“Qui insegna la forma naturale del lago, a fare raccolta del tempo”, da “Salita al lago Padre” di Guido Cavalli

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Salita al lago Padre

 

« È questo, una torbiera, il lago Padre,
un campo di canne, stretto tra ripide
pareti, sempre imbevuto di acque
che dalle cime alte intorno scendono
nella roccia, al disgelo delle nevi.

Già si raccolgono e dei sedimenti
fossili e minerali si arricchisce
le nuova vena che poco più sotto
dalla sorgente nascerà in rivo.
Si sente anche da qui, ma non si vede
l’intonazione pura che trabocca.
Qui ancora è tutto fermo, è un pensiero
ancora prematuro nella mente
gigante e gelida del monte Orsaro.
D’estate il prato è asciutto, cresce un’erba
fitta e d’un tono scuro, ma se premi
anche poco col piede, vedi, il suolo
è cedevole e l’impronta è bagnata ».

Sottoterra è raccolta e conservata
ancora tutta la pioggia che cadde
dai nembi bassi quand’era dicembre.

« Così non si prosciuga la sorgente
e chiusa dietro la fronte del monte
anche durante il sonno estivo, quando
tanto forte è il dominio della morte
che ogni cosa diviene apparenza,
disseta chi è salito fino in cima.
Non rimane in sé la conoscenza
della vita trascorsa, dell’attesa
che incontro a nuove stagioni ci porta,
della domanda che risuona chiara
quando nessuna voce si ode intorno.
A prepararsi per l’ora ventura
qui insegna la forma naturale
del lago, a fare raccolta del tempo ».

 

Sospetti sia scontento delle felci,
delle modeste giunchiglie di prato.
M’inviti a immaginare tutto ciò
ch’è inapparente. Non serve, so
che non è soltanto questo, il lago Padre.

« È l’abitudine, perché in tanti
poi se ne vanno perplessi, delusi.
Dimmelo tu cos’è, ora t’ascolto ».

È il luogo oltre cui non puoi salire.
Puoi tornare a discendere, lasciarlo
dietro le spalle e un passo alla volta
allontanarti e allontanarti ancora.
Ma prima, e più in alto, non puoi andare.
E se devi segnare un punto dove
il sentiero su cui cammini ha inizio,
o andare più vicino ch’è possibile
a ciò che rimane sempre lontano,
dove le nubi chinano i capelli
a sfiorare la terra o le galassie
si affacciano a scrutare i nostri volti,
è proprio qui che tu devi venire.
Ecco, è il luogo dove si raduna
tutto il sapere antico e mai capito:
se non è stato tutto invano, qui
un giorno converremo al silenzio.

« Però c’è anche chi sale più su.
Arrivano fin sotto la parete
di roccia strapiombante, poi si legano
l’un l’altro con le corde e poi si arrampicano
dove non crederesti, con le mani ».

È vero, ma più su è solo altezza.

È un altro spazio, a due dimensioni,
uno spazio soltanto verticale,
fatto di appigli e decisioni nude,
una severa e così sovrumana
teoria, dove nessuno è più se stesso
ma qualcosa di ulteriore e più chiaro.
Invece io ti parlo della fine
di questo mondo, di ciò che accadrà
a queste nostre comuni esistenze.

« Guarda laggiù sulle rocce i licheni:
un alfabeto chimico costante
traduce le sostanze minerali
in un disegno di vita che cresce
raccontando la sua storia, un capitolo,
una stagione alla volta, una pagina
di carta vegetale che si svolge
sottile sulla tavola di pietra
ad intonare ancora l’inno omerico
che Endimione intonava da immortale ».

Ora non più. Non c’è più la catena
delle generazioni che vinceva
la morte. Ora di padre in figlio, tutto
sacrifichiamo, tutto abbandoniamo,
nessun insegnamento può passare
dalla misura tagliente del labbro.
La tenera balbuzie dell’infanzia
come brandelli la lingua dilania
e la parola apprenderemo falsa
o solamente velamento buio.
Laggiù la piega dell’erba nel campo
carezza il nostro sonno di ragazzi
sfiancati dall’attesa di comprendere
la prova che per noi hai preparato
e accetteremo o dissacreremo ribelli.
L’eco di voci, cadenze e eufonie
talvolta intravvediamo, se tacciamo.
L’ultima volta ritorniamo, inquieti
ancora allo sfagno del lago Padre.

Per gentile concessione dell’autore.

La raccolta di poesie “Salita al lago Padre” è stata recensita da Walter Valeri nel numero 13 de la Macchina Sognante, con il titolo “DISSOCCULTARE IL PASSATO recensione di Walter Valeri di “Salita al lago padre” di Guido Cavalli”.

 

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Guido Cavalli è nato nel 1974 a Parma. Coautore dei romanzi e dei racconti di Errico Malò (tra i quali Cielo di paese, Scaramuccia, La veglia, La neve ai cancelli) collabora con la rivista di filosofia Kasparhauser. È del 2005 la sua prima raccolta di versi, Piccolo canzoniere selvatico (Manni), del 2015 Nel Castagneto (Diabasis), e del 2018 l’ultima Salita al lago Padre (Manni).

 

Immagine in evidenza: Foto di Mario Bellizzi.

Riguardo il macchinista

Pina Piccolo

Pina Piccolo è una traduttrice, scrittrice e promotrice culturale che per la sua storia personale di emigrazioni e di lunghi periodi trascorsi in California e in Italia scrive sia in inglese che in italiano. Suoi lavori sono presenti in entrambe le lingue sia in riviste digitali che cartacee e in antologie. La sua raccolta di poesie “I canti dell’Interregno” è stata pubblicata nel 2018 da Lebeg. È direttrice della rivista digitale transnazionale The Dreaming Machine e una delle co-fondatrici e redattrici de La Macchina Sognante, per la quale è la cosiddetta macchinista -madre con funzioni di coordinamento. Potete trovare il suo blog personale digitando http://www.pinapiccolosblog.com

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