondato con altri poeti  l’importante rivista letteraria  Souffles,  considerata punto d’incontro  per poeti che sentivano l’emergere  della necessità di  una presa di posizione poetica  e del suo rinnovamento. La rivista ben presto servì a cristallizzare  tutte le  energie creative marocchine  comprese quelle di pittori, registi, operatori teatrali, ricercatori e intellettuali. La rivista venne messa al bando nel 1972 , ma per tutto il periodo della sua breve esistenza  aprì la vita artistica del paese alle esperienze culturali di altri paesi  sia del Maghreb che del Terzo Mondo. A causa delle sue convinzioni politiche e dei suoi scritti, Abdellatif Laâbi fu incarcerato, torturato e condannato a dieci anni di prigione  per “reati di opinione” che scontò tra il 1972 e il 1980.  Nel 1985 fu costretto all’esilio in Francia.

Riguardo il macchinista

Sana Darghmouni

Sana Darghmouni, Dottore di ricerca in Letterature Comparate presso l'Università di Bologna, dove ha conseguito anche una laurea in lingue e letterature straniere. E' stata docente di lingua araba presso l'Università per Stranieri di Perugia ed è attualmente tutor didattico presso la scuola di Lingue e letterature, Traduzione e Interpretazione all'Università di Bologna.

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